“Lavorare stanca”, allora leggi - 20 maggio 2023, 09:30

Griffi Stregato. Ferrovie del Messico, un anno dopo

Nuova uscita per la rubrica "Lavorare stanca. Allora leggi"

Foto Letture

Foto Letture

2 giugno 2022.

Carlo Francesco Conti mi scrive per chiedermi se mi va di presentare un libro insieme a lui, al Fuoriluogo.

Carlo Francesco Conti è un giornalista talmente misterioso ed inquietante che perforza dici di sì; pure se si tratta di un libricino scritto da un signore golfista astigiano da cui ti aspetti il peggio. 

Mi manda il romanzo. Non era un libricino, era un mattonazzo; e non l’aveva scritto un golfista, l’aveva scritto Dio attraverso le mani del golfista.

Mi sono letta le 820 pagine in tre giorni. 

All’alba, di notte, a colazione, sul cesso, camminando, lavandomi i denti e comprando le albicocche non ho staccato gli occhi un attimo da Gian Marco Griffi e dalle sue Ferrovie del Messico

Continuavo a chiedermi che cavolo fosse l’idrolitina.

Quella al Fuori è stata la sua prima presentazione ad Asti. Ad ascoltarci c’erano mio padre, la moglie di Griffi e altre due povere anime che ad una certa se ne sono pure andate perché intanto la biblioteca stava distribuendo panini al gorgonzola per celebrare James Joyce.

E’ passato un anno e, porca miseria finalmente, che sia un capolavoro lo stanno vedendo tutti.

Alla fine la Santa Brigida in copertina con al posto del ventre un teschio messicano penetrato da un treno, prima nuda, è stata ora vestita da una più pudica fascetta gialla fluo: candidato Premio Strega 2023

È una ruscellata: abbondante, tracimante, colossale, stupefacente cascata, un poema muscolare che rende l’universo inutile. 

In ordine di straripanza: Infinite Jest (David Foster Wallace), Solenoide (Cartarescu), Ferrovie del Messico (Gian Marco Griffi). Shock vitaminico, botta di energia.

La trama misera, secondaria e quasi irrilevante: nel 1944 Cesco Magetti, milite astigiano con il mal di denti, riceve l’ordine di disegnare una mappa ferroviaria del Messico.

Fine. 

Ma è un’epica tragicomica che genera storie su storie: il libro potrebbe non finire mai. 

La dilatazione spazio- temporale enorme e perturbante tipo Cent’anni di solitudine; ho il fiatone, deliro, non capisco più niente, ora sono a Veracruz, ora sono a Grana; ora sono in Islanda, ora sono in Piazza Alfieri. 

Che importa. La bellezza di quest’ opera è la struttura: frasi talmente musicali e ben organizzate da volerle rileggere ad alta voce, parodie, digressioni, premonizioni ed elenchi; elenchi folli, dettagliati e infiniti, un accumulo di dettagli grotteschi. Quante cose conosce questo uomo che di lavoro dirige un campo da golf? Da che pozzo attingi, o rapsodo astigiano, per cucire le pezze della storia umana? E poi, che cavolo è l’idrolitina? Un romanzo enciclopedico moderno per essere tale deve contenere un’analisi dello sfacelo, una coscienza del collasso, una testimonianza della frammentazione, una critica radicale del concetto di verità. Capito cosa c’è qua dentro? TUTTO.

“Amo i verbi imbozzacchiare bacchiare e imbacare e mi piacciono i vasi cibrosi e legnosi e il felloderma e l’alburno”

Poi Cesco è un inetto e fa sempre bene leggere di antieroi non performanti, che di questi tempi ci si dimentica del diritto di fare schifo. 

Poi c’è la guerra. Ancora? Sì. 

La letteratura bellica ci fa capire che non è vero che di fronte alla guerra tutto è superfluo: se hai mal di denti questo è prioritario, per quanto superfluo, e se hai da disegnare la mappa ferroviaria del Messico, questo è prioritario, per quanto superfluo. Tutto è superfluo e allora la vita è fatta di momenti superflui in situazioni tragiche. 

“Spesso ho camminato come un uomo che non sapevo di essere, pregando che la pioggia mi sciogliesse in fretta senza che mi rendessi conto. Restare pozzanghera sulla terra brulicante di mosche e zanzare è stata per lungo tempo la mia più grande ambizione”

Incredibili picchi bollenti e poi freddissimi. Risate esplose e poi lacrime.

Lettori e lettrici astigiane bevetevi Ferrovie del Messico perché in un romanzo ambientato tra il Cocchi e Via Massimo D’Azeglio vi sentirete a casa dalla prima pagina. 

Assurdo, metafisico, divertente, commovente, avventuroso, lirico: riuscito.

Grazie a Giulio Mozzi (editor di Laurana Editore) dell’ottimo lavoro di promozione che fa su instagram con i suoi inquietanti selfie. 

Grazie a Griffi, instancabile autore non curante dell’attenzione media del fruitore di facebook, che crea ogni giorno post sconfinati sulla sua creatura. 

Grazie a Lorenzo Germano di esserci sempre. Anche quando Griffi fa i capricci per i cetriolini nell’hamburger. 

Grazie a mia madre che mi ha poi finalmente comprato l’idrolitina

Aurora Faletti

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