La filosofia e le sue voci - 15 luglio 2023, 09:00

Non sono solo punti di vista

Nuovo appuntamento con le riflessioni di Simone Vaccaro, per la rubrica "La filosofia e le sue voci"

Immagine elaborata da Arena Philosophika

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Così i punti fisici non sono indivisibili che in apparenza; i punti matematici sono esatti, ma sono solo modalità; solo i punti metafisici o sostanziali, costituiti dalle forme o dalle anime, sono esatti e reali; e senza di essi non ci sarebbe nulla di reale, perché senza le vere unità non ci sarebbe alcuna molteplicità

Leibniz, Système nouveau

Oggi la questione è decisamente complicata, ma imprescindibile; tra le parole di questa citazione si cela una profondità che non solo è giusto, ma anche doveroso, esplorare e rischiarare, date le numerose e fondamentali implicazioni pratiche e teoriche per il prossimo futuro: che ruolo devono occupare nel pantheon delle discipline e nell'organigramma delle nostre società la filosofia e la scienza (qui Leibniz è ancora più preciso e analitico, individuando fisica, matematica e filosofia)? Se nel passato i saperi erano caratterizzati dalla solidità dell'unità, ora tale obiettivo sembra una pia illusione, nella migliore delle ipotesi, quando non una dichiarata mossa reazionaria che vede nella totalità del sapere un appiglio per un controllo oramai sfuggito di mano. Le nostre scienze sono plurali, espressione diretta di oggetti e strumentazioni di ricerca differenti, spesso neanche troppo affini, complementari e integrative. Ed esattamente come se ci trovassimo al cospetto di un gruppo di individui, anche tra i saperi scientifici - e ancora più spesso tra gli attori protagonisti, gli scienziati - è nata una lotta per l'investitura a scienza regina, a quale tra le tante scienze sia quella più fondamentale. 

All'interno di questa parcellizzazione del sapere, quale compito spetta alla filosofia? La risposta che Leibniz fornisce può farci da guida. La filosofia non è una scienza nel senso moderno del termine (il cosiddetto esperimento mentale non è equiparabile alla controparte scientifica, né è alla ricerca di una misurabilità e quantificazione delle proprie proposizioni), senza per questo richiamare quell'antiscientismo in auge in certi ambienti che rileggono l'esperienza filosofica come una semplice ermeneutica retorica. Non è nemmeno da considerare come la madre delle scienze, la scienza più fondamentale tra le scienze, anzi, una non-scienza perché condizione di possibilità delle scienze stesse. Ma nemmeno è da ritenersi ancella delle scienze, alla stregua di un supporto prêt à porter, utile in caso di impasse e funzionale alla risoluzione di qualche problema (tendenzialmente etico, preferibilmente nella variante bioetica). 

E questo perché l'oggetto di ricerca delle scienze e della filosofia differisce, potremmo dire, ontologicamente. I tentativi di porre la filosofia come scienza delle scienze, come scienza cibernetica che potesse governare la pletora degli universi scientifici, sono falliti perché in fondo infecondi. Il punto su cui Leibniz ci invita a riflettere non è la gerarchizzazione dei saperi, ma la loro piena realizzazione nello specifico dominio. Nessun filosofo, operando filosoficamente, potrebbe confutare una teoria scientifica; esattamente come nessun fisico potrebbe, con il linguaggio della fisica, scalzare una teoria filosofica. Nessuna delle due dovrebbe pretendere maggior autenticità rispetto all'altra.

Possiamo allora, con sforzo catalogante, affermare che: il fisico è il filologo del cosmo e della materia (J.-C. Milner) - interrogando l'esistenza della materia stessa; il matematico è il grammatico, il linguista del cosmo - cogliendone le nervature essenziali; il filosofo è l'indagatore del senso - che compie il passo indietro al cosmo per coglierne le condizioni di possibilità (perché vi è il cosmo e non il caos?).

Simone Vaccaro

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