La filosofia e le sue voci - 29 luglio 2023, 09:00

È quello che è

Nuovo appuntamento con le riflessioni di Simone Vaccaro, per la rubrica "La filosofia e le sue voci"

Immagine elaborata da Arena Philosophika

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L'uomo è un universo in miniatura: il cielo tuona, l'uomo scoreggia

Hiraga Gennai, Hōhiron (Sui peti, trad. it. di A. Boscaro, tratto dalla sua presentazione al libro di Gennai La bella storia di Shidōken)

Concediamoci un piccolo intermezzo che, per quanto di sboccacciata formulazione, non rasenta la trivialità. Hiraga Gennai (1728-1780), individuo alquanto eclettico che accostava agli insegnamenti tradizionali un gusto tutto peculiare per le periferie dell'esistenza, presenta, nella citazione di quest'oggi, una peculiare metafisica dell'essere umano: microcosmo riflettente le ordinate disposizioni dell'universo, l'uomo non è nulla di eccezionale. Come il cosmo si dispiega nelle sue meraviglie, dai colori ai rumori, così l'uomo riproduce - diremmo quasi pedissequamente - quella fantasmagoria di luci e suoni. Il cielo si tinge del manto dell'aurora? Ci saluta con il rosato che ha del miracoloso durante il crepuscolo? Ci delizia con il candore della neve? Ebbene, l'uomo indossa i migliori abiti; riproduce la natura nell'arte sofisticata e incanta con l'armonia della sua voce. Il cielo, scagliando fulmini e saette, rimbomba? L'uomo, non da meno, senza fulmini e saette, scoreggia…

Come fa notare la professoressa Boscaro, il fulcro della tirata di Hiraga Gennai è l'utilizzo quasi parossistico delle parole, quasi come se si stesse affermando che l'esistenza di qualcosa, di qualunque cosa, debba passare necessariamente dal suo essere espressa a parole. Ora, è ovvio che le cose non sarebbero definite senza l'utilizzo delle parole: la comunicazione diverrebbe esclusivamente muta, a gesti. Ma le parole, banalmente ma autenticamente, non sono le cose (e questo è un immenso problema filosofico: quale rapporto insiste tra la parola e la cosa?). Abbiamo mille parole per dire cose la cui natura è più semplice delle parole che usiamo per descriverle. Dare i nomi alle cose è affascinante e coinvolgente: permette la catalogazione, la disposizione, l'utilizzo. Il nome mi fa capire il senso, il significato di ciò che ho nominato. Qual è il potere più grande di Adamo? Quello di dare nome alle cose. L'uomo nasce dando nomi, impartendo così un ordine al caos. È un microcosmo perché in grado di generare a sua volta ordine.

Ma le parole ingannano. Le parole sono l'ombra della cosa. La scoreggia è più onesta. Non è altro che se stessa. Evanescente, impermanente. Semplicemente scoreggia. Avrà anche mille nomi, "ma sta di fatto che a un peto segue sempre un puzzo" (ivi). Le parole, però, permettono il mondo della fiction, e questo è l'unica possibile fonte di verità. Le parole disvelano quello zoccolo duro che è quello che è. In poche parole, attraverso quello che non è (le miriadi di parole, le mille parole che dicono quella cosa sola) raggiungo quello che è quello che è, e nient'altro. Per questo le parole, per quanto ingannatrici, sono più libere che le cose. Con un gioco di ribaltamenti, sarà alla fine la cosa ad essere ombra delle parole. In questo sono portatrici di verità. 

Nella lunga lotta filosofica tra la parola e la cosa Hiraga Gennai dice la sua: resta a noi coglierne gli spunti e prendere posizione.

Simone Vaccaro

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