La filosofia e le sue voci - 19 agosto 2023, 09:00

Dio e noi

Nuovo appuntamento con le riflessioni di Simone Vaccaro, per la rubrica "La filosofia e le sue voci"

Dio e noi

Quando si dice Dio senza praticare veramente la virtù, "Dio" non è che una parola

Plotino, Enneadi

Di primo acchito questa citazione ci può far storcere il naso. Innanzitutto, perché sembra far coincidere Dio - significativamente scritto con la maiuscola - con una qualche imprecisata norma morale: non sarebbe più così il principio universale, ma il principio etico per eccellenza. Primo certo, ma ristretto all'ambito specifico delle virtù, dell'agire dell'uomo.

Secondariamente perché pare essere postulata una realizzazione di Dio - Dio è tale solo se - da parte dell'uomo. Sarebbe l'uomo a realizzare Dio, confinandolo in un dimensione avulsa dall'azione, appannaggio esclusivo dell'essere umano. Ci fa arricciare il naso, dicevo, perché del tutto estranea all'idea che noi comunemente abbiamo di Dio: un essere eterno, massimamente potente, e unico vero agente (il Dio, per essere tale, deve essere un "Dio che fa", come sottolineato correttamente da Agamben). Ci fa nicchiare perché si ha l'impressione di un rovesciamento radicale e di un cambio di prospettiva totale.

La posta in palio, in effetti, è delle più importanti. Ho tratto questa particolare citazione da Che cos'è la filosofia antica? di Pierre Hadot, volume la cui tesi centrale è riassumibile nell'assunzione della natura vitale della filosofia. La filosofia non è la somma di più saperi particolari che trovano riunificazione in un super-sapere complessivo; essa è, piuttosto, il continuo esercitarsi dell'esistente all'esistenza, l'imperterrito sforzarsi con il fine di plasmare la nostra stessa vita per ricondurla, sotto l'ordine razionale, alla perfezione alla quale aspira. Non vale più quindi il motto primum vivere deinde philosophari (prima vivere, poi filosofare), perché il philosophari è esso stesso vivere. In poche parole, non si vive per filosofare, ma si filosofia per vivere, essendo la filosofia la più alta forma di esistenza.

Si capisce meglio, allora, la portata e la densità della citazione dalla quale ho preso le mosse. Se per Dio intendiamo l'essere - per quanto in Plotino Dio o l'Uno siano oltre l'essere stesso, totalmente trascendenti e raggiungibili solamente tramite salti estatici - il nostro vivere praticando la virtù non si esaurisce nella sola esistenza vissuta nella migliore foggia virtuosa: esercitare la virtù significa riconoscere di essere inseriti tra i fili di un tessuto (bellissima immagine di Merleau-Ponty) che si squaderna nel momento stesso in cui viviamo. Vivere virtuosamente implica necessariamente procedere in direzione di un ritorno mistico all'Uno originario da cui non si è mai reciso il cordone ombelicale, ma che richiede altresì il compimento del salto finale e trascendente. In qualche modo noi realizziamo Dio perché sappiamo di essere un puntino infinitesimo del suo emanarsi.

Con il nostro vivere nello sforzo filosofico realizziamo Dio praticamente e attivamente la virtù, dando così seguito alla sua natura. Se non vogliamo che si riduca il tutto a bella parola, suggestiva ma vana, e se non vogliamo che il filosofare sia una mera compulsazione di strambe teorie e visioni del mondo più o meno strampalate, dobbiamo considerare la filosofia come quell'esercizio di vita che ci mette in contatto diretto con Dio, riconoscendo di esserne parte e sua parziale realizzazione.

Simone Vaccaro

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