Eccomi a scrivere il mio ultimo articolo per la Voce di Asti.
Che bello è stato questo viaggio.
Il 5 marzo 2022 ho scritto il mio primo articolo qui ma in realtà la storia è ben più vecchia.
È vecchia di quando io facevo il primo anno di liceo classico e non riuscivo a prendere la sufficienza di latino. Ma che la sufficienza, anche un cinque mi sarebbe bastato e invece solo dei tre.
Ogni giorno, dopo scuola, andavo a pranzo da mia nonna e piangevo. Stremata, esasperata, annichilita.
A nonna le si spezzettava il cuoricino ma è una tipa molto pratica e quindi una volta mentre mi metteva sotto alle lacrime un piatto di crespelle mi ha detto: “Sai Auri, c’è la nipotina di una mia cliente che fa la tua scuola; lei è brava chiedile di aiutarti”. La sua cliente era Mery e la sua nipotina era Elisabetta Testa.
Le due nonne col tempo sono diventate amiche.
Le due nipotine col tempo sono diventate colleghe.
Mentre le nonne andavano a fare la spesa insieme intanto le due nipotine ripetevano che dopo a/ab ci va l’ablativo.
Poi si cresce, si cambia.
Tipo che prima Eli mi dava ripetizioni di latino e poi ha iniziato a darmele anche di greco perché ero una capra pure col greco, ragazzi.
Intanto lei studiava filosofia, pendolava a Torino, si fidanzava, era adulta.
Intanto io prendevo sufficienze e mi diplomavo e chiedevo aiuto a lei per l’università.
Anche io ero adulta a questo punto, ma meno di come vedevo adulta lei che anche da piccola era decisa, carismatica, forte, sicura, sfaccettata, consapevole e fiera di essere fragile. Il mio esempio.
Ci siamo perse e ritrovate di continuo.
Ha visto qualcosa in quello che scrivevo e mi ha dato voce attraverso questa rubrica e poi attraverso la sua rubrica di Orgoglio Astigiano.
Mi ha dato voce ascoltandomi per decine di messaggi vocali, pranzi e cene insieme a confrontarci, a saziarci con l’esperienza l’una dell’altra, con l’umanità l’una dell’altra anche quando gli altri ne hanno avuta poca verso di noi.
Io vi assicuro che a fare il lavoro che fa lei ci va un pelo così sullo stomaco.
Quante volte avrei voluto prendere un cucchiaino e scavarle via un po' di sofferenza.
Che tu la vedi così tutta carina biondina occhi azzurri poi ti esce sto tatuaggio rock e sto atteggiamento fiero d’ironico cinismo che ti inginocchi ai suoi piedi e le chiedi se ti prego può farti da madre: fammi tua, adottami, insegnami a vivere.
Con Elisabetta ho scritto 40 articoli.
La mia piccola rubrichina di un anno e mezzo ha 40 articoli, rivediamo di cos’ho scritto:
Di guerra in Afghanistan, di agnolotti, libri tragici confortanti e poesie viscerali, delle nostre colline, cuba libri, Asti d’appello, di gialli, gente che vive sui ciliegi, di infanzia come somma di malinconie, di Griffi prima che diventasse famoso, libri estivi, come riordinare una libreria, il cinema all’aperto, di film, di vino e sbronze, scrivere un diario, poesie incazzate e disilluse, di precariato e horror, di piccole librerie indipendenti e fiabe grottesche danesi, di passepartout, di Marchia, di multicultarilità, cumino e minoranze etniche, di Massimo Cotto e il rock, di Cerro Tanaro e del Messico, di Boldini, della Calabria e melanzane ripiene, di kintsugi, di palestre e di Asti. Ancora e ancora e ancora di Asti.
Questo è stato il senso della mia rubrica dedicata a Pavese (“lavorare stanca”), scoprire per me stessa meglio la città in cui vivo e parlarvene attraverso tutte le cose che ho scritto sopra.
Spero che qualcosa sia arrivato!
Sono soddisfatta del lavoro che ho fatto. Non avrei mai pensato di esserne in grado. Di saper scrivere di argomenti così vari, in queste modalità, sotto scadenze mentre la mia vita cambiava. Rileggo ora gli articoli e mi sento cambiata, evoluta.
Qui lascio la mia muta di pelle secca: essenziale per essere un serpentello diverso.
Io ho solo profonda gratitudine e immenso rispetto per Elisabetta, per la sua energia, per la sua pratica organizzazione e soprattutto per la visione fresca e inclusiva che ha del mondo che ci DEVE essere domani.
Mio raggio di sole,
la luce del cambiamento ha sempre la meglio. Quel che rimane fermo ammuffisce su se stesso.
Grazie a voi per avermi letta, con tutto il mio cuore.