La filosofia e le sue voci - 30 settembre 2023, 09:00

La domanda etica

Nuovo appuntamento con le riflessioni di Simone Vaccaro, per la rubrica "La filosofia e le sue voci"

Immagine elaborata da Arena Philosophika

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[U]n’azione, per essere detta “morale”, non deve limitarsi a un atto o a una serie di atti conformi a una regola, a una legge o a un valore.

M. Foucault, L’uso dei piaceri. Storia della sessualità II

Porsi la domanda etica è connaturale alla riflessione filosofica. Non vi può essere, pertanto, autentica filosofia senza esplorazione del dominio etico. Si è soliti ritenere il ragionamento etico come una branca specifica della più comprensiva andatura della filosofia che non si arresterebbe all'ambito particolare oggetto d'esame, perché trascenderebbe la clausura a compartimenti stagni entro i quali una eccessiva specializzazione la farebbe giocoforza ricadere. E in effetti tale analisi non è per nulla errata. Solamente un po' incompleta. E la sua incompletezza è il riflesso di una ingenua concezione dell'etica, confusa con un sapere localizzato e perfettamente adattato a risolvere una e una sola questione. Ben diversamente, in realtà, con il discorso etico si entra in un campo che attraversa, dall'interno, molteplici settori, che li pone in relazione, li fa interagire, ne sostanzia limiti e ne apre possibilità. 

La citazione di oggi vuole proprio mostrare la fecondità dell'interrogarsi etico e la completezza del suo procedere. Nella sua struttura negativa, questo lacerto del filosofo francese Michel Foucault (1926-1984) getta uno sguardo direttamente su di una contrapposizione che ha caratterizzato l'intero dibattito etico-morale: la dicotomia tra descrizione e prescrizione. Con questi due termini decisamente tecnici, i filosofi cercano di descrivere l'atmosfera di chi prende posizione nel dibattito, qualificandolo o squalificandolo - in base all'accordo o meno con un polo o l'altro della coppia. Di per sé, i due movimenti si presentano come effettivamente contrapposti: il prescrittivismo si presenta come istanza potente, che dall'alto della sua trascendenza pretende un pieno accordo tra cose e principi. La prescrizione risponde a un dovere, spesso inerente alla cosa stessa che deve essere perseguito per imposizione esterna. Morale prescrittiva è sovrapposta a un moralismo sterile che fa della parola d'ordine, del comando imperioso, il suo strumento preferito. Di contro, il descrittivismo si articola come risposta empirica, più accomodante nei confronti di una realtà riottosa: non si può cambiare il corso degli eventi, ma lo si può comprendere e spiegare nella sua genesi. Qui Foucault è chiaro: etica - morale non è prescrizione: non è esecuzione di un movimento che dall'alto scende al basso, ma un sapere complessivo che ci coinvolge in quanto elementi stessi del sapere complessivo. Negare la prescrizione non implica un necessario sfaldamento di un sentimento morale, ma una conseguenza naturale del processo di pensiero che riunisce vita e riflessione

È questo il punto di ricaduta fondamentale: non vi è prescrizione - ovverosia, una batteria di frecce nella nostra faretra morale pronte per l'uso - ma non vi è nemmeno una banale descrizione. L'indagine morale deborda dal ristretto campo proprio per integrare il maggior numero possibile di tematiche patologicamente isolate. La morale si presenta allora come sforzo, come esercizio, come motore che aziona un processo di costituzione di sé, di sforzo su se stessi, ognuno all'interno del proprio osservatorio privilegiato. Per questo la domanda etica, domanda che lega strettamente vita e pensiero, esonda per estendersi a figura stessa della filosofia, a portatrice sano di ordine e bellezza.

Simone Vaccaro

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