La filosofia e le sue voci - 28 ottobre 2023, 09:00

La situazione limite

Nuovo appuntamento con le riflessioni di Simone Vaccaro, per la rubrica "La filosofia e le sue voci"

Immagine elaborata da Arena Philosophika

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Ma dov'è il pericolo, cresce

anche ciò che salva

F. Hölderlin, Patmos (prima stesura), vv. 3-4

È difficile farsi un'idea o anche solamente figurarsi il senso di questa espressione. L'atmosfera che suscita ci conduce direttamente al cospetto di una antica ritualità di passaggio che ha nel travalicamento di una soglia il suo asse portante. Oltrepassata la quale non si è più come prima, non si è più il se stesso di una volta, ma una creatura nuova, rinata. Richiama alla mente il contatto scottante con le divinità: Patmos è l'isola della rivelazione, delle visioni trascritte nel libro dell'Apocalisse. A Patmos gli dei sono ancora presenti: una fiaccola luminosa che attira, secondo la nota immagine, le falene notturne che si spengono al contatto del fuoco divino. Sarà per questo che i primi due versi, immediatamente precedenti recitano: "Vicino / e difficile da afferrare il dio". Hölderlin lo ha sperimentato (ha voluto sperimentarlo) sulla propria pelle: se tornano gli dei, che fine farà l'uomo? Si apre lo spazio della poesia, di un linguaggio che di umano ha soltanto la forma - la lingua di nascita del poeta - ma che non parla più per bocca sua: al poeta spetta il compito di tradurre quello che le divinità dicono. Il limite è già stato oltrepassato; ora sono fuoco divino. 

Ma se il limite non venisse superato? Se ci si soffermasse sulla soglia? Se quel limite fosse la nostra situazione limite, la descrizione, un po' indiretta e un po' ambigua, di quello che noi siamo in quanto esseri umani? Se noi fossimo proprio quella falena refrattaria che si avvicina al fuoco senza perdersi in esso? A queste domande ha tentato di rispondere il filosofo tedesco Karl Jaspers (1883-1969), prima nei suoi scritti psicopatologici, poi in quelli dichiaratamente filosofici. Per chiarire questa nostra situazione limite invalicabile, pena la dissoluzione nel fuoco dell'indistinto, farò riferimento a una lettera indirizzata a suo fratello Enno, ragazzo tormentato da una irrequietezza insopprimibile che lo ha portato al suicidio nel 1931. La lettera data 24 marzo 1916, nel pieno del primo grande conflitto mondiale, al quale il giovane aveva partecipato come volontario in qualità di pilota di caccia. Un passaggio è degno di nota, perché fa trasparire da una parte tutta la preoccupazione di Karl per la sorte di Enno, ma dall'altra la consapevolezza che l'attività del fratello è ben più che una semplice scappatoia: è il suo modo di vivere, quel brivido che lo fa sentire vivo.   

Qui la soglia non è stata superata: il filosofo rimane al di qua per osservare, impotente, il tanto temuto avvicinamento alla fiamma ardente. E questa è la situazione limite: può essere descritta; posso mostrarne la pericolosità e l'ambiguità; posso prescrittivamente vietarne l'accesso. Ma sarà sempre là. Sarà sempre quella linea di confine che mi permette di gettare uno sguardo su quell'al di là che si apre alle sue spalle e che mai verrà colto e afferrato da chi si trova nell'al di qua. Non è il mondo divino evocato da Hölderlin, ma il mondo umano stesso che è costituito da questa linea di confine. Per questa motivazione il filosofo è un pessimo psicologo: sa che non può penetrare quel mistero insondabile che ognuno di noi è. Sa che non può che soffermarsi al limitare di Dite.

Simone Vaccaro

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