Viviamo in un posto bellissimo - 28 ottobre 2023, 07:30

Viviamo in un posto bellissimo pieno di dubbi su dove mangiare

Puntata dedicata al mondo di trattorie e osterie, luci di umanità che non hanno resistito, scomparse da anni ad Asti, sopravvissute con fatica nell’Astigiano

Rosalba Faussone, fotografata da Giulio Morra e intervistata nel numero in edicola di Astigiani

Rosalba Faussone, fotografata da Giulio Morra e intervistata nel numero in edicola di Astigiani

In settimana è arrivata nelle librerie la trentaquattresima edizione della guida simbolo di Slow Food Editore: Osterie d’Italia. Viaggio nella ristorazione italiana più autentica, raccontata dopo visite e recensioni di oltre 230 collaboratori in 1752 locali: osterie, agriturismo e enoteche con cucina. 311 sono stati premiati con la Chiocciola per i valori di ambiente, cucina e accoglienza. Ventisei sono piemontesi, pochine sul totale, concentrate in gran parte nel Cuneese; due nell’Astigiano: il Madonna della Neve di Cessole, regno indiscusso del plin al tovagliolo, e il Del Belbo da Bardon a San Marzano Oliveto. Due, solo due. Due per carenza di locali da recensire e non per la qualità dei recensiti, nonostante in un non così lontano passato si sprecassero anche dalle nostre parti. 

Per capire come sia successo mi viene da citare le parole di Arrigo Cipriani, uomo che ha contribuito a un pezzo importante di storia dell’ospitalità italiana, proprietario del mitico Harry’s Bar di Venezia. Parole riportate in una intervista su Repubblica a fine estate 2020, dando vita all’ennesima discussione su cosa rappresenti di più l’Italia gastronomica.  Ristorante stellato o trattoria? “...si sono rincorse troppe mode che arrivavano da altre parti, ma erano mode, non era storia, non era cultura.”. Un lungo discorso di Cipriani che, secondo me, ha apice nel suo affermare che la trattoria è libertà, che le persone in trattoria si sentono più a loro agio, non obbligate a nulla, men che meno a sottoporsi a menù degustazione, men che meno a sottoporsi ad esperienze sensoriali più teatrali che mangerecce. 

Pensare che fino a qualche decennio fa ci fossero, nella sola Asti, una sessantina di osterie e trattorie, non può che stimolare rammarico. Luci di umanità che non hanno resistito. Evidenze di una città e di un territorio più poveri e più che logica motivazione di grande nostalgia. Nostalgia che mi ha toccato in un bel articolo nel numero ora in edicola di Astigiani, trimestrale di storia e storie che ogni volta prendo in mano aspiro e respiro, avido e stupito dal non vederlo in mano a qualunque astigiano, in qualunque casa, attività commerciale o sala d’attesa di Asti e dintorni. Articolo di valore, altamente in tema, trattato con parole evidentemente sentite, emozionate e aretoriche. Articolo carico di nostalgia per Rosalba Faussone e per la sua Trattoria del mercato e rammarico di bei valori diventati ricordi. Ricordi delle tante osterie e trattorie di cui era punteggiata Asti, con quella di Rosalba tra le ultime chiuse, nel 2000 quando fu demolito il basso fabbricato che la ospitava in piazza del Palio. Un pezzo di storia e di sana umanità dove si mangiavano trippa, merluzzo, fritto misto e agnolotti, dove Rosalba serviva i suoi piatti a scrittori come Luis Sepùlveda, che la citò in un suo racconto, con lo stesso sorriso concesso a chiunque. Rammarico nell’essere arrivato nei dintorni di Asti solo nel 2003.

Davide Palazzetti

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