Una definizione di arte

Considerando le opere d'arte si usa parlare di "problemi artistici". Noi riteniamo di poter concepire l'opera d'arte come una "soluzione" di questi problemi

Erwin Panofsky, Il problema dello stile nelle arti figurative e altri saggi

Tra le molteplici definizioni che filosofi, storici dell'arte, critici e appassionati di ogni epoca e età hanno fornite del fenomeno artistico, questa formulazione di Erwin Panofsky è tra le più significative. La sua peculiarità risiede nella sua empiricità, per così dire. Anziché scomodare uno Spirito che si oggettiverebbe nel prodotto dell'arte (per quanto per l'autore l'arte rientri nel campo dello spirituale, in senso lato) o, inversamente, misconoscerne le dinamiche intimamente sovrastrutturali (che potremmo definire irriducibili alla struttura sottostante di carattere economico), lo storico dell'arte tedesco opera cercando di fornire ragione dell'operato concreto dell'artista. Cosa fa il pittore quando dipinge? O lo scultore quando modella, per esempio, il marmo? Se la risposta si limitasse alla descrizione del gesto pittorico, la questione perderebbe di spessore: un artista fa molto di più di quello che è registrabile da una telecamera che dovesse riprenderlo nel pieno delle sue attività. 

È difatti una registrazione, di Matisse al lavoro, a mostrarci quel di più, quella risoluzione che è l'arte stessa. Ci ragguaglia di questo episodio Maurice Merleau-Ponty nel suo lavoro incompiuto intitolato La prosa del mondo. La registrazione e la sua esecuzione al ralenti ha permesso di vedere, quasi di rendere tangibili, i pensieri, le esitazioni e le scelte del pittore. È come se ci fosse stato possibile, per un tempo limitato, entrare nella mente del pittore, vedere attraverso i suoi occhi, manipolare i colori attraverso le sue mani e percepire gli odori delle vernici. Ma le scelte compiute hanno manifestato un non so che di necessario, di imponderabile: Matisse non avrebbe potuto scegliere altrimenti. Ha scelto, ma le sue scelte erano le conseguenze naturali delle incrinature del quadro che sarebbe stato dipinto. Poi. Così il filosofo francese interpreta questa performance registrata. È la visione di una serie di scelte, di una soggettiva visione del mondo che, in fondo, non avrebbe potuto essere che così, perché era di Matisse che pur sempre si trattava. Cézanne avrebbe scelto differentemente, rintracciando una necessità tutta sua (ma totalmente del quadro). 

È allora questa situazione paradossale che l'arte affronta o meglio, entro la quale si installa: l'arte vive di questo paradosso che la anima e le sue manifestazioni altro non sono che risposte parziali, singolari e necessarie a questa problematica di fondo. Ma qual è allora questa problematica di fondo? Panofsky ne individua tre, frutto della sua analisi empirico-fenomenologica (cosa fa l'artista?): problema dei valori elementari; problema dei valori figurativi e problema dei valori compositivi. Quanto a noi, qui è di interesse non tanto la delineazione dei problemi in sé, ma il fatto che essi siano un problema e un problema talmente fondamentale da esigere una soluzione artistica. Come uscire allora dal circolo vizioso in cui sembra essere caduti (l'arte risolve un problema che richiede soluzione artistica)? E una risposta la fornisce, indirettamente, Merleau-Ponty: l'arte è davvero la risoluzione di un problema, ovverosia del problema di cogliere i rapporti tra la creazione del nuovo e la rappresentazione di ciò che è già - da sempre? - presente.