Agricoltura - 19 gennaio 2024, 14:04

L'agricoltura astigiana cambia volto: tra crisi e opportunità, ecco come si è trasformata in dieci anni [GALLERIA FOTOGRAFICA]

Il bilancio, in chiaroscuro a causa delle molte difficoltà affrontate, è stato tracciato dai vertici Cia Piemonte e Cia provinciale

Galleria fotografica a cura di Efrem Zanchettin - Merfephoto

Nella foto, da sinistra a destra: Alessandro Durando, Marco Pippione, Marco Capra, Amedeo Cerutti, Franca Dino e Gabriele Carenini (Ph. Efrem Zanchettin - Merfephoto, così come per tutti gli altri scatti presenti in questo articolo)

Nell’arco di 10 anni, ovvero dal 2013 al 2023, l’Astigiano ha perso il 30% delle aziende agricole, pur mantenendo la stessa superficie coltivata, cambiando però il mix delle produzioni. E’ quanto comunicato in mattinata nel corso di una conferenza stampa – svoltasi presso la sede della Cia Asti, cui hanno preso parte tra gli altri il presidente di Cia Piemonte Gabriele Carenini e quello di Cia Asti Marco Capra – per illustrare i dati elaborati dall’ufficio tecnico di Cia Asti, guidato dall’agronoma Francesca Serra.

La vite resiste, ma soffre

La vite da vino è una delle colture più importanti dell’Astigiano, ma anche una delle più colpite dalle difficoltà climatiche e generazionali. Le aziende viticole sono diminuite del 35%, ma la superficie dei vigneti è rimasta stabile, grazie agli accorpamenti tra terreni. Tuttavia, il passaggio di testimone tra le generazioni è sempre più difficile, e molte aziende familiari rischiano di chiudere.

L’ultima vendemmia ha registrato rese inferiori del 25-30%, con zone più penalizzate di altre dalla siccità e dalle grandinate. Per questo, Cia Asti chiede di intensificare la ricerca sui vitigni resistenti, e ha premiato il CNR per il suo lavoro sul miglioramento genetico della vite.

“Nell’Astigiano – ha precisato Marco Pippione, direttore provinciale CIA – i vigneti continuano a rivestire una grande importanza, poiché nonostante la riduzione delle aziende le superfici vitate sono sostanzialmente invariate, però è necessario intervenire geneticamente per contrastare il problema della flavescenza dorata”.


Il nocciolo raddoppia, ma le rese sono basse

Il nocciolo è una delle colture che ha avuto il maggior incremento di superficie, raddoppiando in dieci anni. Questo è dovuto anche alla sostituzione di parte dei vigneti, colpiti dalla flavescenza dorata. Tuttavia, il nocciolo non è immune dalle sfide climatiche, e nel 2023 ha avuto rese molto basse, mettendo in crisi la redditività delle aziende.

“Stiamo attuando delle sperimentazioni per raffrescare il terreno – ha detto Alessandro Durando, già presidente provinciale CIA – ma la resa è comunque molto più bassa rispetto al preventivato e pesa l’incertezza sui costi di vendita sul mercato”.

Cia Asti sostiene la valorizzazione della Tonda Gentile del Piemonte, varietà pregiata che ha bisogno di nuovi sbocchi di mercato. A questo proposito, è nata la Cooperativa Corifrut, presieduta dall'astigiano Dino Scanavino, ex presidente nazionale di Cia.


I cereali si adattano, ma non sono sufficienti

Il mais è una delle colture che ha subito il maggior calo di superficie, passando da 9600 a 5600 ettari in dieci anni. Il motivo è la sua scarsa adattabilità alle temperature alte e alla siccità. Le aziende hanno optato per alternative più rustiche, come il girasole, la soia e l’orzo, anche grazie agli incentivi della Pac.

Il grano tenero, invece, è rimasto costante a 9.500 ettari, ma ha scatenato la protesta degli agricoltori, che denunciano prezzi all’ingrosso troppo bassi rispetto ai costi di produzione. Cia Asti ha bloccato per quattro settimane la quotazione del grano tenero al borsino della Camera di Commercio di Alessandria-Asti, chiedendo una maggiore remunerazione per il grano di qualità.


L’allevamento bovino in crisi, la razza piemontese da valorizzare

L’allevamento bovino ha perso circa 400 aziende in dieci anni, con una diminuzione dei capi in stalla. La razza piemontese ha registrato una significativa diminuzione, evidenziando le difficoltà degli allevatori a sostenere i crescenti costi di produzione.

Cia Asti e Cia Piemonte promuovono una strategia di valorizzazione della razza piemontese, basata sulla sostenibilità economica, la tracciabilità della qualità e l’informazione al consumatore. A questo scopo, hanno presentato una proposta alla Regione per rendere obbligatoria l’indicazione dell’origine della carne bovina consumata nel canale Horeca, al ristorante come nelle mense.

Per attuare tale proposta, è però necessaria una norma nazionale. Inoltre, hanno chiesto di sostenere la IGP Razza Piemontese, attraverso una campagna di comunicazione che ne evidenzi i pregi.

“Sulla grande distribuzione – ha affermato Amedeo Cerutti, neo vicepresidente provinciale non possiamo pensare di concorrere con carne di altra provenienza che, pur di qualità inferiore, viene proposta a prezzi estremamente vantaggiosi per ristoratori e la maggior parte dei clienti. Dobbiamo cercare di ‘educare’ i consumatori a capire che, anche se la Piemontese magari costa un euro in più, offre una qualità della carne di gran lunga superiore. Così facendo, potremmo anche contribuire a sostenere i piccoli negozi di paese”.

L’allevamento caprino, invece, ha avuto un incremento di circa 1100 capi, trainato dal successo del Roccaverano DOP.


Gli agriturismi vanno in positivo, ma servono sinergie

Il settore degli agriturismi ha seguito una crescita nazionale, con un aumento del 10-12% nei pernottamenti, sia per i turisti italiani che per quelli stranieri. Il Covid ha favorito il turismo esperienziale, ma il problema è la mancanza di collegamenti e sinergie tra gli operatori presenti sul territorio.

Franca Dino, presidente di Turismo Verde Asti e Piemonte, ha sottolineato l’importanza di creare una rete tra agriturismi e aziende agricole, per offrire ai turisti una gamma variegata di esperienze coinvolgenti.


La situazione regionale

“Negli ultimi 10 anni – ha esordito Gabriele Carenini, presidente regionale CIA – abbiamo vissuto molteplici problematiche, dal covid alla PSA (Peste Suina Africana), dovendo tappare di volta in volta le situazioni emergenziali. Noi abbiamo operato al meglio delle nostre possibilità, ma tutte le parti in causa debbono contribuire a sviluppare strategie che diano soddisfazioni, anche economiche, a lungo termine, se no il rischio è che l’agricoltura vada gradualmente a morire”.

Continuare a valorizzare il 'brand Piemonte'

“Poiché oggi il ‘brand Piemonte’ funziona molto bene – ha proseguito –, riteniamo che sia fondamentale continuare a svilupparlo, con il supporto delle istituzioni e attuando strategie che consentano di creare collaborazioni con ristoratori e chiunque altro lavori a stretto contatto con le nostre aziende, perché il lavorare a comparti stagni è profondamente sbagliato e ci danneggia tutti. Compresi gli stessi territori, che le aziende agricole possono contribuire a valorizzare. In Piemonte abbiamo alcune zone con importanti produzioni ‘di nicchia’ che non riescono a fare reddito. E’ importante, quindi, che si sia propositivi, dinamici e duttili per attirare le persone, e i turisti in ottica di turismo esperienziale, sulla base delle nostre capacità”.

Prioritario eradicare la fauna selvatica, anche con l'esercito

Il presidente CIA ha altresì rimarcato la posizione dell’associazione da lui guidata in merito alla problematica della Peste Suina Africana: “Credo si debba andare oltre il concetto della PSA ha affermato – e affrontare finalmente il problema della fauna selvatica totalmente fuori controllo, cosa che noi denunciamo va almeno 20 anni. Serve un intervento drastico per eradicare la fauna selvatica, in particolare i cinghiali, soprattutto nelle zone dove la PSA ha colpito maggiormente”.

“Anche in questo caso comunque non si deve ragionare a comparti stagni – ha aggiunto – perché finora il problema si è posto nell’Alessandrino e in Liguria, con un primo caso nell’Astigiano, ma il rischio che si espanda ad altre aree è altissimo. Quindi serve un piano di intervento nazionale. Se la PSA raggiungesse il Cuneese o arrivasse in Emilia, nella zona del Parmense, ovvero due aree in cui le coltivazioni di suini rivestono una enorme importanza, rischieremmo di mandare al macero un settore di enorme rilevanza”.

“Per contrastare la fauna selvatica – ha argomentato abbiamo proposto l’intervento dell’esercito, ma non certo perché non si sia dei guerrafondai cui piace sparare. Semplicemente loro dispongono di strumentazioni economiche avanzatissime, che certo i nostri cacciatori non possono avere”.

Un grave errore la reintroduzione dell'Irpef

Infine Carerini ha espresso le perplessità dell’associazione in merito allo stop all’esenzione dell’Irpef per gli agricoltori:E’ un grave errore – ha affermato che danneggerà enormemente le nostre azione già così duramente provate. Il ‘made in Italy’ è un vanto di tutto il Paese, che ci dà una enorme ‘potenza di fuoco’ e cui le eccellenze agroalimentari contribuiscono in modo determinante, ma con decisioni simili lo si danneggia. Se dovessi sintetizzare in uno slogan, direi che avremmo preferito una tassa in meno e cinghiali abbattuti in più”.

Gabriele Massaro

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