La filosofia e le sue voci - 02 marzo 2024, 09:00

Il filosofo sul lettino dello psicoanalista?

Nuovo appuntamento con le riflessioni di Simone Vaccaro, per la rubrica "La filosofia e le sue voci"

Immagine elaborata da Arena Philosophika

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Il disegno illusorio del perverso è quello di istituire una padronanza assoluta di questo corpo

Massimo Recalcati, L'illusione della perversione, in L'uno perverso? (a cura di Alessandra Campo)


Ammettiamolo: i filosofi hanno dei problemi. Si fanno dei problemi, li espongono - per iscritto, a lezione, in conferenze e convegni, al bar - e contagiano gli altri, quei malcapitati che, pensando di ottenere chissà quale risposta rivelatrice, li ascoltano, li leggono, ci dialogano. E questa è una condizione, come dire, strutturale. Mi comprometto maggiormente: è uno statuto ontologico. L'avere dei problemi è l'essere del filosofo. Che debba recarsi da uno psicoanalista, ma da uno bravo veramente, per vedersi sciolta quella matassa intricata che si ingarbuglia vieppiù si cerchi di districarla?

Ho esagerato ovviamente. Nessuno pensa realmente che il filosofo debba farsi curare. E ho calcato la mano anche sul fatto che il filosofo sia un portatore sano - più o meno - di problemi. Tuttavia, Massimo Recalcati ha posto attenzione su di uno snodo nevralgico: il filosofo cerca una risposta. Manifestamente tale atteggiamento emerge dalle pagine del buon Hegel: il sistema è chiuso in sé e l'apertura solamente illusoria, un momento che deve essere inteso come un allontanamento fittizio da sé. Che cos'è la natura se non la negazione - l'alienazione - della Logica? Negazione che poi deve essere ricompresa nello Spirito? Ovvero, essere riconosciuta come momento interno allo Spirito stesso? Ma la risposta definitiva si rivela anche per i negatori della sistematizzazione del pensiero. Tutti quei "mancini zoppi" (Michel Serres) che sostengono la sovversione dei sistemi, l'esplosione dell'economia ristretta, calcolata e perfettamente funzionante, a tutto vantaggio di quella generale (Jacques Derrida), aperta, che spezza il circolo vizioso del dare-avere, del comprare-vendere per accogliere in sé la dépense (George Bataille), il dispendio, il fondo perduto. Tutti questi non offrono la loro chiusura del cerchio, fosse anche la comprensione della definitiva impossibilità di chiudere il cerchio?

È il filosofo allora costitutivamente perverso? Forse no. Ma è sulla buona strada? Il fatto è che il filosofo non può vivere senza risposte. A onor del vero, nessuno di noi - credo - può accettare, senza sofferenza, l'assenza di risposte. E questo il filosofo lo sa. Sta alle regole del gioco, e ha accettato di prenderne parte. Riconosce la sua - triste? felice? - condizione di essere mediano, in tensione: lo abbiamo visto in diverse puntate precedenti, il filosofo è figlio di Poros e Penia, di chi ha tutte le risposte perché divino e di chi non ha risposte, se non nel dispendio cronico del suo essere umano. Forse per questo sarebbe fuori luogo se si adagiasse sul lettino di uno psicanalista. E se è vero che di filosofi perversi il mondo si è riempito - e si riempirà - non si può tralasciare il fatto che i suoi problemi non sono rubricabili come patologici turbamenti. Il filosofo è un gran lavoratore, anche se in fondo molto pigro, ma tutto sommato semplice: a lui piace sostare e ammirare il panorama di un bel problema.

Simone Vaccaro

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