A ottobre 2019 aveva lasciato le scene "o meglio la sua parte itinerante", annunciando che si sarebbe occupato, comunque, di progetti teatrali.
L'attore Renzo Arato aveva abbandonato i palchi con un messaggio dove spiegava la sua decisione con amarezza: "L’unico rammarico, è stato quello di non essere riuscito a farmi apprezzare da una certa intellighenzia snob e radical-chic, pur così presente (e condizionante a tutti i livelli) nel mondo della “'ltur' in Italia. Però, che dire? Tutto sommato: chi se ne frega! Ho attraversato gli anni difendendo il mio lavoro con umiltà e tenacia, dalle cattiverie gratuite, dall’indifferenza di certi media, da improbabili 'faccendieri artistici', detti anche direttori. Pioggia e vento, si sa…"
QUI l'articolo e la lettera integrale.
E venerdì 15 marzo, alle 21 nella Biblioteca della sua Roatto torna a recitare le poesie di Dumini Badalin
L'Associazione Culturale “La Stele di Nettuno” di Roatto, che ha organizzato l'incontro con il patrocinio del Comune spiega: "Ricorderemo come, nelle sere di un tempo passato, sulle colline astigiane, in una cascina, nella stalla, accanto alle mucche, i nonni e le nonne raccontavano le storie e recitavano le filastrocche e le poesie. Questa l’atmosfera che Dumini Badalin, grande poeta monferrino e piemontese, regala nelle sue bellissime poesie recitate da Renzo Arato, che raccontano le storie dei contadini delle nostre valli e colline.
Renzo Arato, notissimo attore, ha frequentato il Centro Sperimentale di Arte Drammatica di Torino e stages presso il Piccolo Teatro di Milano, ha lavorato in allestimenti teatrali diretti da Giorgio Strehler (Brecht), e Carlos Saura (Garcia Lorca); ha lasciato le scene nel 2019 dopo una lunghissima carriera in cui ha recitato su innumerevoli palcoscenici italiani e stranieri, ma per Roatto e per una sera reciterà ancora le poesie di Dumini Badalin.
Una voce emozionante per un poeta dialettale (morto nel 1980) che racconta di colline, di vita, colori e fatica dove l'amore e la fiducia vincono sempre.
"L’opera di Dumini è una profonda, vera, umana partecipazione alla vita di una civiltà contadina che la società dei consumi ha alterato e distrutto, una commossa rievocazione di un mondo che non c’è più, una testimonianza d’ amore per la 'tèra stercera', quella terra abbandonata 'ch’o la meur', rimarca ancora l'associazione.
Di lui scrisse Davide Lajolo, nella prefazione a “Listeurji dij varèj”, sua prima raccolta: “Badalin queste cose le mormora a fior di labbra come fanno proprio i contadini e non sbaglia una parola e riesce a tenersi il groppo in gola della commozione, perché in campagna è inutile piangere. E chi ti ascolta? Bisogna piangere come le viti, in silenzio”. Ed ancora: “La sua poesia sgorga come certe polle d'acqua sorgiva da sotto i cespugli della collina dove, a quel refrigerio, spuntano le viole e le primule e poi le margherite e i mughetti, fiori che fanno giardino nel silenzio della campagna”.
"Se per molti - conclude l'Associazione - la voce di Dumini Badalin nell’interpretazione di Renzo Arato potrà essere una nuova scoperta o una rivelazione, a tutti porterà il messaggio di una poesia fresca e pulita, una vera medicina per l’anima".