Al Direttore - 30 aprile 2024, 12:15

Briccarello e Bosia: "Forza Italia mette sotto attacco la Legge sul 'testamento biologico'"

Aspre critiche dei due consiglieri comunali ad un DDL presentato dai senatori Gasparri, Paroli e Zanettin

Mauro Bosia e Vittoria Briccarello

Mauro Bosia e Vittoria Briccarello

I Senatori di Forza Italia Paroli, Zanettin, Gasparri e altri hanno presentato alla Presidenza del Senato, nel mese di marzo u.s., un Disegno di Legge titolato: “Modifiche all’art. 580 del Codice Penale e modifiche alla Legge 219 del dicembre 2017”. 

Il progetto, a parere di chi scrive, non solo attacca un diritto civile - l’autodeterminazione della persona - ma la Costituzione stessa laddove all’art. 32 stabilisce che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge” e aggiunge altresì che “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. 

Proprio questo principio costituzionale ha ispirato la Legge 219 del 2017: “tutela del diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione della persona,  stabilendo che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del  consenso libero e informato della persona interessata”. 

La Legge 219 prevede le DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) ovvero le disposizioni/indicazioni che la persona, in previsione dell’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può esprimere in merito all’accettazione o al rifiuto di determinati accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche, singoli trattamenti sanitari. La Legge 219 viene attaccata con il  DDL di Forza Italia che ne vorrebbe modificare il testo asserendo che “l’idratazione e l’alimentazione, pur se garantite attraverso ausili tecnici, non sono considerati trattamenti sanitari”. 

Tale tentativo di modifica appare goffo e maldestro totalmente avulso da ogni base medico-scientifica oltre che giurisprudenziale. L’alimentazione artificiale, al pari dell’idratazione, costituisce, secondo la giurisprudenza (Cass. Civ., sez. 1, 16 ottobre 2007, n. 21748) e secondo l’opinione più accreditata della comunità scientifica, un trattamento sanitario, “posto in essere da medici, anche se poi proseguito da non medici e consiste nella somministrazione di preparati come composti chimici, implicanti procedure tecnologiche”, che solo medici possono prescrivere e  controllare. 

Sulla natura dell’alimentazione e idratazione, attraverso sondini naso-gastrici o per via parenterale, sono da segnalare le opinioni dell’American Academy of Neurology e della British Medical Association: entrambe giungono alla conclusione che l’alimentazione e idratazione quando il paziente non è più in grado di alimentarsi o bere autonomamente debbano essere considerati trattamenti medici. 

I trattamenti di nutrizione artificiale, al pari degli altri trattamenti, sono assoggettati alla regola del consenso (Art. 32 della Costituzione). Di fronte alla determinazione del paziente, nel senso del rifiuto della cura, medici e personale sanitario devono rispettare pienamente la scelta del malato. 

Il Codice di Deontologia medica prevede di perseguire con la persona assistita una relazione di cura fondata sulla fiducia  e sul rispetto dei valori e dei diritti di ciascuno, attenendosi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili di rispetto dell’autonomia della persona, della sua libertà, della sua dignità, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali il medico opera. 

Il medico, tenendo conto delle volontà espresse dal paziente e dei principi di efficacia ed appropriatezza delle cure, non intraprende né insiste in procedure e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, dai quali non ci si possa fondatamente attendere un effettivo beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita. Il controllo efficace del dolore invece si configura in ogni condizione clinica come trattamento appropriato e proporzionato. Il medico che si astiene da trattamenti non proporzionati non pone in essere in alcun caso un comportamento finalizzato a provocare la morte (Art. 16 Deontologia professionale del medico). Il comma 2 dell’Art.2 del DDL di Forza Italia introduce l’obiezione di coscienza del medico e del personale sanitario nella Legge 219 del 2017.

L’interruzione dei trattamenti sanitari o di qualsiasi pratica (che si voglia o meno considerare un trattamento sanitario) rappresenta un tema controverso ampiamente discusso e approfondito dalla comunità scientifica internazionale e dai comitati di bioetica di tutto il mondo. L’obiezione di coscienza del medico affronta la centralità della volontà del paziente e la necessità che la decisione clinica sia frutto dell’interazione tra la proposta medica e la decisione del paziente. 

Nel caso della legittima interruzione di ogni trattamento, destinato a prolungare la sopravvivenza e la sofferenza di un paziente in una condizione senza speranza, il medico certamente non compie un’omissione di assistenza né provoca la morte (eutanasia). In questi casi l’obiezione di coscienza non avrebbe necessità di essere esercitata poiché il principio fondamentale di orientamento del medico è quello del rispetto della dignità della persona, nell’accezione più ampia del concetto di salute. 

Nel corso di malattie a prognosi sicuramente infausta, il medico deve limitare la sua opera all’assistenza morale e alle terapie atte a risparmiare inutili sofferenze. Tuttavia di fronte all’obiezione di coscienza  di un medico che non si sente di decidere per la sospensione del supporto nutrizionale anche nei casi più disperati, ove si potrebbe configurare il rischio di accanimento terapeutico, tale sospensione dovrebbe essere accertata da una Commissione Medica che dovrebbe decidere secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale.

Vittoria Briccarello e Mauro Bosia - Consiglieri comunali gruppo "Uniti si può"

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