Voce al diritto - 03 maggio 2025, 07:45

Omicidio stradale, tra colpa e prevedibilità

Omicidio stradale, tra colpa e prevedibilità

“Alcuni mesi fa mio nonno, mentre percorreva la solita strada per recarsi a giocare a carte al bar del paese, è stato vittima di un grave incidente stradale che ne ha poi causato il decesso.

L’automobilista, arrivati sul luogo i Carabinieri, ha subito contestato la sua responsabilità sostenendo che la carreggiata non fosse abbastanza illuminata e che mio nonno non stesse camminando sul ciglio della strada.

Vorrei sapere cosa ne pensa lei, in quanto queste giustificazioni non mi sembrano assolutamente sufficienti a escludere la colpa dell’investitore, viste soprattutto le tragiche conseguenze dell’episodio.”

 

Gentile lettore,

innanzitutto mi dispiace che la vicenda abbia avuto un così triste epilogo e le porgo pertanto le mie più sentite condoglianze.

È poi necessario inquadrarla in una specifica fattispecie di reato, in modo tale da comprendere quale disciplina si possa a essa applicare: l’articolo del Codice penale di riferimento in questo caso è, senza dubbio, il 589 bis rubricato “Omicidio stradale”. La disciplina prevede la reclusione da due a sette anni per chi cagiona la morte di una persona con violazione delle norme del Codice della strada (CdS).

In base a quanto da lei raccontato, l’autore contesta la sua responsabilità poiché suo nonno, in base a quanto da lui sostenuto, non stava camminando sufficientemente a lato della strada e che questa fosse poco illuminata.

Secondo la giurisprudenza della Cassazione, da ultimo con la sentenza n. 10898/2025, questi dettagli sono del tutto ininfluenti nell’esimere l’investitore da colpa. Sono infatti rilevanti solamente quelle circostanze che si siano dimostrate effettivamente estranee a ogni obbligo dell’automobilista, il quale si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente tutti i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile, e, su tutto, incalcolabile.

L’utente della strada, infatti, sempre secondo la Suprema Corte, è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché questo rientri nei limiti della ragionevole e sensata prevedibilità.

In queste vicende, quindi, sussiste un temperamento del principio dell’affidamento che si sostanzia in quanto affermato nel periodo precedente.

L’investitore, per quanto sopra affermato, non potrà nemmeno invocare il difetto del requisito della cosiddetta causalità della colpa. Questa espressione indica, in ambito giuridico, la verifica della introduzione, da parte del soggetto agente, del fattore di rischio, poi concretizzatosi, in questo caso, nella tragica vicenda che ha visto coinvolto suo nonno.

Conseguentemente, chi si trova alla guida di un veicolo è sempre tenuto a prestare la massima attenzione e prudenza affinché possa rilevare, in tempo, eventuali rischi e pericoli di impatto con la propria autovettura.

In queste situazioni, l’automobilista deve dunque attuare una serie di comportamenti e accorgimenti che riducano la possibilità del verificarsi di episodi tragici come quello che lei ha descritto. L’esempio più chiaro di quanto appena detto è la moderazione della velocità che può arrivare, all’occorrenza, fino all’arresto completo del veicolo.

Da quanto cennato finora discende che nel caso di un incidente che riguardi un pedone, per affermarne la colpa esclusiva in caso di investimento, è necessario che il conducente del veicolo non abbia potuto avvistarlo né prevederne i movimenti, nonostante la propria condotta cauta.

Avv. Filippo Testa


Voce al diritto a cura dell'Avv. Filippo Testa
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