Non era certo la prima volta che rappresentanze militari di Nazioni alleate e amiche della Russia sfilavano sulla Piazza Rossa, in occasione delle celebrazioni dell'anniversario della vittoria della 2^ Guerra Mondiale. Tuttavia, quasi sicuramente, quella cinese che ha preso parte alla parata del 9 maggio scorso potrebbe essere quella più determinante per i futuri sviluppi geo-strategici, in tutta la storia delle 80 commemorazioni sinora organizzate da Mosca.
Infatti, con i suoi cento soldati, la formazione di Pechino non solo era di gran lunga la più numerosa di tutte le 13 delegazioni straniere che hanno partecipato, ma costituiva una vera e propria unità organica (a livello compagnia), che ha assunto un significato militare ben diverso, rispetto ad un consueto esiguo manipolo di sola rappresentanza formale.
Una presenza del genere ha fatto da degno contorno alle dichiarazioni del Leader cinese Xi Jinping che, in merito alle relazioni sino-russe, si è espresso senza mezzi termini, affermando “Il nostro legame non è soggetto a influenze esterne. Cina e Russia respingeranno congiuntamente i tentativi di dividerle”, mettendo così a tacere qualsiasi illazione su un paventato riavvicinamento tra Mosca e Washington.
In effetti, la via comune, o quanto meno parallela, intrapresa da Putin e Xi Jinping sembra essere ormai irreversibile, sia sul piano commerciale, con il nuovo record conseguito nel 2024 nell'interscambio tra le due Nazioni, che ha toccato i 237 miliardi di dollari sia sul piano militare, con continui contatti e reciproci impegni di cui l'ultimo ed il più drammatico potrebbe addirittura riguardare Taiwan che, in un certo qual senso, potrebbe essere considerata l'Ucraina di Pechino.
La tempistica di un eventuale attacco cinese all'isola sembra non essere al momento prevedibile, ma l'altissima probabilità che accada non viene messa nemmeno in discussione, perlomeno dallo stesso Leader cinese che ha affermato “non importa come cambi la situazione, e quanto le forze esterne cerchino di fomentare problemi, la tendenza storica secondo cui la Cina sarà e dovrà essere riunificata è inarrestabile”.
E' chiaro che un conflitto nell'Indo-pacifico costituisce l'incubo di tutti perché, molto probabilmente, porterebbe ad uno scontro frontale militare che non si limiterebbe al solo livello regionale, ma coinvolgerebbe le due parti del mondo che, già ora, si stanno confrontando sul piano finanziario, economico e commerciale. Con la differenza fondamentale che i missili sono ben più distruttivi dei dazi.
In merito alle dimensioni che potrebbe assumere questa crisi, basti pensare che la stessa Italia probabilmente non ne sarebbe immune, visto che, ormai da tempo, per un motivo o per l'altro (esercitazioni, imposizione di risoluzioni ONU, ecc.), non sta perdendo occasione di far incrociare in quei mari bollenti, compreso il Mar della Cina, i propri migliori assetti navali ed aerei.
E quei cento soldati cinesi che han sfilato sulla Piazza Rossa, cantando canzoni contro il Giappone, ovviamente riferite al Sol Levante imperiale della 2^ Guerra Mondiale, possono significare che i rapporti militari tra Cina e Russia stanno divenendo sempre più stretti e cooperativi, perseguendo un'integrazione sinergica che, sotto il profilo tecnico, è al momento ottimale per entrambe le due potenze.
Infatti, se Pechino sta allestendo uno strumento militare ultra moderno, con una velocità produttiva seconda solo a quella degli Stati Uniti durante la 2^ Guerra Mondiale, la Russia sta maturando in Ucraina quell'esperienza operativa che può mettere al servizio dei Cinesi che, invece, ne difettano ampiamente. Un aspetto da non sottovalutare assolutamente, perché potrebbe costituire un gap determinante in un conflitto, tanto da indurre il Leader Nord Coreano ad inviare proprie unità a combattere (e morire) a fianco dei Russi, nella regione russa di Kursk, per liberarla dalle unità ucraine.
Un secondo importante aspetto riguarda il potenziale atomico. La Cina può considerarsi una potenza nucleare, ma non ha di certo l'arsenale di cui dispone la Russia che, in tal senso, è l'unica al mondo in grado di esercitare efficacemente un adeguato potere di deterrenza nei confronti della superpotenza nucleare degli Stati Uniti. Un obiettivo che per Pechino non è conseguibile a breve e, probabilmente, neanche a medio termine (il Pentagono ha previsto 1500 testate entro il 2035), ammesso e non concesso che intenda perseguirlo fino in fondo e, magari, non preferisca saldare ulteriormente il suo legame con Mosca, continuando in tal modo a godere dei benefici del suo “ombrello”.
Pertanto, la Cina ha bisogno della Russia anche in questo settore strategicamente vitale, nonostante le proprie Forze Armate, sull'onda di un investimento governativo intorno al 7,2 % del Prodotto Interno Lordo, stiano sempre più migliorando, al punto da far ritenere al Pentagono il pareggio con le proprie capacità operative convenzionali entro il 2035.
Alla Cerimonia del 9 maggio erano presenti anche molti capi di Governo africani, che hanno intrattenuto colloqui bilaterali sia con Putin che con Xi Jinping, attivando cooperazioni con le due Potenze in tutti i settori, compresi quelli della difesa e della sicurezza. Ma l'aspetto tanto più importante quanto più inedito è quello che, al termine delle rispettive tornate di incontri, il padrone di casa ed il suo più importante ospite cinese hanno rilasciato una dichiarazione congiunta sulle possibilità di partenariato e di interazione strategica con gran parte dei Paesi africani. Praticamente, in Africa Russia e Cina non solo non si pesteranno i piedi, ma saranno partner collaborativi che implementeranno le loro ambizioni comuni in maniera sinergica.
Mosca risulta quindi tutt'altro che isolata e allo sbando e, molto probabilmente, non lo è stata nemmeno quando, nel 2022, i maggiori Leader europei, compreso il nostro (Mario Draghi), ci raccontavano “le sanzioni hanno avuto un effetto dirompente sulla macchina bellica russa e sulla sua economia” e qualcuno (Blomberg) propagandava che, a seguito delle sanzioni, i Russi stavano utilizzando i chip degli elettrodomestici per riparare i loro carri armati. Non era così allora e lo è ancora di meno oggi e, probabilmente, l'atteggiamento occidentale non fa che cementare ulteriormente i legami e le relazioni internazionali che Putin ha saputo mantenere e sta ulteriormente incrementando.
E chissà se le minacce ed i moniti di Zelensky prima della Cerimonia del 9 maggio ai Capi di Stato che vi partecipavano, nonché il complice silenzio occidentale al riguardo, non abbiano contribuito ancor di più al successo della tessitura della rete moscovita.