Panama è un Paese con una sola vera grande città. Non solo per dimensioni, ma per peso, centralità, influenza. Panama City non è semplicemente la capitale: è il cuore che pulsa, concentra, dirige. Il resto – giungle, isole, altipiani, coste – è bellezza frammentata, autonomia regionale, spazio geografico da raggiungere.
Una sorta di “città-Stato” al centro delle Americhe, famosa soprattutto per il suo canale. Ogni viaggio inizia o finisce qui. Qualunque rotta – verso i Caraibi, il Pacifico, le montagne o il confine colombiano – passa inevitabilmente da Panama City. È un crocevia obbligato, ma soprattutto logistico e simbolico: una distesa verticale di vetro e cemento, con torri luccicanti che riflettono il cielo tropicale. Per molti europei non è una vera meta turistica. È piuttosto una tappa. Si dorme una o due notti, si cena in hotel, poi si prende un volo o si parte in crociera. Non si fa in tempo a comprenderla, e forse nemmeno a vederla davvero. Magari l'unica foto è quella scattata dal terrazzo di un locale, con un cocktail in mano. Spesso rimane un'esperienza collaterale, o una parentesi mai chiusa. Panama City ha lo sguardo rivolto a Miami, sogna l'efficienza e la reputazione internazionale. Ma basta spostarsi dal centro per scoprire un'altra città, fatta di contrasti e soprattutto di assenze: strade rattoppate, palazzi sbiaditi, serrande abbassate. Una vita quotidiana che si svolge ai margini dell’apparenza. Si cammina nel vuoto o nel caos. Ogni angolo può essere come “una scatola di Baci Perugina”: non sai mai quello che troverai. E il sole – quando c'è – cade verticale anche sui tetti di lamiera e sulle panchine rotte.
Una mattina, in una traversa dell’Avenida Central: il traffico era congestionato, il suono dei clacson continuo. Ai semafori, venditori ambulanti si muovevano tra le auto offrendo, frutta e bottigliette d’acqua. Una donna spingeva un carretto fumante di empanadas, un ragazzo in uniforme scolastica correva tra pozzanghere e motorini parcheggiati sul maciapiede. Qualcuno leggeva ad alta voce il giornale del giorno prima. Gesti quotidiani che assomigliavano ad uno spettacolo d’improvvisazione. Profumo di banana fritta, gas di scarico, incenso che bruciava davanti ad un centro massaggi. Una città reale: rumorosa, instabile, viva. “Aquí todo cambia, ma no para todos,” mi diceva Carlos, pensionato ed ex autista, mentre sorseggiava un caffè in un bicchiere di plastica. Indicando lo skyline, mi raccontava: "Vedi quelli là sopra? Credono di vivere in America del Nord. Ma qui sotto siamo ancora in America Latina: rifiuti in strada, autobus sovraffollati, affitti che salgono ogni giorno”. A pochi isolati, la “Cinta Costera” mostra invece un altro volto. Un lungomare geometrico, costruito per piacere al pubblico: palme ben allineate, campetti da basket, piste ciclabili, statue moderne. È una passeggiata urbana perfetta, pensata per gli americani, le foto, il tempo libero. Una vetrina di ciò che Panama City vorrebbe essere, più che un riflesso di ciò che è realmente.
Il luogo più famoso e visitato della città è il Casco Viejo, il quartiere storico affacciato sull’oceano; dimenticato per decenni, oggi è stato in gran parte restaurato. Le facciate coloniali brillano, i portoni in legno si aprono su boutique, hotel di charme, caffè raffinati. Ogni angolo è “instagrammabile”. Le strade profumano più di turismo che di quotidianità. Eppure conserva ancora qualcosa di vero, tra passato e rinascita. “Camminarlo” è come leggere un romanzo con due protagonisti. Accanto alle terrazze affollate di turisti, alcune famiglie panamensi continuano ad abitare qui, dove il bucato steso alle finestre sembra sventolare come una silenziosa bandiera di resistenza. Il Casco Viejo parla spagnolo e inglese: una vecchia L'Avana che ha imparato a flirtare con gli Stati Uniti. Le chiese – come quella di San Francisco de Asís o la Catedral Metropolitana – invece non guardano al futuro, ma raccontano le cicatrici di terremoti e rivoluzioni. Lungo le navate si sente ancora il respiro antico della storia, tra impalcature di restauro e flash fotografici. Al tramonto, la città si solleva. I Roof-Top si riempiono: cocktail, musica, occhi puntati sull'orizzonte. Da una parte, il porto e l'oceano; dall'altra, i grattacieli sfavillanti di luce. Ma poi la festa finisce, si scende in strada e le distanze tornano visibili.
Infine, al centro di tutto, resta lui: il Canale. Iniziato dai francesi, completato dagli americani, restituito al Paese nel 1999, è il cuore geopolitico della nazione. Non solo opera d'ingegneria, ma motore economico di Panama. Un simbolo di indipendenza, di gestione complessa, di ricchezza non sempre distribuita. Alle chiuse di Miraflores, le navi attraversano la città con la lentezza di una processione. Gli spettatori osservano in silenzio, da passerelle rialzate, come davanti a un palcoscenico. Il Canale è uno spettacolo? Non saprei. Non lo si percorre, non lo si attraversa: lo si guarda soltanto. Come si osserva un modello in scala, un ingranaggio perfetto che non prevede coinvolgimento. Certo è che lo sviluppo è dipeso, e continua a dipendere, da lui.
Panama City vive tra spinte e ostacoli. Vuole correre, ma spesso inciampa. Vuole mostrarsi al mondo, ma dimentica chi la abita. È verticale e orizzontale allo stesso tempo. Ricca, ma ancora segnata da disuguaglianze profonde. Eppure resta affascinante. Non per quello che promette, ma per come si manifesta. Non ti accoglie: ti provoca. Non ti rassicura: ti costringe a guardarla in faccia. Una metropoli tropicale che seduce come una bella donna in una notte d'estate, e che al mattino sembra solo un sogno. E proprio per questo, resta nella memoria. Forse non va capita: va solo attraversata. Come fa il suo Canale.
IN & OUT PANAMA CITY
Porta con te
- I Dollari Americani ( si usano quelli come moneta)
- Un Binocolo
- La Disinvoltura
Lascia a casa
- La Voglia di Cappuccino
- IL Maglione pesante
- La Fretta di Ripartire
Valutazione : 3 zaini
Legenda
1 zaino (meglio andarci in vacanza )
2 zaini (merita un viaggio ma..)
3 zaini (vale il viaggio )
4 zaini (viaggio da non perdere )
5 zaini (vale più di un viaggio)