“L’Italia è tra le nazioni che meno investono in sanità”. Ad affermarlo è il nuovo rapporto OCSE sui conti sanitari nei Paesi avanzati, che sottolinea come, il nostro Paese manchi anche di valorizzare i dati a disposizione, escludendosi di fatto, secondo il COINA, dal confronto internazionale e tagliandosi fuori da una politica sanitaria trasparente.
“Altro che politiche sanitarie basate sull’evidenza – denuncia Marco Ceccarelli, segretario nazionale del COINA – qui siamo al paradosso: il rapporto Ocse, l’ennesimo a nostro sfavore, conferma che non solo si spende poco, ma si fa anche in modo che non si veda. Mentre altri Paesi trasformano i dati sanitari in strumenti per pianificare e correggere, noi ci limitiamo ad adempimenti minimi, senza analisi, senza trasparenza, senza visione, senza confronto. È questo il modo corretto di un Paese intelligente e lungimirante per prendersi cura della propria collettività e affrontare le sfide sanitarie che ci attendono, anche alla luce di una popolazione che invecchia sempre di più?”.
Il rapporto OCSE, infatti, spiegherebbe come Francia, Germania o Austria abbiano istituito sistemi stabili, trasparenti, articolati per leggere la spesa sanitaria, anche in chiave territoriale, per età, genere, bisogni specifici; mentre, in Italia non esiste una legge o un’agenzia competente.
Tuttavia, secondo Ceccarelli, un dato ancor più grave sta nella mancanza di contabilità trasparente, che impedirebbe di riconoscere il ruolo chiave degli operatori sanitari, a partire dagli infermieri.
“Gli infermieri italiani – prosegue Ceccarelli – guadagnano in media 32.600 euro lordi annui, il 20% in meno rispetto alla media europea. In Belgio e Lussemburgo si superano i 70 mila. Non è solo ingiusto, è miope: così alimentiamo la fuga di personale, l’abbandono del servizio pubblico e l’emergenza strutturale che già oggi ci travolge”.
Infine, l’Italia risulterebbe ultima tra i Paesi G7 per spesa sanitaria pro capite. Un dato che, secondo il COINA, sarebbe riconducibile a una mancanza di trasparenza.
“Senza sapere dove si spende, come si spende, con che risultati non si può decidere nulla in modo serio. Non è solo un problema tecnico, ma una precisa responsabilità politica. Serve subito un cambio di rotta: strumenti, trasparenza, ascolto dei professionisti - conclude Ceccarelli - Le parole spese a vuoto e le “lamentele” che non portano ad alcuna soluzione sono ahimè l’esempio lampante di politiche sanitarie inefficienti e inconcludenti. Report impietosi come quello dell’OCSE ci raccontano che l’Italia della sanità e delle professioni sanitarie è indietro anni luce e non sembra avere affatto intenzione di uscire dal tunnel”.