Scuola - 18 giugno 2025, 16:07

Inciampare nella memoria per imparare a vedere: le pietre di Asti si raccontano

La classe II D del CPIA di Asti cammina tra storia e diritti umani alla scoperta delle pietre d’inciampo: un’esperienza di dialogo, empatia e consapevolezza

Inciampare nella memoria per imparare a vedere: le pietre di Asti si raccontano

C’è un filo sottile ma fortissimo che ha unito quest’anno scolastico la classe II D del CPIA di Asti con studenti di Novara e Caluso: è il progetto “GOAL HUMANITY: Human Rights through artistic creativity”, sostenuto dal TOLI, l’Istituto Olga Lengyel per gli studi sull’Olocausto e i diritti umani. Un percorso fatto di parole, immagini e passi reali, che ha portato adulti stranieri – oggi studenti, domani cittadini attivi – a riflettere sul significato della dignità, del rispetto, dell’inclusione.

Diritti umani: tra teoria e realtà quotidiana

Dopo aver approfondito la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, la classe ha cercato i segni di quei diritti – e delle loro violazioni – nella propria quotidianità. Così, angoli della città, muri segnati da graffiti, volantini, sguardi e parole raccolte per strada si sono trasformati in fotografie, poi discusse, collegate agli articoli della Dichiarazione e infine esposte nella scuola. Una forma di racconto visivo e personale per tradurre la teoria in esperienza concreta.

Una camminata nel cuore di Asti, inciampando nella storia

Il momento centrale del progetto è arrivato il 4 giugno, con una passeggiata nel centro storico di Asti alla scoperta delle pietre d’inciampo. Quelle targhette dorate incastonate nell’asfalto, opera dell’artista tedesco Gunter Demnig, ricordano le persone deportate durante le dittature nazi-fasciste, nei luoghi dove abitavano. Lì, proprio davanti a quelle case, studenti e insegnanti si sono fermati per leggere nomi, date, storie.

Empatia, consapevolezza, cittadinanza

Le pietre non sono servite solo a ricordare: hanno aperto un dialogo vivo e attuale. Partendo dalla discriminazione antiebraica, la conversazione si è spinta fino a oggi, incrociando le esperienze personali dei partecipanti, molti dei quali portano sulle spalle storie di esclusione, razzismo, pregiudizio.

Con l’aiuto del prof. Francesco Scalfari, della prof.ssa Anna Granata e della dott.ssa Paola Malandrone, si è ragionato su come nasce l’odio, su quella “piramide” che parte dalle parole e può arrivare alla violenza. Si è parlato del linguaggio che ferisce, degli stereotipi che preparano il terreno alla discriminazione, della necessità di riconoscere i segnali prima che sia troppo tardi.

Un inciampo che lascia un segno

Al termine del progetto, nessuno è tornato indietro come prima. Quelle pietre hanno insegnato qualcosa di fondamentale: che la memoria è un esercizio quotidiano di umanità, che serve per costruire il presente e proteggere il futuro. E che mettersi nei panni dell’altro, anche solo per un momento, può cambiare la percezione delle cose.

È in questa consapevolezza che si chiude un anno scolastico, ma si apre una strada. Fatta di piccoli gesti, di ascolto, di responsabilità. E di pietre, sì, ma che non bloccano il cammino: lo rendono più vero.

Redazione

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