Tra le colline astigiane e del basso Piemonte, ci sono luoghi dove la clessidra sembrava essersi inceppata: granelli di sabbia immobili come quei territori, con le loro caratteristiche, le loro attività, i loro abitanti. Piccoli paesi che hanno resistito alla modernità, preservando tradizioni, personaggi, modi di essere. Proprio qui prende vita “La Bohème”, un libro che fa da fotografia a questo mondo e all’arrivo del cambiamento: una rivoluzione quotidiana tra i banchi di un pub di provincia.
Il romanzo, scritto dall'autore canellese Marco Drago, racconta di una birreria che spunta, quasi per caso, tra colline che conoscono solo viti e silenzi. Un locale che cambia tutto, anche se niente sembra cambiare, e dove un insolito "noi" corale dà voce a una generazione che scopre, in quell’unico ritrovo, il gusto acerbo e vertiginoso della modernità.
“Questo pub in mezzo alla campagna, in mezzo alle colline cambia un po' la vita dei ragazzi di quei posti - racconta Marco Drago – È ambientato in un periodo non ben definito, in un periodo pre-internet, pre-computer e in un paese, in una zona geografica completamente sprovvista di luoghi di ritrovo giovanili, paesi sonnolenti, pieni di vecchietti, com’erano una volta”.
Da qui comincia a stravolgersi, pian piano, la vita di tutti, “dei giovani, dei vecchi, del sindaco, dei carabinieri”: la storia di un grande cambiamento, di un’irruzione della modernità in un luogo rimasto uguale a se stesso per decenni.
“I paesi che sorgono sopra Canelli, dagli anni del dopoguerra fino agli anni ’80, sono rimasti pressoché identici. Qualche cambiamento c’è stato, certo, ma al di là di questo la vita è andata avanti sempre uguale. Poi, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, è scoppiata la modernità - afferma Drago, ricordando quel periodo, epoca in cui era ancora un bambino - In quegli anni è arrivata anche la polarizzazione politica tra giovani, con scontri tra ragazzi di estrema sinistra e di estrema destra. Poi, verso il ’76-’77, è arrivata anche l’eroina, un altro grande cambiamento che ha sconvolto tutti, persino nelle campagne. Quegli anni hanno segnato l’irruzione del mondo esterno in luoghi dove il tempo sembrava essersi fermato. La mia è un po’ la volontà di raccontare quel fenomeno, accaduto tanto tempo fa ma che ha lasciato un segno profondo. Io ero piccolo, ma ricordo bene quella rivoluzione nei nostri paesini”.
La Bohème è anche questo in fondo, una rappresentazione della vita dei giovani di quegli anni, di una stagione avventurosa che, a differenza di quella dei loro genitori, avviene in un periodo di cambiamento e scoperta. Ma tra le parole si scova un tratto ironico di questa descrizione bohémien dell’esistenza, lontana dalle atmosfere cittadine, artistiche, anticonformiste, tra eventi lungi dal divenire epocali, ma che, nel loro piccolo, sono stati fondamentali nella storia del territorio. Vicende narrate al plurale, un “noi” che racconta di una comunità che ha saputo parlare, ma soprattutto di giovani "investiti in pieno dalla voglia di cambiamento", di uscita dal microcosmo immobile, anche rappresentato dalla birreria stessa, centro gravitazionale della quotidianità, con i suoi clienti abituali, sognatori capaci di muoversi nel tempo e nello spazio senza alzarsi dallo sgabello del bancone, tutti pronti a dissipare i propri talenti, a vivere le delusioni. E così “La Bohème” diventa il racconto universale di ogni periferia che ha resistito, fino all’ultimo, all’onda lunga della contemporaneità.
Ma cosa resta oggi di quei luoghi? Marco Drago non si nasconde dietro il romanticismo nostalgico. Anzi, denota con lucidità la trasformazione inesorabile di molte realtà collinari in veri e propri “paesi fantasma”. Comunità spopolate, senza più negozi, bar, giovani. Abitate da anziani spesso soli, senza nemmeno la possibilità di fare la spesa o prendere un caffè in compagnia: “Una volta ogni paese aveva la sua identità. Non è un caso che ci siano dei piccoli Comuni e non dei grandi comuni con le frazioni, no?”.
Eppure, qualcosa si muove. Alcuni borghi resistono, reinventandosi, grazie anche alla presenza di nuovi abitanti, turisti stranieri, passanti in cerca di quiete; un altro segno che questi paesi, per quanto svuotati, hanno ancora una voce. E una storia da raccontare.
Per scoprire meglio il mondo raccontato all’interno del romanzo, sabato 28 giugno, ore 9, al Paradise Bar & Pasticceria, ci sarà la possibilità di partecipare a un incontro con l’autore, all’interno degli appuntamenti del “Pavese Festival” di Santo Stefano Belbo.