Il caldo si fa sentire, e Asti – come tante altre città italiane – comincia a fare i conti con le ondate di calore sempre più frequenti e intense. “I cambiamenti climatici non sono più un’allerta astratta, ma una realtà che mette a rischio la salute, soprattutto dei più fragili: anziani, bambini, persone con disabilità, senza fissa dimora”, si legge nell’interpellanza firmata da Mario Malandrone di Ambiente Asti e rivolta al Sindaco, all’Assessore all’Ambiente e al Presidente del Consiglio Comunale.
Che fine hanno fatto i rifugi climatici?
I cosiddetti rifugi climatici – luoghi freschi e accessibili come biblioteche climatizzate, parchi ombreggiati, scuole o centri comunitari – sono già realtà in molte città italiane. Firenze, Bologna, Torino, Napoli hanno pubblicato mappe interattive e liste ufficiali per aiutare i cittadini a trovare riparo nelle giornate più torride.
Il Comune di Asti ha inserito la creazione di questi rifugi nel PAESC (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima), con la specifica Azione A9, che prevede sia l’uso di edifici pubblici che la valorizzazione di aree verdi come “rifugi naturali”. Peccato che, ad oggi, non sia stata pubblicata nessuna mappa o elenco ufficiale, lasciando i cittadini nell’incertezza.
Dieci domande per fare luce
“Abbiamo voluto portare questo tema in Consiglio con un’interpellanza costruttiva, che non vuole attaccare ma sollecitare l’Amministrazione a dare risposte concrete”, spiega Malandrone. Dieci le domande rivolte al Sindaco e alla Giunta: si chiede quanti e quali rifugi siano stati individuati, se ci sia già un piano per segnalarli con cartelli o sul sito comunale, se siano stati previsti fondi o se si intenda partecipare a bandi del PNRR.
Non solo: si domanda anche come il Comune voglia coinvolgere associazioni e volontariato, e quali misure adotterà per garantire che anziani, bambini e persone con disabilità possano davvero fruire in sicurezza di questi spazi.
“Non c’è più tempo da perdere”
“Il PAESC stesso parla di una popolazione urbana particolarmente vulnerabile, anche a causa del suolo molto impermeabilizzato – conclude Malandrone –. Per questo vogliamo sapere tempi certi, risorse e modalità di attuazione. Non c’è più tempo da perdere: il caldo estremo non aspetta le lungaggini della burocrazia.”