Cultura e tempo libero - 17 luglio 2025, 15:40

Attraverso Festival porta a Calamandrana il debutto di “Anime fragili” di Matteo Saudino

Il secondo appuntamento della rassegna si trasforma in un invito alla riflessione collettiva, accompagnata dalla musica di Giua

In foto: Giua e Matteo Saudino a Calamandrana

In foto: Giua e Matteo Saudino a Calamandrana

Ieri sera, nella cornice storica del Borgo antico di Calamandrana, si è tenuto il secondo appuntamento astigiano di Attraverso Festival. Protagonista è stato Matteo Saudino, docente, attivista e youtuber, che ha portato lo spettacolo “Anime fragili”, per la prima volta in scena, tratto dal suo omonimo libro.

Ad accompagnarlo sono state la voce e la musica di Giua, che ha intrecciato suoni e parole, creando legami emotivi tra i temi trattati. Un viaggio profondo tra solitudine, verità smarrite, crisi della politica, ansie generate dalla tecnologia e il misterioso valore del tempo.

“Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso!”

Tra i concetti iniziali, Saudino si lega proprio alla nota espressione di Nietzsche, “Dio è morto”, metafora che ha voluto rappresentare la scomparsa di riferimenti stabili, non solo religiosi, ma ideologici, morali, politici, simbolo di un disorientamento diffuso, un vuoto che lascia spazio a una forte percezione di incertezza.

 “Il dio dell'occidente è morto. È morta la grande filosofia da Platone a Aristotele. È morto il razionalismo. È morta la fiducia cieca nel progresso. Anche le religioni sono sempre più deboli - racconta Saudino - Questa fragilità è figlia più che mai della morte di Dio e a noi oggi sembra sempre che la terra da sotto i piedi tenga meno. E così siamo estremamente figli di quella morte di dio di Nietzsche. Dio è morto e noi nella morte di Dio siamo disorientati, ci manca la bussola. Oggi siamo ricchissimi di input, di byte, di tecnologia, ma siamo fragili. Siamo dei nomadi tecnologici”.

 L’Io che prevale sul Noi, mentre Eros resta a guardare

Centrale il viaggio intrapreso nel descrivere la rottura del senso di comunità, predominante nel passato, ma ora surclassato dall’Io. Una solitudine paragonabile alle “monadi” del filosofo tedesco Leibniz: entità chiuse, indipendenti, che non comunicano tra loro.
Ma questa autosufficienza si rivela un’illusione: “Ci sentiamo soli. Quando siamo in crisi, spesso non sappiamo con chi parlare, non sappiamo a chi affidare i nostri racconti, le nostre paure, le nostre angosce, soli e disperati”, racconta.
Mentre oggi siamo continuamente connessi, collegati tecnicamente, non riusciamo più a stare con gli altri, spiega Saudino, come se avessimo perso quel senso di collettività che il Novecento aveva provato a costruire.
Allora l’Io resta l’unica cosa che conta e il “Noi” si riduce a manifestazioni minori e folkloristiche, come un ricordo lontano, quasi mitizzato.

La scuola: un luogo di solitudine

Uno dei luoghi simbolici di questa crisi contemporanea sarebbe anche la scuola: un tempo spazio di incontro, di curiosità condivisa, di ricerca, emblema dell’Eros greco, sempre alla ricerca di qualcosa, di un incontro capace di tenere insieme anche elementi contrastanti, si sta trasformando in un luogo di solitudine, un’istituzione burocratizzata, incapace di creare legami, uccidendo così quell’erotismo tipico della ricerca della conoscenza, ma anche dell’amicizia.
“La scuola deve essere un luogo di incontro, di relazione - prosegue - La scuola deve sconfiggere la solitudine e provare ad essere un luogo di empatia”.

Gaber cantava “Libertà è partecipazione”

Anche la politica è al centro della riflessione. La partecipazione è in uno stato di decadenza, come dimostra il calo vertiginoso dei votanti alle diverse occasioni elettorali o referendarie. 
Ma è solo apatia? O è la sensazione che, tanto, nulla cambi davvero e che le scelte siano sempre in mano a pochi?
Saudino si rifà all’antica Grecia, dove la politica non era solo una questione di palazzi e potere, ma una dimensione quotidiana, collettiva, esistenziale.
La soluzione, allora, starebbe nell’assunzione di una maggiore responsabilità individuale e nell'investimento nella formazione degli individui, un ruolo cardine che ci riporta alla crisi della scuola.

Quantità e qualità - Chronos e Kairos

Che cosa sia il tempo è stato uno dei quesiti fondamentali dello spettacolo. Anche qui, la sensibilità del mondo greco è giunta in aiuto per descrivere la realtà moderna, dove la tecnologia e il consumo hanno permesso all’uomo una nuova libertà, quella di fare quel che si vuole, usufruire di molteplici dispositivi contemporaneamente, senza la necessità di accordarsi con gli altri, al semplice prezzo di un abbonamento: è il regno di Chronos, il tempo che si misura, che si consuma e che, come Zeus nella “Titanomachia”, dobbiamo avere il coraggio di sconfiggere.

Ritrovare il tempo opportuno, qualitativo, il Kairos deve essere l’obiettivo, perché, secondo Saudino, il tempo non è questione di quantità.

Francesco Rosso

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