Un incontro che è molto più di una collaborazione musicale: è la celebrazione di un’amicizia lunga decenni e di un linguaggio sonoro che in Italia ha fatto scuola. Domenica 27 luglio, al campo sportivo di Piea, all’interno del KaPtura Festival di Monferrato on Stage, andrà in scena l’atteso concerto di “The Originals”: dieci musicisti sul palco, 44 anni di storia degli Africa Unite e oltre 30 dei Bluebeaters, in un unico flusso di ska, rocksteady e reggae che promette di essere indimenticabile.
L’ingresso sarà gratuito e l’inizio è fissato alle 21.30.
In occasione dell’evento abbiamo intervistato Madaski, co-fondatore degli Africa Unite, per capire come nasce e dove vuole arrivare questo progetto che ha già conquistato il pubblico nelle prime date estive.
Come nasce “The Originals”? È più un’idea artistica o un gesto di amicizia?
È nato semplicemente dai rapporti che intercorrono da sempre tra noi e i Bluesbeaters. Calcola che nella formazione attuale dei Bluebeaters ci sono tre ex Africa Unite, e che Bunna – il cantante degli Africa – è stato per molto tempo anche bassista dei Bluebeaters. Ci conosciamo e ci frequentiamo da anni: abbiamo fatto concerti insieme e condiviso tanto. Da qui l’idea: “Perché non uniamo le due band e facciamo un concerto insieme?”. È nato così, senza calcoli, ma con una grande voglia di stare sul palco tutti e dieci, contemporaneamente. Non ci sono momenti separati, non suonano prima i Bluebeaters e poi gli Africa: siamo sempre lì, insieme, in un flusso continuo di musica.
Con due repertori così ricchi, come si costruisce una scaletta? C’è spazio per l’improvvisazione?
Abbiamo optato per una doppia scelta: prima di tutto i brani sono stati selezionati in base alla loro notorietà e alla loro storia; poi c’è un aspetto tecnico, perché molti di noi sono polistrumentisti. Questo significa che durante il concerto ci scambiamo strumenti, ruotiamo tra chitarra, basso, tastiere, batteria… persino due batteristi si alternano per i pezzi più rocksteady dei Bluebeaters. È un concerto molto dinamico: non solo per le orecchie, ma anche per gli occhi. E alla fine si arriva a un viaggio di 32 pezzi, oltre due ore di musica, con blocchi strumentali e cambi di energia continui.
Le radici comuni sono nella cultura giamaicana. Cosa vi unisce e cosa vi differenzia?
Entrambi abbiamo iniziato guardando alla Giamaica: gli Africa Unite dal reggae, i Bluebeaters dallo ska e dal rocksteady degli anni ’50 e ’60. Col tempo, però, ognuno ha trovato una propria via. Noi abbiamo cercato di portare il reggae in italiano, contaminandolo ma restando fedeli al messaggio originale; loro hanno percorso la strada delle cover e poi dei brani inediti, anche in italiano. Sul palco queste differenze diventano una ricchezza: stili diversi che, messi insieme, creano un concerto unico, con tanti cambi di ritmo ma un’identità comune.
Il tour sta andando bene: pensate anche a un disco insieme?
A dirti la verità, non lo so. “The Originals” nasce per essere vissuto dal vivo: la sua forza è proprio l’energia del palco, questo scambio continuo fra dieci musicisti. Un disco a quattro mani non è nei piani, ma nulla esclude che in futuro possano nascere singoli o collaborazioni mirate. Per ora navighiamo a vista: facciamo questo tour, poi l’anno prossimo vedremo. Di certo è un progetto che può tornare nei festival e diventare un appuntamento speciale.
Domenica sera, sotto il cielo del Monferrato, quell’appuntamento speciale prenderà vita. E sarà l’occasione per vedere due storie della musica italiana fondersi in un’unica vibrazione: quella di una festa che sa di amicizia, passione e radici condivise.