Attualità - 20 agosto 2025, 07:05

Viticoltura piemontese in crisi, gli agricoltori lanciano l’allarme

Lo denuncia Agricoltori Italiani: "Situazione insostenibile: servono ristori e interventi strutturali immediati"

Lo sciopero dei trattori del febbraio 2024 (Merphefoto)

Lo sciopero dei trattori del febbraio 2024 (Merphefoto)

Il settore vitivinicolo piemontese vive una delle fasi più difficili della sua storia recente. A denunciarlo sono gli Agricoltori Autonomi Italiani, che in una nota diffusa il 18 agosto parlano apertamente di “livello di non ritorno”, con il rischio concreto della chiusura di numerose aziende storiche e la perdita di un patrimonio non solo economico, ma anche sociale e culturale.

Consumi in calo e cantine piene

Il nodo principale è rappresentato dal drastico calo dei consumi, che ha coinvolto importanti denominazioni, tra cui l’Asti DOCG, e si è riflesso a catena anche sui vini da tavola. A fronte di una domanda in contrazione, l’industria e i consorzi registrano oggi livelli allarmanti di stoccaggi invenduti, tanto da chiedere misure straordinarie come la distillazione di emergenza.

Una richiesta che appare contraddittoria agli stessi agricoltori, se si pensa che negli anni scorsi proprio i consorzi avevano spinto per l’aumento delle superfici vitate, come nel recente ampliamento della zona dell’Asti, per compensare cali di resa dovuti a clima, fitopatie e danni da fauna selvatica. “Avevamo già espresso forti perplessità su quelle scelte, ma non siamo stati ascoltati” sottolineano i viticoltori.

Viticoltori in trincea tra costi e prezzi insostenibili

Il risultato è che oggi il viticoltore si trova in una condizione di fragilità estrema: i costi di gestione aumentano, i prezzi delle uve rischiano di non coprire le spese e incombe la minaccia del mancato ritiro del prodotto.

Alcuni consorzi hanno reagito abbassando le rese nei disciplinari, una misura necessaria ma che ha comportato la perdita della rivendicazione DOCG per parte delle uve. Parallelamente, altri attori della filiera spingono per ribassi di prezzo, una manovra che gli Agricoltori Autonomi definiscono “speculazione pura”, soprattutto dopo anni segnati da siccità e spese altissime.

Aziende storiche a rischio chiusura

Dietro ai numeri ci sono le storie di famiglie e aziende che da generazioni lavorano le colline piemontesi. Sempre più spesso, i titolari sono costretti a ricorrere a lavori extra-agricoli per integrare il reddito. Un fenomeno che, oltre a mettere in pericolo il ricambio generazionale, porta con sé la perdita di competenze, tradizioni e di quel presidio sul territorio che è garanzia di paesaggio e turismo.

Le richieste al Piemonte e al Governo

Gli agricoltori chiedono un intervento strutturale e di lungo respiro, ma anche misure immediate per garantire liquidità alle aziende. Le proposte messe sul tavolo sono chiare:

  • sospensione dei pagamenti verso la pubblica amministrazione, a partire dai contributi previdenziali;
  • riduzione degli stoccaggi tramite distillazione;
  • ristori economici per le aziende più colpite.

Accanto a queste misure urgenti, gli Agricoltori Autonomi sollecitano più promozione delle DOCG da parte dell’industria e una semplificazione delle procedure per l’impiego di manodopera occasionale.

La richiesta più pressante è però rivolta alla Regione Piemonte, chiamata ad aprire un tavolo permanente con tutte le associazioni agricole, grandi e piccole, per affrontare insieme un’emergenza che rischia di mettere in ginocchio un intero comparto e, con esso, l’identità stessa delle colline piemontesi.

Redazione

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