Attualità - 25 settembre 2025, 12:24

Area ex Ospedale, la controproposta di “Uniti si può”: "rigenerazione senza grattacielo"

Briccarello e Bosia: “Un campus universitario tra verde, piazze e sport, parcheggi interrati e valorizzazione del convento storico: no al modello Milano e al residenziale di lusso”

Area ex Ospedale, la controproposta di “Uniti si può”: "rigenerazione senza grattacielo"

Nel dibattito riacceso dall’ipotesi del grattacielo “grappolo” sull’area dell’ex Ospedale, la minoranza di “Uniti si può” rompe gli indugi e mette sul tavolo un progetto alternativo, con una premessa che suona come un giudizio politico e urbanistico insieme: l’idea del tower “ha il pregio di scuotere la città”, ma finisce per sancire l’abbattimento della parte nuova del complesso senza chiarire il destino dell’ex convento settecentesco, sotto tutela, né la sostenibilità d’uso e di gestione di 14 piani di nuova volumetria. In controluce, la critica al “modello Milano” e alla residenzialità di pregio calata in un mercato locale saturo, che rischia di impoverire il tessuto esistente e di non rispondere alla domanda abitativa delle fasce non abbienti.

Venti anni di degrado e un bivio


I consiglieri ricordano la lunga parabola dell’immobile: dall’ultima entrata in funzione del nosocomio nel 2005 ai bandi per la vendita andati deserti, dal progressivo degrado al saccheggio dei materiali, fino ai costi vivi di una manutenzione minima e inadeguata a carico dell’Asl. È su questo crinale che l’ipotesi del “grappolo” segna lo spartiacque, chiudendo la stagione delle illusioni sul recupero della palazzina anni Sessanta prospiciente viale alla Vittoria, via Botallo e via Prandone, ma aprendo interrogativi pesanti sulla qualità urbana, l’impatto paesaggistico (60-70 metri in pieno contesto storico), il mix funzionale e il piano economico.

No al “residenziale” come rigenerazione


La posizione è netta: nessuna rigenerazione può ridursi a rilanciare residenze in quota, magari dal settimo al quattordicesimo piano, per “levare qualche sfizio” a chi può permetterselo. La città, sostengono, non ha bisogno di nuova offerta immobiliare di lusso: tra alloggi sfitti e domanda debole, l’effetto sarebbe spiazzante per i quartieri e sterile sul piano sociale. Qui l’affondo: la rigenerazione non è skyline, è funzione pubblica, accessibilità, coesione. E soprattutto è un progetto che tiene insieme storia, mobilità, servizi, studio, lavoro.

Il piano alternativo: un campus nel cuore


La proposta entra nel merito. Primo, recuperare e rifunzionalizzare il convento settecentesco come presidio universitario: aule studio, foresteria, centro convegni, spazi per la vita accademica. Secondo, riscrivere il quadrilatero tra viale alla Vittoria, via Botallo e via Prandone come un sistema integrato di piazza, area verde attrezzata e servizi sportivi di prossimità, cucendo via Ospedale a piazza Alfieri e valorizzando i portici Pogliani, oggi “di serie B”. Terzo, liberare e rilanciare la piazzetta di Santa Maria Nuova, togliendo la sosta in superficie per restituirla a pedoni e attività. Quarto, spostare in sotterranea la sosta: un parcheggio interrato sotto la nuova piazza e uno analogo su piazza De André (polo Università), liberando le superfici e costruendo, di fatto, un vero “campus urbano” astigiano.

Nessun miracolo solitario: gli estensori rivendicano il ruolo di “innesco” politico e chiamano a raccolta un partenariato istituzionale e civico. 

Regione, Consiglio comunale, Università, Fondazione e Banca di Asti, Unione Industriale–ANCE e Ordini professionali sono gli attori indicati per un tavolo di lavoro che trasformi l’idea in fattibilità tecnica ed economico-finanziaria, con progettazioni preliminari e una road map di attuazione per fasi. Tradotto: servono regole chiare sugli strumenti urbanistici, una definizione della proprietà e del perimetro d’intervento, stime trasparenti su costi e ricavi, e una valutazione seria dell’impatto ambientale e paesaggistico.

Redazione


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