Attualità - 25 settembre 2025, 10:00

Asti adotta lo “Scudo Blu”: al via la tutela rafforzata dei beni culturali in caso di conflitto armato

La Giunta Rasero approva all’unanimità l’installazione del contrassegno della Convenzione dell’Aja 1954 su chiese e palazzi della Diocesi, in un contesto europeo attraversato da allarmi e esercitazioni ai confini della Nato

Asti adotta lo “Scudo Blu”: al via la tutela rafforzata dei beni culturali in caso di conflitto armato

In un’Europa che fa i conti con scenari inquietanti, tra simulazioni di “100 ore” per travolgere le prime linee difensive e trincee anticarro ai confini baltici, Asti sceglie di blindare la propria memoria con lo “Scudo Blu”, il simbolo internazionale che identifica i beni culturali da proteggere in caso di guerra secondo la Convenzione dell’Aja del 1954, con una delibera votata all’unanimità dalla Giunta il 23 settembre.

 È una decisione che risuona nel clima di apprensione che attraversa il continente, tra esercitazioni congiunte, cyberattacchi e incidenti ai margini dell’Alleanza, e che qui diventa politica pubblica di prevenzione: segnalare, proteggere, educare alla consapevolezza civica partendo da chiese, musei e palazzi che definiscono l’identità della città.

Cosa cambia


La delibera autorizza l’apposizione del contrassegno “Scudo Blu semplice”, previsto dagli articoli 16 e 17.2 della Convenzione, sui siti indicati dalla Diocesi con nota protocollata il 9 settembre, corredata dal parere del Comitato CRI di Asti, per rendere riconoscibili in tempo di pace i luoghi da preservare in caso di conflitto armato. In concreto, quei luoghi entreranno in una mappa di tutela internazionale che facilita interventi, coordinamento e informazione alla cittadinanza nel caso in cui l’onda lunga delle tensioni globali dovesse toccare anche il Nord Ovest italiano.

 I luoghi sotto lo scudo


L’elenco comprende la Cattedrale di Santa Maria Assunta, il Museo Diocesano San Giovanni con l’area archeologica di via Natta, la chiesa di San Secondo e Santa Maria Nuova, oltre a San Paolo, San Martino, Santa Caterina e la chiesa campestre di Nostra Signora di Viatosto. A questi si aggiungono la parrocchia di San Pietro con la canonica, il Palazzo del Seminario e il Palazzo del Vescovado, un “perimetro” di pietra e memoria che scandisce le piazze, i corsi e le frazioni.

La cornice giuridica


La Convenzione dell’Aja, adottata sotto l’egida UNESCO e ratificata dall’Italia nel 1958, obbliga gli Stati a predisporre in tempo di pace misure di protezione, tra cui la segnalazione con lo scudo blu-bianco, definito geometricamente all’articolo 16 come scudo appuntito in basso, inquartato in croce di Sant’Andrea. La Giunta richiama gli articoli 3, 6, 16 e 17.2, e inquadra i siti anche nell’articolo 10 del Codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004), rafforzando così la base normativa dell’operazione.
Il percorso nasce dall’Accordo di cooperazione tra Croce Rossa Italiana e ANCI, che ha coinvolto la Diocesi di Asti in una campagna per la protezione dei beni culturali, con il coordinamento della Soprintendenza e il ruolo operativo del Comune. La delibera demanda al dirigente proponente la trasmissione degli atti a Diocesi e CRI e l’attivazione del nulla osta alla Soprintendenza, seguendo uno schema rodato a livello nazionale.

Un gesto nel tempo della paura


Nel momento in cui analisti e media evocano la possibilità di escalation rapide, dai Baltici al corridoio di Suwalki, l’adozione dello “Scudo Blu” ha il sapore di una scelta concreta di resilienza urbana e culturale, che parla ai cittadini con il linguaggio di un simbolo semplice e universale. È come dire: “la storia si difende adesso”, prima che sia troppo tardi, mentre l’Europa si interroga su prontezza, deterrenza e vulnerabilità.

Alessandro Franco

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