Ogni anno nel mondo 1,7 miliardi di tonnellate di cibo vengono buttate, e di queste oltre un miliardo finiscono direttamente nella spazzatura domestica. Un dato che non può essere ignorato, né dal punto di vista economico ed ambientale, né da quello etico, se si considera che la quantità di alimenti sprecata sarebbe sufficiente a sfamare 1,26 miliardi di persone.
A denunciarlo è la Coldiretti, sulla base delle elaborazioni del Centro Studi Divulga, in occasione della Giornata internazionale della consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari, celebrata il 29 settembre.
Dall’analisi emerge che frutta e verdura rappresentano oltre la metà degli sprechi, mentre i cereali – l’alimento più consumato al mondo – coprono il 23% del totale. Carne e latticini, pur rappresentando solo l’8% in volume, arrivano a incidere per circa un terzo del valore complessivo del cibo sprecato. Senza un cambio di passo, il futuro rischia di essere ancora più drammatico: entro il 2033 potrebbero aggiungersi altri 230 milioni di tonnellate di alimenti sprecati.
“L’obiettivo deve essere quello di rafforzare una rete globale capace di promuovere sviluppo sostenibile sotto il profilo economico, ambientale e sociale – sottolineano Cristina Brizzolari, presidente di Coldiretti Piemonte, e Bruno Rivarossa, delegato confederale – valorizzando la filiera corta, sostenendo l’agricoltura familiare e incentivando il consumo di cibo locale”.
Un modello che trova concreta applicazione nei mercati di Campagna Amica, la più grande rete europea di vendita diretta, che solo in Piemonte può contare su 800 aziende agricole, 300 agriturismi, 250 fattorie didattiche, 100 mercati, 3 mercati coperti, oltre a 30 cuochi contadini, 25 maestri dell’ospitalità rurale, più di 40 prodotti tutelati da “sigilli” e 600 esperienze di agricoltura sociale.
La Coldiretti ricorda come i cibi venduti nei mercati contadini siano più freschi e duraturi, perché non soggetti a lunghi trasporti, e permettano anche di ridurre l’impatto ambientale legato alle emissioni da trasporto.
Lo spreco alimentare, concludono Brizzolari e Rivarossa, non è quindi solo un problema di abitudini di consumo, ma riguarda anche un modello distributivo squilibrato e il progressivo declino dei sistemi locali basati sull’agricoltura familiare, che oggi hanno più che mai bisogno di essere sostenuti e rilanciati.