Manca circa un mese al 10 dicembre. Cosa accadrà in quella data?
A Nuova Delhi, in India, si riunirà il Gotha dell’Unesco per valutare le candidature per diventare Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
Fra queste c’è l’intero ecosistema della Cucina Italiana, nella sua complessità e nella sua ricchezza culturale. Una candidatura che arriva dopo il riconoscimento Unesco di tradizioni gastronomiche di altri Paesi: dalla gastronomia messicana, allo street food di Singapore, dal pasto alla francese, alla dieta giapponese Washoku.
Come può non essere premiata la cucina italiana? Come è possibile che i nostri piatti, amati in tutto il mondo, non siano riconosciuti Patrimonio dell’ Umanità?
Eppure, il risultato non è così scontato.
Prendiamo in esame i dati solo del nostro Piemonte.
5.168 imprese di ristorazione attive a Torino e provincia e oltre 9.800 sul territorio regionale, sono portatrici di identità, memoria e passione e sviluppano un valore aggiunto per il turismo di quasi 137 milioni di euro. Questo prezioso tessuto imprenditoriale ben rappresenta i valori che l’UNESCO individua come criteri fondamentali per il riconoscimento: trasmissione tra generazioni, creatività condivisa, legame col territorio, rispetto delle diversità culturali, sostenibilità. E in questa corsa la cucina piemontese ha tanto da offrire: una varietà straordinaria di formaggi, di vini, di antipasti, di primi piatti, di carni, di dolci, di saperi antichi.
Dal Piemonte all’UNESCO, la cucina italiana si racconta nei piatti, nelle cucine, nei locali della ristorazione, ma anche nei gesti tramandati nelle generazioni che la custodiscono e la rinnovano. Un patrimonio vivo, che si assapora, si condivide e si tramanda.
Dalle nostre terre deve arrivare forte una convinzione: “Io amo la cucina italiana”. Dobbiamo dirlo, ripeterlo, crederci, propagandarlo per fare arrivare questo nostro grido fino a Nuova Delhi, perché ci sia dato il giusto riconoscimento. Con tutto il rispetto per le cucine messicane, giapponesi, francesi di Singapore… Ma volete mettere i nostri piatti? Non dovrebbe esserci partita.
Incrociamo le dita.





