Voce al diritto - 15 novembre 2025, 07:45

RSA e Alzheimer: la Cassazione conferma, le spese spettano al Servizio Sanitario Nazionale

RSA e Alzheimer: la Cassazione conferma, le spese spettano al Servizio Sanitario Nazionale

“Mia madre è attualmente ricoverata presso una RSA poiché affetta da Alzheimer. Alcuni giorni fa, mentre parlavo con un mio conoscente il cui genitore soffre della stessa patologia, mi è stato riferito che in questo caso la retta della struttura dovrebbe essere pagata dal Servizio Sanitario Nazionale. Mi sa dire se ciò che mi è stato riportato è corretto? È la prima volta che ne sento parlare”

Gentile lettore,

posso innanzitutto dirle che quanto le è stato detto è corretto, anche se è necessario fin da subito evidenziare che vi sono dei limiti, determinati, soprattutto, dallo stato di salute e dalla patologia di cui è afflitto chi si trova in una residenza sanitaria.

La giurisprudenza ha chiarito, in molteplici occasioni, che le prestazioni socio-assistenziali a favore dei pazienti affetti dal morbo di Alzheimer, situazione in cui si trova sua madre, gravano sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in quanto sono inscindibilmente connesse alle prestazioni sanitarie.

In casi come quello da lei cennato, infatti, non è possibile separare le attività di natura puramente medica, di competenza del SSN, da quelle di carattere alberghiero o assistenziale, tipiche, invece, delle RSA e, dunque, normalmente soggette a integrazione economica da parte del privato.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13714 del 18 maggio 2023, lo ha stabilito sulla base della “loro stretta correlazione, con netta prevalenza delle prime sulle seconde, in quanto comunque dirette alla tutela della salute”.

Per la Suprema Corte, ai fini della ripartizione della spesa, l’elemento determinante è da individuare in un “trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione assistenziale”. Il criterio alla base dell’accertamento di tale discrimine è relativo alle condizioni del malato e non alle caratteristiche della struttura nella quale il malato è ricoverato.

È quindi irrilevante che fosse stato concordato o quanto meno previsto, per quello specifico paziente, un determinato piano terapeutico e non rileva nemmeno la sua corretta attuazione in conformità agli impegni e obblighi assunti con il malato e con i suoi familiari o parenti. Ciò che è importante, infatti, è la predetta inscindibilità del trattamento sanitario con quello assistenziale, volti a rallentare l’evoluzione della patologia e a limitare eventuali condotte dannose, tipiche degli stadi più avanzati del morbo di Alzheimer, per il soggetto ricoverato.

Come si può constatare da quanto cennato sinora, pertanto, sarà il Servizio Sanitario Nazionale a dover sostenere i costi di ricovero in RSA, a seconda, tuttavia, della tipologia di malattia da cui è afflitto il paziente; solo quelle in cui vi è un legame indivisibile tra aspetto sanitario e quello assistenziale, infatti, comporteranno un onere patrimoniale in capo allo Stato.

Alla stessa conclusione è giunta, più recentemente, anche la giurisprudenza di merito. La Corte di Appello di Milano, con la sentenza n. 1644/2025, ha affermato che negare questa strettissima relazione sarebbe in contrasto con l’articolo 30 della legge n. 730/1983, la quale pone a carico del SSN: “gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali” e con l’articolo 3, comma 3 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) del 14 febbraio 2001 (denominato “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie) che dispone la gratuità delle “prestazioni sociali a rilevanza sanitaria”.

Nello specifico, la Corte ha dichiarato nullo un contratto di assistenza per contrarietà a norme imperative in base a due pronunce della Suprema Corte, le sentenze nn. 4558/2012 e 2276/2016. Esse affermano, rispettivamente, che “l’attività prestata in favore di soggetto gravemente affetto da morbo di Alzheimer ricoverato in istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria, non essendo possibile determinare le quote di natura sanitaria e detrarle da quelle di natura assistenziale, stante la loro stretta correlazione, con netta prevalenza delle prime sulle seconde, in quanto comunque dirette alla tutela della salute del cittadino” e che “rientrano nelle prestazioni socio-assistenziali di rilievo sanitario i trattamenti farmacologici somministrati con continuità a soggetti con grave psicopatologia cronica ospitati presso strutture che siano dotate di strumentazione e personale specializzato idonei ad effettuare terapie riabilitative”.

Sulla base della giurisprudenza esaminata, pertanto, si può affermare che quanto le è stato riferito è corretto nella sua specifica situazione, essendo la sua mamma affetta da Alzheimer.

Avv. Filippo Testa


Voce al diritto a cura dell'Avv. Filippo Testa
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