Canelli - 02 dicembre 2025, 18:54

“Grape Maestro” e Canelli in sala a Torino [Intervista]

Il cortometraggio nato da una ricerca sul territorio e dalle storie della comunità, anteprima del lungometraggio “The Purple River”

La prima del cortometraggio a Torino

La prima del cortometraggio a Torino

Danza, musica, un territorio durante la vendemmia e il racconto di un progetto nato qualche anno fa. Così, durante l’ultima edizione del Torino Film Industry, Canelli è stata protagonista in sala, attraverso la storia raccontata nel cortometraggio “Grape Maestro”, frutto di una ricerca che ha coinvolto la comunità cittadina.

(In foto: un frame del cortometraggio)

Il territorio e le sue storie intrecciate

Il progetto nasce per caso, quando Alla Kovgan, regista con una carriera focalizzata su un dialogo tra movimento e cinema, arriva dagli Stati Uniti al Terre da Film Festival, chiamata per una collaborazione. Tuttavia, si crea un vero e proprio lavoro d’indagine, alla scoperta di un paese sorprendentemente complesso, abitato da comunità diverse – dalla storica presenza macedone ai nuovi arrivi dall’Africa, dal Pakistan e dal Bangladesh – che condividono il lavoro quotidiano ma raramente si incontrano davvero.

Da questa premessa si forma il progetto “The Purple River”, un lungometraggio che intreccia sette storie diverse del territorio, conosciute e scritte attraverso interviste, racconti, testimonianze di persone che qui vivono e hanno vissuto. Qualcosa che sia capace di radicarsi nel territorio, attraverso laboratori di danza, residenze artistiche, attività comunitarie e persino cene condivise.

Infatti, secondo la visione che regge l’idea di questo lavoro, la danza, insieme alla musica e al cibo, diventa il linguaggio attraverso cui provare a colmare distanze e costruire legami, mentre, sullo sfondo, il Belbo tinto di viola, a causa degli scarichi delle cantine, introduce nel film un ulteriore livello: quello ecologico.

Proprio da questa ricerca è nato il cortometraggio “Grape Maestro”, un’opera più breve, anteprima e banco di prova del film principale.

La storia è ambientata durante la vendemmia, quando le riprese di uno spot pubblicitario per il nuovo vino della cantina Crosta fanno emergere tensioni tra culture e generazioni diverse. È solo quando entrano in scena la danza, la musica e l’imprevedibile presenza di un Arlecchino contemporaneo che il conflitto si ribalta e prende una direzione inattesa.

“Negli ultimi anni sono accaduti molti cambiamenti e anche il festival si è trasformato. Il progetto ha trovato casa in quel villaggio perché lì sono nate diverse attività collegate al film e al suo nucleo artistico: corsi di danza, laboratori di danza africana per la comunità, e una serie di eventi creati dal festival in relazione a tutto questo - ha raccontato la regista dopo la proiezione - Credo profondamente che l’incontro tra danza e film possa unire le persone, proprio come riescono a farlo la musica, lo sport e il cibo. E penso che sia fondamentale partire dai bambini, perché non portano pregiudizi e, attraverso l’interazione reciproca, riescono a superare i confini imposti dalla società”.

Il film principale, “The Purple River”, nasceva infatti da questa idea: “persone provenienti da diverse parti del mondo che imparano a convivere mentre affrontano lo stesso cambiamento ecologico, riconoscendo la propria responsabilità verso il fiume viola e ciò che simboleggia”.

Il legame con il Terre da Film Festival: intervista ad Alberto Danelli e Piera Leonetti, co-sceneggiatori dell’opera

Come è stato coinvolto il territorio, sia per il lungometraggio sia per il corto. Siete andati a parlare con le persone per strada?

[Danelli] L'idea iniziale era quella degli arlecchini. Poi tutta la storia, tutto lo svolgimento e anche il contesto sono stati costruiti facendo interviste alle persone. Quindi sono andato in giro cercando di coprire tutta la fascia sociale. Poi, pian piano, abbiamo scritto una storia, raccolto delle storie che abbiamo riadattato all'interno della finzione e nella creazione di personaggi inventati. Però tutti i personaggi arrivano da persone realmente esistenti o da eventi reali o da luoghi.

Quanto è durata questa fase di ricerca?

[Leonetti] Io ho iniziato il progetto praticamente da zero insieme a Alla Kovgan e ad Alberto Danelli, che è il mio collega di Terre da Film Festival, nonché co-sceneggiatore di questo film. La ricerca non è stata continua, perché Alla vive negli Stati Uniti. Alberto, in parallelo, conduceva le sue ricerche e faceva interviste, avendo contatti e collegamenti a Canelli.

Quindi questa esplorazione ha portato alla sceneggiatura e poi al cortometraggio?

[Leonetti] Sì, abbiamo scritto la sceneggiatura di questo film e, chiaramente, un film deve essere finanziato e realizzato. L’idea, quindi, era partire da un estratto della sceneggiatura per creare una sorta di proof of concept: un cortometraggio che possa essere proposto a produttori eventualmente interessati a realizzare l’intero film. La proiezione a Torino è stata la prima, anzi l'anteprima di questo cortometraggio. Abbiamo voluto costruire un senso compiuto al cortometraggio per potergli dare anche una sua autonomia nei festival; però di fatto sono soltanto una o due scene della sceneggiatura intera, un primissimo step per poter iniziare a farlo girare e quindi ad avere anche contatti nell'ambito delle case di produzione.

Come avete poi messo in scena la storia e coinvolto la comunità nelle riprese?

[Danelli] Alcuni personaggi sono stati interpretati da attori o comunque adattati, diventando così finzione. Altri, come gli alpini e la maestra Lanero, sono rimasti se stessi; con loro abbiamo iniziato a dialogare fino a organizzare le riprese. Per quanto riguarda il coinvolgimento della comunità a Canelli, dove arrivano persone da tutta la provincia, abbiamo organizzato un workshop di danza afro della durata di un anno e mezzo. Due volte al mese uno degli attori teneva le lezioni come insegnante del laboratorio. Vi partecipava una decina di persone, che poi sono diventati comparse durante le riprese, danzando nelle scene.

Oltre alle persone, in quali altri modi il territorio è stato coinvolto?

[Danelli] Un altro modo in cui è stata coinvolta la comunità sono le location e gli strumenti. Quindi ad esempio la vigna a Calosso. È stato utile che la mia famiglia fosse di Canelli. Durante le esplorazioni iniziali abbiamo conosciuto anche un signore con un giardino pieno di oggetti catalogati; lì abbiamo girato la scena iniziale della gru e anche il trattore con il pianoforte era suo.

Per quanto riguarda Terre da Film, ci sarà un coinvolgimento della città o altre attività legate al corto o al film?

[Leonetti] Con il festival, prima ancora del film, da sempre abbiamo cercato di coinvolgere la comunità in vari modi: il nostro intento è quello di continuare, che sia con il corso di danza africane o con altri laboratori. Con il film abbiamo fatto un lavoro importante con la comunità, anche difficile e vorremmo continuare.

[Danelli] Cercheremo sempre di dare valore, anche sulla presenza di diversi linguaggi, oltre al cinema, linguaggi artistici, quindi sarebbe bello, ad esempio, coinvolgere gli alpini in un'esibizione live, provare un po' a portare anche la comunità all'interno e organizzare una performance, magari col gruppo di danzatori.

Francesco Rosso

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