L'Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone non è proprio la cosiddetta “ultima ruota del carro”, anzi lo si può definire come la più alta Autorità militare del mondo occidentale, anche perché, essendo il Presidente del Comitato Militare della NATO, è il Referente più alto in grado in uniforme della più potente Alleanza politico-Militare del pianeta.
Pertanto, quando parla una figura del genere, almeno teoricamente, ogni singolo concetto che esprime lo si può definire come una sorta di Vangelo per tutti i soldati della NATO, ma anche come un riferimento di natura militare per tutti i Governanti dei Paesi membri, i loro diplomatici ed i loro Capi della Difesa, che ne sono gli elettori.
Tuttavia, nonostante abbia questa grande valenza, come in ogni ordine democratico, in quanto militare è comunque sottoposto alla volontà politica che, nell'ambito dell'Alleanza, al massimo livello, è rappresentata dal Consiglio Atlantico, l'organo politico supremo che si può riunire a vari livelli, di cui il più alto è quello dei Capi di Governo, che ha potere sulle decisioni più importanti, compreso l'indirizzo strategico dell'Alleanza, nell'ambito del quale vengono definite le linee militari da adottare.
Ergo, è assolutamente lecito pensare che le ultime dichiarazioni di Cavo Dragone rilasciate al Financial Times, che tanto scalpore hanno suscitato in ambito nazionale e che hanno sollecitato la dura reazione russa, non siano frutto estemporaneo del suo pensiero, ma si debbano inquadrare in una volontà politica che le giustifica e supporta.
L'Ammiraglio italiano ha parlato usando parole attente e misurate, come è suo costume e come si deve per l'incarico che riveste, che sembrano avere una natura prettamente tecnica, in quanto si riferiscono ad un preciso ambito come la guerra ibrida, che solo apparentemente riguarda il settore militare. Infatti, tra i target che tale nuova tipologia di minaccia predilige, ci sono proprio assetti e funzioni civili, come l'economia, le comunicazioni, le strutture finanziarie ed i servizi, perché vitali nella potenzialità di una Nazione o di una Alleanza.
Tuttavia, la riflessione principale riguarda l'inversione di approccio che Cavo Dragone ha prospettato, affermando che, in un'ottica di quella difesa che deve sempre contraddistinguere la NATO, che è fondamentalmente un'Alleanza difensiva, si debba prendere in considerazione la possibilità di poter condurre attacchi preventivi. In poche e sostanziali parole, l'alto Ufficiale ha inteso dire che, in caso di una veritiera conoscenza di precisi intendimenti di essere attaccati, gli Alleati possano precedere questa azione, intervenendo per primi.
Questa interpretazione della difesa, in termini strettamente militari, non è assolutamente una novità, perché rientra nella dottrina operativa di qualsiasi Forza Armata, ma se la si traspone in ambito politico assume tutto un altro significato e, soprattutto, ha una valenza talmente grande da essere in grado di modificare sostanzialmente l'evoluzione di una situazione strategica. Tanto è vero che l'intervista di Cavo Dragone ha innescato l'immediata e durissima reazione di Mosca la quale, a parte le affermazioni di rito sulla irresponsabilità dell'Ammiraglio ad aver detto cose del genere in un momento cruciale delle trattative di pace, ha poi affondato durissimamente il colpo dichiarando, per bocca dello stesso Putin, “Se l'Europa vuole la guerra noi siamo pronti subito”.
A tali parole, manco a dirlo la propaganda occidentale ha immediatamente gridato scandalizzata “Putin minaccia l'Europa”, ma se si vuole, come si dovrebbe, rimanere con i piedi ben ancorati a terra, le valutazioni da fare sono ben altre.
L'inopportunità del momento delle “dichiarazioni dragoniane” è stata evidenziata anche dalla stessa premier Meloni, la quale ha dichiarato “Io penso che siamo in una fase in cui bisogna misurare bene le parole e bisogna evitare tutto ciò che può generare confusione, può spaventare e far surriscaldare gli animi”. Concetti espressi in maniera molto soft e senza riferimenti diretti, ma che se pronunciati da un Capo di governo verso un'altissima figura militare, assumono il peso specifico del piombo che, probabilmente, non è stato usato per impallinare l'Ammiraglio sia per motivazioni interne nazionali, visto che la sua nomina alla carica NATO è stata proposta proprio da questo esecutivo sia per motivazioni di politica internazionale.
Un suo “siluramento” avrebbe dato ulteriore fiato alle trombe propagandistiche russe, in un momento in cui Putin sta godendo di una posizione di forza, perché le operazioni sul campo procedono lentamente, ma vittoriosamente, ha ormai persuaso Trump che l'unica via per la pace in Ucraina è quella più o meno delineata nei 28 punti della prima bozza dell'accordo di pace e guarda all'Europa come l'ultimo ostacolo per il conseguimento di buona parte dei suoi obiettivi, perlomeno quelli territoriali.
Peraltro, in merito a questa particolare vicenda si possono individuare almeno tre aspetti abbastanza strani che, sostanzialmente, non collidono con le normali aspettative per una situazione del genere.
Per quanto riguarda la reazione di Mosca, repentina e quasi rabbiosa, è infatti singolare che si sia rivolta esclusivamente al Vecchio Continente, nonostante le dichiarazioni siano state di un Comandante della NATO, come se i Russi abbiano ritenuto che Cavo Dragone abbia parlato solo a nome dei Membri europei e non di tutta l'Alleanza.
La seconda stranezza é identificabile nel fatto che, da parte americana, non si sia registrata alcuna reazione o, quanto meno alcun commento, nonostante sia plausibile pensare che dichiarazioni di tale portata, nell'ambito della Coalizione in cui sono egemoni, possano costituire un grosso problema per le trattative di pace, in corso tra Putin e Trump.
In ultimo, la terminologia utilizzata da Cavo Dragone in merito all'approccio “proattivo” che dovrebbe assumere la NATO, è ricorsa nell'ambito della prima edizione del “Defence Summit”, tenutosi a Roma il 4 dicembre scorso, un incontro ad altissimo livello nazionale del settore Difesa, cui hanno partecipato i massimi vertici politici, militari e dell'industria. E in tale ambito, relativamente alla minaccia ibrida, la Sottosegretaria di Stato alla Difesa Isabella Rauti ha testualmente dichiarato “Dobbiamo essere capaci di rispondere in modo proattivo con una risposta integrata”. Potrebbe trattarsi di una coincidenza, tuttavia è giusto considerare che, a tali livelli, nei discorsi ufficiali, soprattutto nel settore della Difesa, che rimane ancora un ambito con regole monastiche (e Cavo Dragone è uno dei massimi Priori), l'improvvisazione non è una prassi molto seguita, soprattutto dai politici che, nella loro tuttologia, parlano di qualsiasi cosa, ma spesso conoscono poco l'argomento trattato. Pertanto, sia per questo motivo sia per tutelare l'uniformità della policy governativa, vengono definite le cosiddette “norme di linguaggio”, vincoli concettuali delle esternazioni pubbliche di ogni natura. E a questo punto vale la pena chiedersi se questa “proattività”, che ha scatenato le reazioni russe, faccia proprio parte di una “nota di linguaggio” e, in caso affermativo, da chi sia stata definita e, soprattutto, approvata.





