Questa mattina all'alba si è spento Luigi Garrone, che con i suoi 101 anni compiuti lo scorso novembre era il giornalista più longevo del Piemonte. La scomparsa di Luigi, che pur non svolgendo più attivamente la professione da qualche tempo era rimasto in contatto con molti colleghi, lascia un vuoto incolmabile nel mondo dell'informazione oltre che nel cuore e nella mente dei tanti "gatti arrostiti" (soprannome che, con l'ironia che l'ha sempre contraddistinto, affibiava ai giovani colleghi cui ha sempre generosamente donato preziosi consigli).
Nato a Mongardino il 5 novembre 1924 e rimasto per tutta la vita legatissimo al paese Natale, Luigi Garrone ha attraversato un intero secolo di storia, prima da giovane partigiano 'bianco' nelle formazioni autonome del gruppo “Leo” e successivamente, in veste di cronista, come testimone diretto di eventi cruciali che ha raccontato con passione e professionalità.
La sua carriera giornalistica è iniziata nel lontano 1950 con l'iscrizione all'Ordine dei giornalisti. Da allora ha sempre svolto la professione con amore per l'informazione e rispetto per i lettori, dirigendo il notiziario agricolo Coldiretti e, per un ventennio, il settimanale "Astisabato". Ha inoltre collaborato come corrispondente con Testate di rilievo nazionale come "Il Corriere della Sera", "Il Sole 24 Ore", "La Gazzetta del Popolo", oltre che con l'agenzia di stampa Ansa e con la Rai.
Dalla politica alla cronaca nera, ha raccontato per decenni Asti e l'Astigiano, documentando con dovizia di particolari ogni episodio, piccolo o grande che fosse, e pubblicando alcuni libri (ricordiamo almeno "Ieri, in campagna" e "Dal fuorisacco al Web") che sono ora una preziosissima testimonianza dell'evoluzione del nostro territorio.
Forte di una laurea in lingue e letteratura straniera conseguita all'Università di Torino, per oltre 30 anni ha affiancato all'attività giornalistica quella di responsable del commercio estero della Way-Assauto, quando la fabbrica di via Antica Cittadella dava lavoro a migliaia di persone ed era simbolo di una società che stava mutuando da agricola a industriale.
Nel 2020 ha pianto la scomparsa della amatissima moglie Lina Duretto - che lui conversando con i colleghi era solito chiamate "Thatcher", con bonario riferimento all'inflessibile ex premier inglese, millantandone scherzosamente la presunta severità - con cui ha condiviso una intera vita (di coppia e come genitori dei figli Paolo e Giorgio, che a loro volta li hanno resi nonni di quattro nipoti), dedicandole anche uno dei suoi libri.
La sua ultima apparizione pubblica risale all'8 novembre dello scorso anno, quando le istituzioni e tanti colleghi lo omaggiarono nel corso di una cerimonia organizzata presso l'Aula Magna dell'Università per celebrare il traguardo dei 100 anni. Lucidissimo, ascoltò i vari interventi di colleghi e amici che snocciolarono aneddoti e ricordi, interagendo con la consueta ironia che è sempre stato uno dei suoi tratti distintivi.
Il suo ricordo ed esempio continueranno a vivere nella memoria dei tanti "gatti arrostiti" che, nel corso dei decenni, hanno imparato a svolgere questa professione anche grazie ai suoi preziosi consigli. Siamo certi che chi ha avuto il privilegio di conoscerlo e frequentarlo lo porterà per sempre nel cuore.
Il rosario è in programma domani alle 19 presso la chiesa di San Pietro, dove martedì pomeriggio alle 15 si svolgerà anche il funerale.






