Di Marco Galvagno, assessore al Decoro, si può dire tutto tranne che manchi di entusiasmo nel raccontare la sua visione di città. Nelle ultime settimane, il suo feed social si è trasformato in un album di "prima e dopo", una narrazione puntuale delle opere finanziate grazie ai fondi del DUC (Distretto Urbano del Commercio). Si parla di panchine rimesse a nuovo, di aiuole fiorite che punteggiano il centro storico, di bagni pubblici ritinteggiati e di telecamere pronte a sanzionare chi non rispetta la cosa pubblica.
Il messaggio è chiaro, quasi un mantra: Asti deve essere "bella, ospitale e trattata come casa nostra". Un concetto nobile, ribadito spesso anche in vista delle future scadenze elettorali, che punta a trasformare il cuore della città in un vero e proprio "salotto" a cielo aperto. Ma si sa, ogni casa ha il suo ripostiglio o, in questo caso, il suo "soggiorno" meno nobile. E proprio su questa metafora domestica si è innestata la segnalazione, tra il sarcastico e l'amaro, apparsa nelle scorse ore sul gruppo Facebook "Dalla parte degli Astigiani".
Il divano della discordia
A rompere la narrazione patinata del centro cittadino ci ha pensato Maurizio Finotto, un astigiano che ha deciso di documentare un angolo di città decisamente meno fotogenico. L'immagine, scattata in corso Alessandria, non lascia spazio a interpretazioni: un divano blu, smontato e abbandonato sul marciapiede, troneggia accanto a sacchi di immondizia e lattine vuote. Non esattamente l'accoglienza che si vorrebbe riservare a chi entra in città da una delle sue arterie principali.
Ciò che ha reso il post curioso, però, non è tanto l'immagine del degrado — purtroppo non nuova in certe zone — quanto la didascalia che l'accompagna. Con una punta di velenosa ironia, il cittadino si rivolge direttamente all'amministratore: "Assessore Marco Galvagno, visto il bel lavoro di restauro delle panchine del 'salotto' (piazza San Secondo), non è che restaura anche questo divano del soggiorno (corso Alessandria)?".
Due facce della stessa città
La provocazione tocca un nervo scoperto: la percezione di una città a due velocità. Da una parte c'è il "salotto buono", quella piazza San Secondo tirata a lucido dove il decoro è legge e l'estetica è curata nei dettagli; dall'altra ci sono le periferie e gli assi viari di ingresso, dove talvolta le regole della convivenza civile sembrano sospese e dove il concetto di "casa nostra" viene interpretato con fin troppa libertà da chi scambia il marciapiede per una discarica.
Se è vero che l'area del centro è ora videosorvegliata per prevenire atti vandalici — con la promessa che chi danneggia pagherà — resta da capire come arginare fenomeni di inciviltà così macroscopici lontano dagli occhi elettronici del centro. Il divano blu di corso Alessandria resta lì, muto testimone di una maleducazione che resiste a ogni campagna di sensibilizzazione, in attesa che qualcuno (l'Asp o il senso civico, chissà) se ne faccia carico. Nel frattempo, la battuta corre sul web, ricordandoci che arredare il "salotto" è importante, ma non bisogna dimenticarsi di spolverare anche le altre stanze.





