Proprio come voi adesso, anche io… pensavo che ormai fosse la fine. Ma un giorno, quando stavano per uccidermi con un colpo di pistola, ho pregato dio… ed è arrivato un uomo con il corpo avvolto nelle fiamme. Era il Signor Agni
Fujimoto Tatsuki, Fire Punch, vol. 2
I manga di Fujimoto sono decisamente squinternati. La narrazione e il disegno sono frammentari e spezzettati; l'introduzione di nuovi personaggi è repentina tanto quanto la rapidità dello loro scomparsa; la trama scivola simile a rapide impetuose che travolgono tutto ciò che si para loro davanti: si ha la sensazione di assistere a un procedere narrativo che fagocita se stesso, che lacera se stesso nello sviluppo della sua espansione. Eppure i suoi lavori non sono mai banali. Riescono, bene o male - dipende molto dal giudizio del singolo lettore -, a fornire spunti interessanti dai quali prendere le mosse per riflettere su possibili implicazioni filosofiche.
Di certo, Fire Punch è una di quelle opere che non lascia indifferenti. La storia narra la parabola di Agni, un giovane dotato del potere (la "benedizione" nel gergo del mondo immaginato dal Sensei) della rigenerazione che offre la carne del proprio corpo come cibo per il suo villaggio. Siamo in un mondo post-apocalittico, piombato in un infinito inverno climatico, tutto opera della misteriosissima "Strega del ghiaccio". Nel tentativo disperato di salvare la sua gente, viene colpito dalle fiamme di Doma, che si estinguono solo dopo aver bruciato tutto ciò che entra in contatto con loro. Ma il corpo di Agni si rigenera all'infinito: quelle fiamme non si spegneranno mai. Ed è così che, mosso da un profondo senso di vendetta, o da una connaturata passione per l'obbedienza, si mette a dare la caccia a colui che ha distrutto la sua vita (nell'incendio causato dalle fiamme di Doma, Agni ha perso la sua amata sorella Luna). Infiniti gli sfruttati che è riuscito a salvare, tanto da essere considerato un vero e autentico - sicuramente il più vero e autentico - dio.
La faccenda si fa interessante. Chi è Dio? E perché abbiamo bisogno di un dio? Di crearci l'immagine di una potenza divina, cui quella umana è la sola, sbiadita, copia? Non ci viene offerta una risposta diretta. Indirettamente possiamo affermare che il dio Agni è un'entità potente, che incute timore e rispetto per l'ineluttabilità della sua forza (il fuoco che tutto consuma ma da cui non si è consumati) e per la sua costante presenza: se chiamo, dio risponde. Ma ciò che è veramente degno di nota è la dinamica che si viene a creare. Ed è dinamica propriamente umana. Alba e tramonto (che nell'opera sono simboleggiate da sole e luna). È lo spazio che si viene a creare tra questi due estremi ad essere il proprio dell'umano: una piccola rivincita nostra, esseri effimeri, destinati a scomparire. Perché non moriamo soli: ci trasciniamo dietro con noi tutti i nostri dei, simboli, idoli. Nulla ci riempie di gioia come il giocare con il fuoco dell'alba - un nuovo dio è nato - e con quello del tramonto - impegniamoci a dimostrarne l'inesistenza e l'inconsistenza. Siamo tutti i registi di questo film cosmico (e non a caso una delle protagoniste è proprio una regista). Registi di un film che dura da un'alba a un tramonto.