[Dobbiamo] sviluppare la filosofia [...] come parte del nostro sistema mondo, in continuità con il resto della scienza
W. V. Quine, The philosophy of W. V. Quine
Un dibattimento di lungo corso è questo: quale ruolo assegnare alla filosofia tra le altre forme di sapere? È il sapere primario da cui scaturiscono poi tutti gli altri? È il filo rosso che connette tutti i campi e che può permettersi di guardarli dall'alto per trarne le dovute conclusioni? È il sapere complessivo che porta a compimento tutti gli altri saperi, necessariamente parziali e limitati? È, come ricordava Hegel, la nottola che si alza la sera, a lavoro terminato, per leggerne e coglierne la logica? Oppure è un sapere tra gli altri, specifico e ristretto al proprio dominio? È un sapere secondo, in grado di fornire buoni criteri interpretativi senza poter pretendere patenti di universalità? È un ottimo esercizio critico, utile a svegliare le coscienze, ma in fondo incapace di imprimere una netta direzione alle cose? O è un sapere superficiale, adeguato a colorare eticamente e politicamente le società, senza possibilità di intoccare quel nocciolo duro che solo la scienza ha il privilegio di sondare? Insomma: quale rapporto tra scienza e filosofia?
Oggi proponiamo la riflessione di Quine (1908-2000), il grande filosofo americano che ha offerto una interessante soluzione alla questione circa i rapporti tra filosofia e scienza. La sua posizione è chiara e la sua prospettiva diretta: la filosofia non può permettersi di negare la centralità descrittiva della scienza. Solo la scienza è in grado di cogliere e comprendere ciò che è presente nel mondo e, essendo la filosofia stessa parte del mondo, non può ergersi con le sue istanze al di sopra del mondo. Per cui è presente un rifiuto deciso di tutto ciò che ha il solo vago sentore di essere metafisico - inteso nell'accezione negativa di costruzione concettuale antinaturalista. La filosofia in quest'ottica si presenta in perfetta continuità con la scienza, sua fedele ancella e strumento immancabile per una migliore comprensione scientifica del mondo.
Che la filosofia venga così destituita del suo valore? In parte sì, ad opinione di chi scrive. Ma non nell'intenzione quineana: essa è, anzi, pienamente rivalutata in quanto, non potendo presentarsi come descrizione completa della realtà - compito che spetta alla sola scienza - fornisce i criteri necessari per un'applicazione consapevole e accorta delle scoperte scientifiche. La filosofia così deve riconoscersi come "branca dell'ingegneria", divenendo una "scienza naturale applicata", secondo l'efficace definizione che fornisce Mario De Caro commentando proprio il passaggio citato in apertura.
La prospettiva ingegneristica per Quine è allora il punto di vista privilegiato a partire dal quale poter salvare il discorso filosofico dalle derive ermeneutiche di una certa filosofia che ha perso contatto con la realtà.