Copertina | 06 gennaio 2024, 00:00

Storie di Orgoglio Astigiano. Mario Mairano, ex Vice President Ferrari: “Asti? Questa splendida sconosciuta...”

Braccio destro di Marchionne nel 2004 in Fiat e Vice President in Ferrari dal 2007 al 2016, è uno dei più autorevoli HR Executive presenti nel panorama italiano e internazionale

Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Spazio tempo, di Francesco Gabbani, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify

 

Braccio destro di Sergio Marchionne nel 2004 in Fiat per il progetto di turnaround del gruppo, dapprima come Direttore Risorse Umane di Fiat Auto e poi dell’intero gruppo Fiat, quindi Vice President in Ferrari dal 2007 al 2016, è uno dei più autorevoli HR Executive presenti nel panorama italiano e internazionale.

È solo un assaggio della carriera incredibile dell'astigiano Mario Mairano. 72 anni, vive a Torino, ma con Asti ha un rapporto importante, dolcemente complicato.

Come definirebbe Asti in una frase?

Direi “Asti, questa splendida sconosciuta”. E lo dico con tutta l'amarezza di una persona che sa quanto potrebbe fare e dare questa città.

Come conosce Asti e in che rapporto è con questa città?

Sono nato a Torino, ma conosco l'Astigiano in quanto figlio di due astigiani doc. I miei genitori erano di Baldichieri e di Monale. Con i nonni materni passavo tutte le vacanze estive nell'Astigiano, fino all'età di 18 anni vivevo più nella zona di Monale che nel Torinese. Ho dei ricordi meravigliosi, di una bellissima infanzia. Tutti i miei amici di gioventù erano astigiani. Oggi, le rare volte in cui torno nell'Astigiano, lo faccio volentieri.

Che cosa le ha dato il territorio astigiano in termini di valore e valori?

Arrivo da un vissuto contadino, la mia è sempre stata una famiglia molto unita. Dalla vita contadina ho imparato tanto: la pazienza, la determinazione, l'aspettare che le cose maturino, soprattutto adesso che tutti vogliono tutto subito. La bellezza sta nel costruire le cose, nel vederle sbocciare piano piano. Ho sempre avuto un grande rispetto dei valori e delle tradizioni delle varie aziende che ho conosciuto e questa caratteristica mi arriva proprio dal mio background.

Cerchiamo di ripercorrere le tappe salienti della sua carriera

Laureato in Letteratura, sono stato maestro elementare, ed è una parte della mia vita che ricordo con grande orgoglio, dal 1969 al 1974, a Torino. A 19 anni sono entrato in Fiat, che all'epoca, parliamo degli anni Settanta e Ottanta, aveva una grande capacità di far crescere i giovani. Sono entrato in questo progetto di crescita e ho fatto tante cose. A 30 anni ero dirigente, perchè l'azienda me lo ha consentito. C'erano una grande apertura, un grande sviluppo delle persone, la Fiat elargiva tantissima formazione. La mia carriera inizia nel gruppo Fiat nell’ambito della funzione Risorse Umane dove cresco in ruoli di sempre maggiore responsabilità nelle due più importanti aziende del gruppo: Iveco e Fiat Auto. Successivamente, nel 1993 assumo la responsabilità della Direzione Risorse Umane in Ferrari, alle dirette dipendenze dell’Amministratore Delegato Luca Cordero di Montezemolo. Nel 1997 assumo la Direzione Risorse Umane in quella che era diventata Ferrari Maserati. Quando sono entrato io è entrato anche Jean Todt, abbiamo costruito una squadra che ha vinto tutto. Nel 2000 assumo la posizione di Direttore Centrale di Banca di Roma e Capitalia. Rientro in Fiat nel 2004 per lavorare con Sergio Marchionne al progetto di turnaround del gruppo, dapprima come Direttore Risorse Umane di Fiat Auto e poi dell’intero gruppo Fiat. Nel 2007 assumo la posizione di Vice President in Ferrari, seguendo la fase di sviluppo ed espansione dell’azienda fino al 2016.

Come è stato lavorare a stretto contatto con Marchionne? Che ricordo ha della sua figura?

Dico solo che sono entrato il 1 maggio 2004, lui il 1 giugno e dal 15 giugno 2004 al 15 agosto 2005 abbiamo sempre lavorato, sempre, sabato e domenica, neanche un giorno a casa. Abbiamo fatto diventare la Fiat ciò che è diventata. Sergio Marchionne è stato un uomo di un'intelligenza ampiamente superiore alla media, un visionario, con un coraggio incredibile, un grande leader e un grande capobranco, capace di smuovere le montagne. E' stato un onore aver lavorato con lui.

Se dovesse parlarmi dei principali progetti che ha messo in pratica durante la sua carriera?

Nel 1994 ho fatto nascere la “Formula Benessere”, il primo progetto in Italia che si curasse della salute dei dipendenti dell'azienda. E ancora oggi si studia questo progetto. Tutti i dipendenti venivano sottoposti a un check-up medico per capire se vi fossero patologie e bisogni. E, una volta collaudato, questo progetto è stato allargato anche a tutta la famiglia del dipendente. Nel 2006 diventa “Formula Uomo”, con un programma introdotto a Maranello, anche con l'obiettivo di diffondere la cultura dell’educazione sanitaria in azienda.

Lo zampino di un astigiano nel "Best place to work in Europe"

E non è un caso che, ai tempi, il Financial Times avesse assegnato alla Ferrari il premio come “Best place to work in Europe”. Il miglior luogo per lavorare in Europa. Incredibile pensare che ci fosse anche lo 'zampino' di una grande mente astigiana, che da dietro le quinte stava mettendo in scena un nuovo disegno organizzativo, che stava passando, giocoforza, attraverso un importante cambiamento culturale.

Successivamente?

Nel 2007 ho creato la Scuola dei Mestieri. Avevamo tanti giovani nell'organico. Così, abbiamo preso i diversi capi più anziani e li abbiamo messi a fare formazione ai più giovani, sia in campo che in aula, facendo crescere competenze di operai magari alla prima esperienza di lavoro. Questo ha avuto come naturale conseguenza il “Progetto 100 impiegati”, nel 2010. In Ferrari all'epoca c'erano 720 giovani diplomati. Dopo un'attenta valutazione, abbiamo individuato 100 persone che potessero diventare impiegati e, con una lettera firmata da Luca Cordero di Montezemolo, ci eravamo impegnati ad assumerli come impiegati entro i successivi tre anni. E così così è stato.

Il ricordo più bello?

Quando a 30 anni mi hanno fatto dirigente in Fiat. Ho pensato a mio papà, che era stato un operaio in Fiat e l'ho vissuto come un riconoscimento per la mia famiglia. Devo dire anche la mia esperienza di maestro, a 19 anni facevo lezione a 35 ragazzini, sono ricordi indelebili. E poi nel 2000 quando abbiamo vinto il mondiale con Schumacher, dopo anni di sacrifici. Ho curato tanto la formazione di tante persone, le ho fatte crescere e questa è la mia più grande soddisfazione, quella di essermi sempre messo al servizio degli altri e della loro formazione.

Parlando di crescita, cosa pensa che serva ad Asti in tal senso?

Si parte da un discorso culturale, noi astigiani siamo persone con una grande voglia di fare, ma non sappiamo vendere chi siamo. Torino è diventata famosa quando Agnelli ha portato le Olimpiadi invernali, quando le persone hanno capito che si poteva vivere anche uscendo di casa. Serve fare una comunicazione vera, anche all'estero, di chi siamo. Il problema è che non abbiamo un'identità chiara, ma potremmo essere tutto ciò che vogliamo. Manca una linea guida, manca un disegno condiviso e comunicato. Non si fa sistema e ci sono realtà bellissime, terre bellissime, persone bellissime, che però si conoscono per passaparola, non per presa di posizione istituzionale. Ognuno ci metta del suo, ognuno si faccia ambasciatore di questa causa. Culturalmente facciamo, ma non abbiamo la cultura del fare e questo è paradossale. Abbiamo potenzialità incredibili, ma nessuno le coglie. Gli astigiani tendono anche ad essere gelosi delle proprie cose, non capendo che così il territorio diventa sempre più povero.

C'è chi dice che sia un problema di soldi, più che di mentalità

I soldi si trovano, non sono d'accordo con questa filosofia di pensiero. Ad Asti, così come in ogni altra parte del mondo, ci sono menti illuminate, che dovrebbero fare sistema tra loro, una sorta di brainstorming, per capire quali sono le priorità del territorio e su quali concetti puntare. E invece siamo chiusi in noi stessi. Pensi che, quando faccio il tragitto in auto da Asti a Baldichieri, sono 40 anni che vedo sempre le stesse cose, sempre le stesse case, sempre lo stesso nulla. Non è possibile, significa che Asti non guarda avanti. Ci vuole volontà. In Ferrari abbiamo vinto perchè abbiamo fatto una squadra, in Formula 1, è così che funziona, in tutti gli aspetti della vita, non solo nelle corse.

Ora a cosa si dedica?

Nel giugno 2017 sono stato nominato Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale di Sassuolo S.p.A. E sono anche Chief Executive & Comportamenti Organizzativi & Welfare e Relazioni Industriali della Mairano Consulting.

Qualcosa che resti e non i resti di un tempo passato

La storia di Mario Mairano ci ricorda quanto sia profondo il mare dell'Orgoglio Astigiano e, soprattutto, quanto ci si possa ancora attingere, seppur con rammarico. Quello che provo nel raccontare una storia bellissima di una persona bellissima, i cui ricordi su Asti, però, restano legati al passato, all'infanzia e a un tempo che sembra sospeso ormai da troppi anni. Che sia l'inizio per la città per rompere questa catena e iniziare, finalmente, a lavorare per sognare qualcuno e qualcosa che resti davvero e non sempre e solo accontentarsi dei resti di un tempo passato?

Elisabetta Testa

Leggi tutte le COPERTINE ›
Leggi tutte le notizie di VIVIAMO IN UN POSTO BELLISSIMO ›

Viviamo in un posto bellissimo

Davide Palazzetti

Chi sono in tre righe? Ci si prova.
Partiamo dal personale: marito innamorato e padre fortunato. Tergiversando poi su info tipiche da curriculum, amo il nostro territorio. Lo vivo come nostro anche se vi arrivo da Genova nel 2003. Mi occupo di marketing territoriale e promozione turistica con la piacevole consapevolezza di quanta bellezza ci circondi. Racconto un posto bellissimo, qui e su alcuni miei gruppi Facebook, nella certezza che una delle poche vie di riscatto dell’Astigiano sia riempirlo di turisti.

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium