Domenica scorsa faceva un freddo cane. Freddo che donava una indubbia verve eroica agli espositori del Mercatino dell'Antiquariato Nicese. Appuntamento imperdibile per migliaia di appassionati di oggetti che fanno parte del nostro passato e delle nostre tradizioni. Importante rassegna che si rinnova ogni terza domenica del mese, da ormai quarant’anni, ottimo evento, ben utile anche a far conoscere la bellezza di Nizza Monferrato.
Non abito certo lontano da Nizza e sono stato spesso al suo mercatino. Sono onesto, in genere trascinato da mia moglie e dalle sue temporanee smanie di trovare un paio di piatti in più per il servizio buono, l’ennesima bottiglia in cristallo lavorato con tappo in argento da far impolverare assieme alle altre, varie ed eventuali.
Da qualche mese non ci passavamo, ma domenica, ce ne usciamo a meno sei a caccia di un seggiolone per Gioele, il nipote nuovo, nuovo. Seggiolone rustico il giusto, trovato al primo banco nel massimo della soddisfazione generale. Superato lo scopo di gita mi sono reso conto di quanto fosse cresciuto il mercatino, con centinaia e centinaia di espositori, fin dietro il Foro Boario. A differenza di altre volte , invece di ricordare per filo e per segno La Roba, novella di Verga incentrata sulle manie d’accumulo compulsivo di Mazzarò, mi son fatto stregare dagli oggetti, giocando a ipotizzarne storia e storie. Tutto colpa di Walt Disney.
Oggetti rustici e attrezzi in legno, tipici della tradizione contadina, a colloquio con raffinate porcellane, dall’evidente origine funzionale assai più vicina a nobiltà o alta borghesia. Mobili antichi, libri, la biancheria ed i pizzi della nonna, modernariato e accessori che per anni o anche decenni saranno stati di qualcuno, gli avranno abbellito casa, lo avranno aiutato nel quotidiano. E poi, come per la roba di Mazzarò hanno perso interesse e valore, oppure han trovato concorrenti più agguerriti ad abbellire librerie, cucine o cassettiere. Girando in questo fantastico, neanche troppo piccolo, mondo antico, tra le tante, una storia l’avrei proprio voluta sentire. Storia di un pilloliere di fine Ottocento, in foto. Storia che, ahimè, non conoscerò mai, nell’errore di non averlo comprato al primo giro.