“Egregio avvocato,
ho una società assieme a un'altra persona, è una piccola azienda ma ha un buon giro di clienti. Ultimamente il mio socio, che è anche amministratore della società ma è un po' in là con gli anni, non mi pare più lucido e sta creando dei problemi. Quando successe a un mio parente, mi ricordo che noi altri familiari fummo costretti a chiedere un'amministrazione di sostegno e venne nominato amministratore un mio cugino.
E' possibile che questa sia la soluzione per rimuovere il mio socio dalla posizione di amministratore? Potrei essere io l'amministratore di sostegno del mio socio e quindi amministrare da solo la società?”
Gentile lettore,
la ringrazio per la sua domanda, che mi permette di trattare un tema delicato, qual è quello degli strumenti a tutela della persona che ha difficoltà a tutelare da sé i propri interessi.
Gli istituti principali in materia sono l'amministrazione di sostegno, l'inabilitazione e l'interdizione. I relativi provvedimenti sono tutti disposti dal Tribunale, all'esito di un procedimento giudiziario
L'interdizione è prevista per la persona che è in assoluto incapace di prendersi cura di sé. Essa comporta la perdita della capacità di agire, con nomina di un Tutore che compirà tutti gli atti giuridici in luogo dell'interdetto.
L'inabilitazione, invece, limita la capacità di agire della persona e ciò a differenza dell'interdizione, che, come appena visto, esclude totalmente la capacità. L'inabilitazione è disposta in ipotesi di infermità non così gravi da necessitare di interdizione, nonché in caso di prodigalità e di abuso abituale di bevande alcooliche o stupefacenti. Essa comporta la nomina di un Curatore, che deve partecipare agli atti di straordinaria amministrazione dell'inabilitato affinché essi siano giuridicamente validi.
L'amministrazione di sostegno, infine, è un istituto giuridico previsto per le persone che siano prive di autonomia in tutto o in parte, in ragione di disabilità o menomazioni di qualunque tipo e gravità e nei limiti in cui ciò è strettamente indispensabile.
A differenza di interdizione e inabilitazione, l'amministrazione è uno strumento molto più duttile, che non ha particolari limiti né quanto a presupposti, essendo sufficiente una situazione anche temporanea di difficoltà dell'interessato a tutelare i propri interessi, né quanto a contenuto, che si adatta alle situazioni concrete. Prevede la nomina di un Amministratore di sostegno, il cui mandato e poteri sono definiti dal Tribunale con il provvedimento che lo designa.
Di recente la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 3751 del 2024, ha avuto modo di precisare i limiti dell'amministrazione di sostegno, proprio con riguardo al suo contenuto.
Il caso all'attenzione della Corte riguardava un provvedimento di amministrazione di sostegno disposto nei confronti di un socio di maggioranza e amministratore di una società a responsabilità limitata. Il provvedimento impugnato nominava un amministratore solo per gli atti di straordinaria amministrazione relativi alla predetta società, lasciando l'amministrato libero di compiere gli altri atti, anche di straordinaria amministrazione, relativi al proprio patrimonio personale.
La persona interessata impugnava il predetto provvedimento che disponeva su di lui l'amministrazione di sostegno, evidenziandone anche l'illogicità, in quanto non si comprendeva perché egli fosse stato ritenuto in grado di compiere gli atti di straordinaria amministrazione sul proprio patrimonio, ma non i medesimi atti in relazione alla società.
La Corte di Cassazione, nell'accogliere l'impugnazione, ha avuto modo di esporre alcune importanti considerazioni sull'amministrazione di sostegno.
In primo luogo, l'amministrazione di sostegno è uno strumento a protezione della persona amministrata, che deve adeguarsi ai suoi bisogni e alle sue capacità e carenze. Il provvedimento che la dispone deve motivare puntualmente il perché si limiti la sfera di autodeterminazione della persona in alcuni ambiti e perché ciò sia nel suo interesse, specie laddove l'amministrato non presti il consenso alla misura.
Su tali basi, la Corte di Cassazione ritiene non giustificata la limitazione della capacità della persona ai soli atti di straordinaria amministrazione relativi al patrimonio di una società, se contemporaneamente si ritiene che la stessa persona sia in grado di compiere i medesimi atti con riguardo al proprio patrimonio personale.
Alla luce dei principi sopra esposti, caro lettore, ritengo che la sua idea di utilizzare l'amministrazione di sostegno per sostituirsi all'amministratore della società non sia appropriata. Si tratta, infatti, di uno strumento predisposto a favore dell'amministrato, non di altri soggetti, e che non può essere limitato solo ad alcuni atti, quali quelli societari, senza estensione ad atti analoghi compiuti in altri ambiti.
Vi è anche un'ulteriore questione. La richiesta di amministrazione di sostegno non può essere proposta da chiunque, ma soltanto dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, da un familiare (parente entro il quarto grado o affine entro il secondo grado), dal tutore, dal curatore o dal pubblico ministero.
Da quel che mi scrive, non credo che lei, caro lettore, rientri nel novero dei soggetti legittimati a chiedere l'apertura di un'amministrazione di sostegno, a meno che il suo socio non sia anche suo parente.
Le questioni da lei cennate, dunque, dovranno essere risolte principalmente tramite le norme del diritto societario e dello statuto della società, più che con gli strumenti dell'amministrazione di sostegno, dell'inabilitazione e dell'interdizione.