Storie di Orgoglio Astigiano | 31 maggio 2025, 12:30

Storie di Orgoglio Astigiano. Elena Pianta: "Il fumetto è il mio linguaggio. Quanti ricordi con Bonelli e Disney! Da piccola? Sognavo di essere un fantino del Palio"

Da Legs Weaver a Nathan Never, passando per Don Camillo e Kylion. La vita tra mille matite di Elena, che ora sogna l'illustrazione per l'infanzia

Elena

Elena

Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Cartine Corte, di Salmo, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify

Spritz?

È stata un po' la stretta di mano che ci siamo scambiate io ed Elena Pianta, nel momento in cui ci siamo conosciute per questa intervista. 

Era ora di aperitivo. Elena si racconta con molta naturalezza e con quella semplice genuinità che mi conquista. 

Sono proprio le persone come lei a cui voglio continuare a dare voce. 51 anni, mi dice che è tornata da poco a vivere in città. Sono ansiosa di scoprire da dove arriva. 

Forse lo Spritz è un indizio. 

Elena, che cosa ti lega ad Asti?

Sono nata ad Asti e ho vissuto i miei primi dieci anni a Montechiaro, dove ho trascorso l'infanzia. Asti è una città che ho scoperto man mano e mi piace molto. Adoro la sua dimensione raccolta, ma con tanti servizi e un'impronta medievale bellissima, con il suo centro storico. Ho avuto occasione di riscoprirla negli ultimi tre anni.

A cosa è stata dovuta questa riscoperta?

Io e mio marito abbiamo vissuto in Friuli, precisamente a Pordenone, per un certo periodo. Per motivi di lavoro di mio marito, in realtà. È stata una bella scoperta, il Friuli non è così conosciuto e tornare nell'Astigiano ti permette poi di notare le differenze. La misura vivibile di Asti mi convince sempre, così come la sua dimensione storica. Siamo tornati a vivere ad Asti da fine gennaio 2025. 

E ti convince anche la valorizzazione del territorio astigiano?

Penso si possa fare di più. È anche vero, però, che si può fare con ciò che si ha. Pordenone è la Capitale italiana della Cultura 2027, ha vinto il titolo che abbiamo provato a contenderci anche noi. In Friuli c’è un’agilità, un senso del ritmo nel gestire fondi e immaginare cose che qui non c’è. In Friuli sono i primi della classe: Pordenone ha un'identità e Asti potrebbe imparare molto. Abbiamo il festival delle Sagre, abbiamo il Palio, ma siamo anche molto più di questo. 

E il tuo amore per il disegno? Quando inizia a farsi strada?

A casa mia si disegnava molto. Nonno era acquerellista e tutti noi siamo stati abituati a vedere gente che disegnava. Era la normalità. Anche mamma aveva una spiccata indole artistica. Noi siamo quattro figli, tutti un po’ così, un po' artisti. Abbiamo letto Topolino e Candy Candy, ai tempi era esploso il cartoon e stampavano questi fumetti anche un po' acerbi, se vogliamo. Abbiamo iniziato a masticare il disegno. Ho sempre disegnato tanto e ho mantenuto questa passione. Quando si è trattato di scegliere che scuola superiore frequentare, avevo optato per il Liceo Artistico. Ci sono stata un mese, poi sono passata alle Magistrali, ma non ho mai smesso di disegnare per conto mio. 

Troppo presto, allora, per provare a mandare qualche lavoro in giro?

Avevo mandato qualche mio disegno alla redazione de Il Giornalino, avevo 16 anni. Ricordo ancora che ero poi stata invitata in redazione: avevo respirato quell'aria positiva che mi era piaciuta così tanto. E poi dopo ho frequentato la scuola di Design: volevo continuare a tenere le mani tra le matite. Di fumetto c’era poco, in realtà, ma avevo tanti docenti interessanti, tra cui Massimiliano Frezzato, per citarne uno. 

Quando hai capito che con il disegno potevi fare sul serio?

Quando ho partecipato a un concorso di fumetti a Prato. Senza aspettative, avevo ricevuto una menzione speciale. Ricordo di aver pensato "ma allora posso farci davvero qualcosa!". Era il 1995.

Il tuo rapporto con Bonelli?

Nel frattempo, dopo quella menzione speciale, stavo comunque finendo la scuola, ma avevo iniziato qualche collaborazione con studi di grafica a Torino. Non leggevo molti fumetti di Bonelli, ma in edicola avevo trovato Legs Weaver. Mi avevano appassionata tantissimo le avventure di questa protagonista femminile, per cui avevo deciso di mandare i miei disegni in redazione. Anche se... non sapevo bene come fare (ride, ndr)

Legs Weaver ha portato fortuna?

Esatto! Mi avevano ricontattata in poco tempo. Ero rimasta sorpresa, anche perché la trafila era piuttosto lunga. Ero poi andata a Milano per incontrare Antonio Serra (tra i creatori di Legs Weaver, ndr) a cui devo tanto per la fiducia che ha avuto in me fin dall'inizio. E da lì sono partita a lavorare su Legs Weaver per Bonelli. 

Trent'anni fa?

Esatto, continuo a collaborare con Bonelli e il prossimo anno festeggeremo trent'anni di lavoro insieme. Provo grande gratitudine, Bonelli mi ha dato un’opportunità preziosissima.

E ora a cosa lavori?

Da un po' di anni lavoro anche su Nathan Never per Bonelli, che è uscito a marzo di quest’anno. Sto lavorando anche al nuovo numero, la cui è uscita è in programma nel 2026. Sono anche copertinista di Don Camillo (a fumetti) per ReNoir Comics e nei primi numeri ho disegnato anche le storie. Sostanzialmente, ha come protagonista il personaggio di Guareschi, a fumetti e in ordine cronologico di pubblicazione. A questo progetto lavoro dal 2010. E poi mi diverto a lavorare a qualche copertina e a fare ancora qualche progetto di grafica. 

Un sogno (forse) presto realtà?

Mi piacerebbe riprendere il filone delle illustrazioni per l'infanzia, ma è ancora tutto da fare. Penso che in quel settore ci sia una gamma di sentimenti che nel fumetto non trova spazio e mi piacerebbe rimettermi all’opera su progetti simili.

Hai anche collaborato con la Disney?

Sì, avevo iniziato la collaborazione dopo il successo delle Witch. La Disney voleva dedicarsi anche al pubblico maschile e, con questo scopo, aveva dato mandato allo sceneggiatore Artibani di inventarsi qualcosa. E lui aveva ideato Kylion, un progetto di fantascienza a cui avevo lavorato anche io. Per la Disney, poi, ho realizzato anche la versione a fumetti di "High School Musical". E poi ho ancora fatto qualcosa su Trilly e "Real Life", un fumetto dedicato ai ragazzi e al mondo social. 

Le ultime esperienze lavorative?

Mi ha molto emozionata collaborare con il PAFF di Pordenone, il Palazzo del Fumetto. Una realtà unica in Italia. E poi, insegno alla Scuola Internazionale di Comics di Torino e alla Scuola di Fumetto di Asti.

Stando a contatto con molti giovani, cosa consiglieresti loro?

Da una parte suggerisco di formarsi in ambiti più ampi, senza chiudersi solo nell’arte. Perché è innegabile che sia una strada complessa quella artistica. In questo momento critico a maggior ragione, occorre tenersi aperte più strade. Se ti formi culturalmente in maniera più ampia ti arricchisci a 360 gradi. E poi, sfatiamo un mito: si può anche fare altro e mantenere l’arte come hobby! Generalmente, chi ama disegnare è proprio appassionato. Quindi lo farà comunque. Oggi ci sono tante scuole che prima non esistevano e comunque l'ambito non era così capillare e professionale. Ora l’offerta è significativa e flessibile.

Da piccola sognavi di diventare ciò che sei oggi?

Sognavo di fare tipo la cavallerizza, il fantino del Palio (ride, ndr). Adoro i cavalli, ma non sapevo cosa fare dopo le Magistrali. L’insegnamento mi è sempre piaciuto, è una strada bellissima. Probabilmente, se non fosse arrivato il disegno, la mia vita sarebbe stata quella dell'insegnante a tempo pieno. 

Hai avuto momenti bui?

Sì, ho pensato di mollare tutto più e più volte. La precarietà del mestiere, la difficoltà nel creare, le edicole che chiudono e sono i nostri canali di vendita principali. Il fumetto è un settore critico e il pubblico si rinnova per il settore dei manga tra i giovanissimi, ma sul resto fa fatica. C’è incertezza ed è difficile immaginare una strada nuova. Viviamo in un momento di transizione verso non si sa bene cosa. E questo fa paura. 

Fumetto: mondo maschile e/o maschilista? O nessuno dei due?

Fino a un certo punto no. Essendo entrata su un progetto che coinvolgeva più le donne, con Legs Weaver, era una cosa innovativa per l’epoca e per la Bonelli. Eravamo una decina di ragazze a lavorare su quel progetto e quindi non mi sono accorta dell’ambiente prettamente maschile del fumetto. Con il tempo, invece, ho colto queste sfumature. L'avventura Bonelliana è classicamente maschile, ma non maschilista. Intendo dire che il pubblico di Bonelli, secondo me, tende a essere più maschile. 

Sai farmi un esempio concreto in cui hai colto la differenza di pensiero artistico uomo-donna?

Ricordo un aneddoto simpatico con Luigi Piccatto. Stavamo parlando del concetto di avventura e di come svilupparlo da un punto di vista artistico. Per Luigi l'avventura da ricercare era, per esempio, una pistola tirata fuori per colpire, un colpo di scena che rapisse l'attenzione del lettore. Per me, invece, era un concetto forse più delicato e sfumato. Penso ci siano delle differenze di immaginazione tra il pensiero maschile e quello femminile, che creano opere artistiche diverse. 

Me la racconti una tua giornata tipo?

Le mie giornate tipo sono state molto diverse negli anni. Questo lavoro spesso ci rende solitari e nel tempo questa sorta di 'isolamento' per me è stato pesante. 
Prima lavoravo in studio da sola. È difficile auto disciplinarsi. Da quel momento ho cercato realtà con più persone nei coworking. 

Come si vince la solitudine di uno smart working creativo come il tuo?

Devi sempre cercare qualcosa per evitare di impoverirti. Fiere ed eventi sono momenti di arricchimento reciproco. In questo momento non ho un elemento ispirante: la libreria resta la mia fonte di ispirazione e ci ritrovo tanti mondi che amo e ho amato. L’incontro con le persone è di grande stimolo.

Cosa significa per te il fumetto?

Disegnare per me significa raccontare storie. Non essendo un'autrice completa - nel senso che lavoro su sceneggiature di altri - per me non c’è espressione dal punto di vista della storia. Metto tutto nel disegno. Il fumetto è il pretesto per il disegno, è espressione. Sarebbe bello scrivere, ma sono tanti anni che lavoro su storie di altri e sarebbe complesso. Quando disegno perdo il senso del tempo. 

Non siamo soli nelle nostre immaginazioni 

E infatti l'orologio ha fatto tanti giri da quando ci siamo sedute al bar Elena ed io. Ma chi lo ha più guardato! Il senso del tempo lo abbiamo perso entrambe. Vado a casa pensando a quanto sia importante, per me, scambiare esperienze di umanità vera con persone come Elena. Quanta forza ci possa dare capire che certi pensieri che tendiamo a fare possano essere condivisibili con altri. Che certe difficoltà - anche quelle che ci sembrano stupide - le provano anche altri. Che non siamo soli. 

Nemmeno nelle nostre immaginazioni. 

Le esperienze di Elena nel dettaglio 

Sergio Bonelli Editore (MI): disegnatrice, copertinista, character designer, designer per gli ambienti sulle testate: LEGS WEAVER, GREGORY HUNTER,  AGENZIA ALFA,  CARAVAN,  ASTEROIDE ARGO,  NATHAN NEVER. PAFF- Palazzo Arti Fumetto Friuli (PN): Responsabile  Area Didattica 2023. Dynamite Entertainment (USA): disegnatrice copertinista per la serie “Pantha”. The Walt Disney Company It. (MI): disegnatrice e model sheet creator per diverse testate tra cui:  KYLION, FAIRIES, HIGH SCHOOL  MUSICAL. STV Saffirio Tortelli Vigoriti (TO)-agenzia pubblicità: visualizer interna dell’agenzia con incarico per tutti i maggiori clienti (Mediaset, Intesa San Paolo, Santander, Ferrero, Italiana Assicurazioni, Fiat, CRAI, ecc.) Renoir Comics (MI): Disegnatrice per diverse pubblicazioni da libreria: L’ISOLA DEL PARADISO,  DON CAMILLO A FUMETTI (come disegnatrice delle storie e dal 2021 come copertinista del progetto). Riconoscimenti: 2002, Premio COCCOBILL a Cartoomics (MI): “Promessa del Fumetto Italiano”. 1995, Premio PIERLAMBICCHI,  Prato (FI): Menzione Speciale al Concorso per Giovani Fumettisti. 

Elisabetta Testa


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Elisabetta Testa

Da giovane giornalista creativa, scrivo di persone dalle storie incredibili, che hanno Asti nel cuore, che ne conservano un dolce ricordo, che qui ci hanno messo radici e che, orgogliosamente, fanno conoscere la nostra città in altre terre.
Orgoglio Astigiano è la storia di un salto, personale e professionale; è un invito a riscoprire se stessi attraverso le testimonianze di chi ce l'ha fatta.
Orgoglio Astigiano per me è sinonimo di scelta: la mia e quella degli altri.
Per questo ho voluto scrivere in prima persona ogni articolo della rubrica, convinta di riuscire a portare anche te nel mio mondo.
Requisiti richiesti? Bisogna lasciarsi andare. Più che farti intervistare, ti devi guardare dentro. Senza aver paura di raccontarmi ciò che ci troverai...

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