Testo 1
Avete già visto il nuovo spot di ENEL? Campagna istituzionale “Energia delle emozioni” che celebra momenti di vita quotidiana, mettendo al centro le persone e la loro forza invisibile, capace di muovere il mondo. Gran bello spot, supportato da un brano inedito, intenso e delicato dal titolo Eroi, cantato da Fiorella Mannoia. La voce è spettacolare e il testo coinvolgente con, in terza strofa, quel “...a tutti quelli sconfitti dal tempo, ma sempre ostinati in un sentimento…” che, anche solo a riportarlo, tornano le lacrime d’emozione dei diversi ascolti.
Il messaggio non è niente male: ci sono energie che non si misurano in kilowatt, ma in piccoli gesti. In una carezza data senza fretta, in una parola che consola, in una presenza che non chiede nulla in cambio. Sono le energie delle persone comuni, quelle che vivono ogni giorno emozioni autentiche. Emozioni che creano e catturano ricordi, come quello della mani assai artrosiche di mia nonna, aveva suonato il pianoforte per una vita, ad impastare, a tirare a mattarello, a riempire le strisce di sfoglia del ripieno, preparato con lunga attenzione sulla giusta cottura di tre carni diverse: manzo, maiale e coniglio. Una fatica vera per uno scricciolo che aveva superato da un po’ i settanta. Fatica non sentita, o ben nascosta, nell’ostinazione di un sentimento. L’amore per nonno, gourmand d’altri tempi, quando si iniziava a smettere di rimirare con avidità il piatto di portata, mai prima delle cinque o sei dozzine. Nonno adorava i plin di nonna, praticamente al naturale nel primo piatto, per poi arricchirli con un paio di cucchiaiate di Barbera ad esaltarli con le sue note acide.
Bei ricordi, sentimenti ed emozioni che a tavola portano però poca sostanza. Se quella, giustamente, andate cercando, ottobre è un mese bello ricco di proposte per riempire, oltre al cuore, anche lo stomaco. Proposte in gran parte, anche loro, incentrate sul ricordo, nell’accezione gastronomica del termine: tradizione. Tradizione e piaceri del palato che vi aspettano, in diversi borghi dell’Astigiano, dal prossimo fine settimana in poi, al netto delle prime fiere del tartufo, a Montiglio il 12 e a Mombercelli il 18 e il 19.
Si comincia allora sabato prossimo, 11 ottobre, a Villa San Secondo, villa nova Astesana, dove il nucleo nobile dell’abitato è ancora contenuto dagli antichi muraglioni. Da non perdersi la tela attribuita al Moncalvo, conservata all’interno della parrocchiale dei Santi Matteo e Carlo, dopo aver fatto il pieno di tipicità alla tradizionale Festa della Madonna delle Grazie che comprende la diciassettesima Sagra dell'Agnolotto d'Oca e la ventesima Sagra del Friceu.
Vedete voi come combinare il tutto, ma domenica 12, a pranzo, non mancate la Festa della Puccia di Monastero Bormida. Festa di sapori d’un tempo, all’ombra del castello medioevale che in origine era un monastero e la sua torre, alta ben 27 metri, era il campanile. Una polenta morbida di antiche origini, cotta nel brodo di verdure e mantecata con burro buono e formaggio, che vale indubbiamente la gita. Nel fine settimana successivo, 18 e 19 ottobre, l’appuntamento con i piaceri dell’autunno astigiano è a Calosso, per la Fiera del Rapulè, nome dell’antica e tradizionalissima pratica della vendemmia dei grappoli tardivi. Affascinante borgo del Sud Astigiano animato nell’occasione da un percorso enogastronomico che consente di deliziarsi con piatti assortiti, tanto assortiti, della cucina locale, accompagnati dagli ottimi vini del posto. Piatti e vini della tradizione in abbondanza e varietà spettacolari, tanto da soddisfare le smisurate mire gastronomiche del mitico personaggio dei romanzi di François Rabelais, Pantagruel.
Testo 2
Ci sono sapori che sono più di un semplice piatto. Sono un ricordo, un gesto, il cuore pulsante di una tradizione. Se dovessi racchiudere l'essenza di una domenica in famiglia nell'Astigiano, probabilmente la metterei dentro a un agnolotto del plin, con un bicchiere di Barbera a fargli compagnia.
Partiamo dal protagonista: l'agnolotto del plin. Il suo nome è pura poesia dialettale e deriva dal gesto, quel "pizzicotto" dato con le dita per chiudere il piccolo scrigno di pasta ripiena. La sfoglia, tirata sottile, deve essere quasi trasparente, ruvida al punto giusto per accogliere il sugo. E il ripieno? Quello vero, tradizionale, è a base di carni miste arrosto, perché in passato nulla andava sprecato. Il condimento per eccellenza è il sugo di quell'arrosto, un concentrato di sapore che lega tutto in una perfetta armonia. Per provare quelli autentici, bisogna andare in posti dove il tempo sembra essersi fermato, come alla Trattoria La Curva di Incisa Scapaccino o al Ristorante del Belbo da Bardon a San Marzano Oliveto, veri custodi di questa ricetta.
E poi c'è il compagno ideale, il vino che più di ogni altro racconta questa terra: il Barbera d'Asti. Dimenticatevi il vecchio cliché del vino rustico e scontroso. Oggi, grazie al lavoro di vignaioli illuminati, il Barbera d'Asti DOCG è un vino di grande carattere e versatilità. La sua firma è un'acidità vibrante, che lo rende fresco e gastronomico, capace di sgrassare la bocca dalla ricchezza del ripieno dei plin. Accanto, un frutto rosso, di ciliegia e prugna, che lo rende incredibilmente piacevole. Produttori come Michele Chiarlo, che dagli anni '70 hanno creduto nel potenziale di quest'uva, hanno dimostrato che può dare vita a vini complessi ed eleganti, capaci di invecchiare con grazia.
L'abbinamento tra plin e Barbera non è casuale, è un matrimonio d'amore celebrato sulle tavole di iintere generazioni. È l'equilibrio perfetto tra la delicatezza della pasta, la sapidità del ripieno e la vivacità del vino.