La narrazione dominante suggerisce che basti integrare un chatbot avanzato o un algoritmo di NLP (Natural Language Processing) per vedere il volume dei ticket crollare a zero e i costi operativi svanire magicamente.
Tuttavia, chi gestisce un Service Desk nella vita reale sa che la realtà è ben diversa. L'adozione indiscriminata dell'automazione, se non governata da una strategia lucida, non elimina il lavoro: lo sposta. Spesso crea loop infiniti di risposte automatiche che frustrano gli utenti finali, o genera una mole di "falsi positivi" che intasano le code invece di snellirle.
Il vero pericolo per i dipartimenti IT oggi non è ignorare l'AI, ma fraintenderne lo scopo. L'obiettivo non dovrebbe essere un Service Desk "Zero-Touch" dove l'umano è superfluo, bensì un ambiente "Low-Touch" per le banalità e "High-Touch" per il valore. In questo scenario, l'AI non è il capitano della nave, ma il motore che permette all'equipaggio di smettere di remare e iniziare a navigare.
Riconquistare il tempo perduto
Il primo passo per un'implementazione sana dell'AI nel Service Desk è smettere di vederla come un oracolo onnisciente e iniziare a trattarla per quello che è: un instancabile filtro del rumore. Le statistiche di settore ci dicono che tra il 30% e il 50% dei ticket in entrata sono richieste di routine: reset di password, sblocchi di account, richieste di software standard.
Qui l'intelligenza artificiale eccelle, agendo come un "Tier 0" efficace. Utilizzando l'elaborazione del linguaggio naturale per classificare e risolvere queste richieste istantaneamente, non stiamo togliendo lavoro agli agenti; stiamo togliendo loro la noia. L'impatto reale non si misura in "teste tagliate" (una metrica miope e dannosa), ma nella riduzione del burnout del team. Quando un operatore umano non deve rispondere per la decima volta in un giorno a "come configuro la stampante", ha l'energia mentale per affrontare incidenti critici che richiedono pensiero laterale.
Dove l'algoritmo si ferma: La questione del contesto
C'è un confine sottile che l'AI generativa fatica ancora a varcare: la comprensione del contesto aziendale profondo e l'empatia reale. Un chatbot avanzato può guidare un utente attraverso una procedura tecnica perfetta, ma fallisce miseramente nel cogliere la sfumatura di frustrazione di un direttore commerciale che sta perdendo una trattativa a causa di quel disservizio.
Inoltre, l'AI opera basandosi su dati storici e pattern preesistenti. Di fronte a un'anomalia inedita o a un problema architetturale complesso che richiede intuizione, l'algoritmo tende ad "allucinare" o a girare a vuoto. È qui che l'approccio Human-in-the-Loop diventa vitale: l'AI deve essere programmata per riconoscere i propri limiti e passare la palla all'umano (escalation intelligente) prima che l'utente si senta abbandonato a una macchina. La tecnologia deve augurare l'esperienza, non disumanizzarla.
L'evoluzione del ruolo: Da "Risolutore" a "Architetto della Conoscenza"
Questo cambio di paradigma impone una trasformazione nel profilo dell'operatore di Service Desk. Se l'AI gestisce le risposte basate sulla Knowledge Base, chi gestisce la Knowledge Base?
Gli agenti IT stanno evolvendo in "Knowledge Architect". L'AI è efficace solo quanto lo sono le informazioni che le vengono fornite. Invece di passare la giornata a chiudere ticket fotocopia, i team IT moderni dedicano tempo a curare, aggiornare e strutturare gli articoli della Knowledge Base che alimentano l'automazione. In questo senso, l'agente diventa l'addestratore dell'AI. Le piattaforme ITSM più flessibili oggi non sono quelle che promettono di fare tutto da sole, ma quelle che permettono ai team di costruire e modellare facilmente questi flussi di conoscenza, mantenendo il pieno controllo sulla qualità dell'output.
La prossima frontiera: Dalla "Riparazione" alla "Prevenzione"
Se l'automazione del Tier 0 rappresenta il presente, il vero salto di qualità risiede nella capacità predittiva dell'AI. Fino ad oggi, il modello di Service Desk predominante è stato puramente reattivo: qualcosa si rompe, l'utente segnala il guasto, l'IT ripara. È un modello costoso e inefficiente, che genera tempi di inattività (downtime) dannosi per il business.
L'intelligenza artificiale, integrata in piattaforme ITSM moderne, sta rendendo possibile il passaggio a una "IT invisibile". Analizzando i log dei server, le performance delle applicazioni e i pattern storici dei ticket, gli algoritmi possono identificare un'anomalia prima che diventi un incidente bloccante. Immaginate un sistema che rileva un rallentamento anomalo in un database e apre automaticamente un ticket di manutenzione preventiva, o addirittura esegue uno script di correzione autonomo, notificando il team IT solo a cose fatte.
In questo scenario, il team di supporto smette di essere il "pronto soccorso" che corre dietro alle emergenze e diventa una cabina di regia strategica. L'AI non serve solo a rispondere più velocemente al telefono; serve a fare in modo che quel telefono squilli il meno possibile. Tuttavia, anche qui la supervisione umana resta fondamentale: definire le soglie di allarme e le regole di ingaggio automatico richiede una comprensione dei processi aziendali che nessun algoritmo possiede nativamente.
Conclusione: La visione di Deepser sull'Intelligenza Ibrida
Secondo la nostra visione, le aziende che avranno successo non saranno quelle che cercheranno di automatizzare il 100% delle interazioni per tagliare i costi, finendo per alienare i propri utenti. Vinceranno invece quelle che useranno l'AI per potenziare, e non rimpiazzare, le competenze del proprio team.
È proprio questa la filosofia che guida l’evoluzione di Deepser. Il nostro approccio all'integrazione dell'Intelligenza Artificiale non mira a creare una "scatola nera" che esclude l'operatore, ma a fornirgli un copilota intelligente.
Stiamo sviluppando funzionalità AI progettate specificamente per farsi carico delle attività ripetitive, suggerire soluzioni basate sullo storico e classificare i ticket in entrata, lasciando però il controllo decisionale e la gestione della relazione nelle mani delle persone.
In Deepser, crediamo che la tecnologia debba adattarsi ai processi dell'azienda, e non viceversa.
Informazioni fornite in modo indipendente da un nostro partner nell’ambito di un accordo commerciale tra le parti. Contenuti riservati a un pubblico maggiorenne.




![Dalla perdita della casa al riscatto: il modello virtuoso della cartolarizzazione sociale [VIDEO] Dalla perdita della casa al riscatto: il modello virtuoso della cartolarizzazione sociale [VIDEO]](https://www.lavocediasti.it/typo3temp/pics/S_2e2923a66f.png)





