Attualità | 14 dicembre 2025, 07:20

Oltre le mura, il carcere di Asti a misura d’uomo e di futuro

Convegno con vescovo, assessore, garante dei detenuti e direttrice del penitenziario

In occasione della giornata odierna, in cui cade il Giubileo dei detenuti, riceviamo e volentieri pubblichiamo un articolo a firma di un volontario dell'associazione Effatà, che opera quotidianamente presso la casa di reclusione di Asti.

Come si fa a diventare genitore? Come posso gestire una relazione di fiducia con mio figlio se sono in carcere? In che modo smettere di dirgli ‘bugie bianche’, cioè che papà, o mamma, reclusi, non sono mai a casa perché ‘lavorano all’estero’?” Le domande portate da un ex detenuto e la condizione di vita dei bambini e ragazzi che vivono la detenzione del padre o della madre sono i temi su cui si è focalizzato il convegno “Oltre le mura 2025. Carcere, genitorialità e attività trattamentali: progetti e prospettive”, svoltosi al CPIA di Asti, giovedì 11 dicembre. Un appuntamento affollato da tante persone, giunto alla sua seconda edizione annuale, che è servito a mantenere vivo il dialogo fra carcere e comunità locale. E così ad alimentare la speranza nell’anno del Giubileo voluto da papa Francesco, portando ‘oltre le mura’ il racconto dell’impegno trattamentale nella Casa di Reclusione di Asti a Quarto Inferiore.

Ricordiamoci che siamo qui e operiamo nel carcere e sul territorio per contribuire all’attuazione dell’articolo 27 della Costituzione e parlare di dignità e umanità della pena vuol dire parlare di questo” ha sottolineato il Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale del comune di Asti, Domenico Massano, organizzatore dell’evento e moderatore del dibattito, al quale hanno partecipato anche i Garanti Pietro Oddo di Vercelli, Silvia Coscia di Alessandria, Emilio de Vitto di Alba e la Garante regionale Monica Formaiano. Al suo terzo comma, infatti, l’articolo 27 recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Un imperativo declinato nella legge sull’ordinamento penitenziario (L. 354 del 1975) di cui quest’anno ricorre il cinquantenario. Un imperativo quanto mai urgente oggi, a fine 2025, un anno in cui, ha ricordato Massano, sono già 74 i morti per suicidio dietro le sbarre in Italia (numero tragicamente aumentato di altre 3 persone nelle ultime 24 ore), a cui si aggiungono 3 agenti della penitenziaria e 2 funzionari fra cui un educatore. Per non parlare del fatto che nel nostro Paese, stando ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, si verificano mediamente 0,59 casi di suicidio ogni 10mila cittadini, mentre all’interno delle carceri se ne verificano 14,80 ogni 10mila detenuti. 

Il convegno è stato allestito dal gruppo di lavoro sulle tematiche carcerarie coordinato dal Garante, con la partecipazione di Effatà OdV, CPIA 1 Asti, Consorzio COALA, La Strada scs, Agar Teatro, ACLI Asti, CSVAA, Pastorale sociale e del lavoro, Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri, Biblioteca Astense Giorgio Faletti, IIS Penna, Fuoriluogo. Associazioni, cooperative, enti e istituzioni il cui lavoro in rete assume un particolare valore come è stato sottolineato dal dirigente del CPIA, Davide Bosso, che per il secondo anno ha dato ospitalità al convegno, e dall’Assessore ai Servizi Sociali del Comune, Eleonora Zollo, che hanno portato la propria voce all’incontro dell’11 dicembre. 

I detenuti sono la prima categoria di persone che papa Francesco ha citato nella bolla di indizione del Giubileo della Speranza – ha sottolineato il Vescovo di Asti Marco Prastaromisericordia e giustizia devono andare insieme: non esiste l’una senza l’altra”. Quello che si fa all’interno delle mura del carcere di Asti, ha quindi spiegato la Direttrice della Casa di Reclusione, Giuseppina Piscioneri, “è un lavoro silenzioso, che c’è ogni giorno nell’istituto, e di cui occorre il riconoscimento. Per il lavoro che faccio serve equilibrio. Al fine di contemperare le esigenze di tutela della cittadinanza e di recupero dei detenuti. La sicurezza sta, infatti, anche nella speranza di un futuro reinserimento sociale del detenuto”. Da parte sua la vicecomandante della polizia penitenziaria di Asti, il Commissario Sefora Maria Marzano, ricordando che oggi sono 230 i detenuti nell’istituto di Quarto, e come il lavoro della Polizia Penitenziaria sia particolarmente complesso nella necessità di tenere insieme impegno trattamentale ed istanze di sicurezza anche in relazione ad un recente ulteriore irrigidimento delle direttive. Un impegno in cui le varie attività trattamentali, soprattutto il lavoro, rivestono particolare importanza ed in cui è di gran valore la collaborazione con le diverse realtà che operano nel carcere. E non è un caso, allora, come Marzano abbia voluto sottolineare in particolare che “i volontari ci danno una grandissima mano” anche col semplice gesto di “procurare un paio di scarpe a detenuti che ne hanno bisogno”. 

Del resto "Despondere spem munus nostrum" (garantire la speranza è il nostro compito) è il motto stesso, ha ricordato Domenico Massano, della polizia penitenziaria. In collaborazione con la quale lavorano i volontari dell’Associazione Effatà, che da anni gestiscono, tra le tante cose, il progetto editoriale interno al carcere, Gazzetta Dentro, e gli appartamenti esterni in cui i detenuti e le loro famiglie hanno possibilità di essere accolti, tutelando anche i legami famigliari. Le attività sono portate avanti soprattutto in collaborazione con la capo area Monica Olivero e le educatrici dell’Area Trattamentale della Casa di Reclusione, ha sottolineato Daniela Borsa, una delle ‘colonne’ dell’Associazione fondata ad Asti da Tecla Fornaca trent’anni fa. “I detenuti hanno bisogno di un percorso sulla genitorialità – ha affermato Borsa – Spesso pensano a fare regali ai figli ma invece occorre portare riflessione e dialogo, per favorire un cambiamento di vita” nel padre detenuto con figli minori. 

Il tema della genitorialità dei carcerati, dibattuto nel corso del convegno al CPIA, ha portato a riflettere sulla necessità di “credere nei detenuti, perché è così che potranno cambiare”, ha spiegato Beppe Passarino, veterano di Effatà, nel raccontare il progetto ‘Anche cose belle’ che in questi anni ha valorizzato all’esterno del carcere le produzioni artigianali e artistiche di diversi reclusi. Un nutrire fiducia in sé stessi nasce anche dai percorsi di formazione che in molti frequentano con successo, come hanno sottolineato le docenti del CPIA Paola Piglia e Michela Concetti, ed il direttore dell’IIS Penna Giorgio Marino, e che ha portato non pochi di loro a frequentare i corsi di Operatore del verde, Tecniche di produzione alimentare e Tecniche di produzione del miele che la Casa di Carità Arti e Mestieri di Asti ha proposto all’interno delle mura carcerarie, come ha ricordato la presidente Claudia Boetti. E che si alimenta soprattutto con opportunità lavorative che dovrebbero essere implementate e che, come ha raccontato Davide Gioda della Cooperativa La Strada che dà lavoro a diverse persone detenute, negli ultimi mesi hanno proiettato l’aglio del tenimento agricolo del carcere di Quarto al Bagna Cauda Day 2025, mentre il pomodoro cerrato è sbarcato direttamente nei supermercati di Londra. Ma c’è di più perché, ha sottolineato Luca Di Giandomenico del Consorzio COALA (che gestisce lo Sportello Lavoro in Carcere), ha avuto successo anche un corso particolare: quello di Peer Supporter, ossia un ciclo di lezioni su come un detenuto possa aiutare e sostenere uno o più compagni in difficoltà in cella o in sezione divenendone un punto di riferimento.

E mentre la direttrice della Biblioteca Astense Giorgio Faletti, Alessia Conti, ha lodato la biblioteca della Casa di Reclusione (4mila volumi), al cui riordino e catalogazione lavorano i detenuti, perché oggi dobbiamo coltivare “il tempo delle parole che curano”, il direttore del Centro Servizi Volontariato Asti Alessandria, Francesco Marzo e Carlo Picchio, hanno illustrato con Roberta Portoghese della Cooperativa Il Margine di Torino il progetto ‘Liberi Legami’ tornando a far convergere l’attenzione sul tema della genitorialità in carcere. Da due anni ‘Liberi Legami’ mette in rete 11 delle 13 carceri piemontesi e 15 fra associazioni e partner istituzionali. Gli obiettivi? Cura del tema genitorialità; sostegno alle famiglie con allestimento di luoghi adatti ai bambini dei detenuti in visita ai genitori; sostegno alle mamme recluse con figli, le quali scontano la pena alternativa in case protette; sensibilizzazione nelle scuole superiori affinché si parli del tema dei genitori carcerati degli studenti; Gruppi di Parola per genitori detenuti; lo Spazio Giallo: il momento in cui gli educatori si affiancano ai bambini in visita al carcere per prepararli a vedere il papà o la mamma reclusi. Il tutto senza dimenticare, ha sottolineato Giovanni Mercurio, vicepresidente di Istituto Cooperazione Sviluppo (ICS) di Alessandria, che “ci sono anche i figli degli agenti di polizia penitenziaria: anche per loro non è facile perché il papà o la mamma vanno a ‘chiudersi’ oltre quelle mura, sia pure per lavoro”. 

Di certo per favorire una genitorialità responsabile dietro le sbarre di un carcere serve “aprire varchi, favorire relazioni nuove non giudicanti, più gentili e consapevoli, attraverso parole che curano: una comunicazione non violenta”, è la convinzione di Laura Cornarino, psicoterapeuta e socia della Cooperativa la Strada di Asti. Così come occorre supportare il Servizio Affidi del Comune, che supporta le famiglie affidatarie, le quali svolgono un lavoro importante e difficile. Perché “quando i genitori stanno bene, è così anche per i figli”.

Ed è proprio ascoltando la drammatica storia del figlio 14enne di un detenuto suicida che al carcere di Saluzzo è nato da anni il Progetto Genitorialità, come ha spiegato Grazia Isoardi dell’Associazione di formazione e produzione teatrale Voci Erranti che ha presentato il libro illustrato “Il Bosco Buonanotte”, scritto e realizzato insieme ai padri detenuti della Casa di Reclusione di Saluzzo. Isoardi ha introdotto la testimonianza in diretta video, al convegno, di Tom Sing, richiamata all’inizio di questo articolo, secondo il quale “diventare carcerato mi ha costretto a tirare fuori talenti che non sapevo di avere”. Talenti a volte anche di scrittura, teatrali, attoriali e autoriali, come quelli che ha sviluppato negli anni il detenuto Michele ad Asti. Questo può accadere perché, ha chiosato Mario Li Santi di Agar Teatro, “noi in carcere facciamo un teatro che non è finzione ma luogo di verità”. Una verità dentro di sé e verso l’esterno. Oltre le mura. Per rinascere dopo aver sbagliato, anche da dietro le sbarre. 

Domenico Coviello

Al direttore

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90 secondi di salute & wellness

a cura delle dott.sse Melika Myftaraj e Marta Turello

Nutrizionista e farmacista, ogni giorno offriamo consigli alle persone, convinte che la consapevolezza sia il primo passo per prendersi cura di sé. In questa rubrica vogliamo dunque raccogliere e condividere informazioni chiare, corrette e aggiornate su varie tematiche legate al mondo della salute e del benessere.

Per domande o approfondimenti scrivere a direttore@lavocediasti.it

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