Noi non viviamo immediatamente nell'essere, e per questo la verità non è un nostro possesso definitivo; noi viviamo invece nell'esserci temporale: la verità è la nostra via.
Karl Jaspers, Della verità
Degno erede spirituale dell'illuminismo tedesco - sia nella figura di Lessing, evocata la scorsa settimana (link all'articolo), che in quella di Kant - Karl Jaspers (1883-1969) è stato in grado di porre l'accento su alcune tra le questioni più importanti e vitali per l'impegno filosofico: quale ruolo ricopre il soggetto all'interno della sfera filosofica se filosofia è interrogarsi sulla realtà? È necessario pensare all'esistenza di un soggetto, sia esso agente o conoscente? Può la filosofia essere intesa come gioco intellettuale di astrazione in astrazione sempre più coerente e rarefatta? Può bastare la luce diurna a illuminare i fenomeni (da lui chiamata "legge del giorno")? O ci si deve rivolgere, invece, all'oscurità dell'incomprensibile e del passionale (significativamente nominata "passione per la notte")?
Insomma, da outsider della filosofia - egli era infatti un importante psicopatologo - ha con estrema lucidità colto uno degli aspetti più scivolosi della sua storia: che farne dell'esistenza umana, della sua esperienza così fragile e altalenante, battuta a destra e manca, innalzata per la sua ingegnosità per poi essere nuovamente abbattuta nel naufragio - concetto molto caro al pensatore - definitivo? Se la filosofia ha pensato di fare a meno dell'esperienza umana, seguendo il modello platonico di equiparazione alla divinità (essere simili agli dei era il proposito espresso nel suo Teeteto, salvo poi aggiungere un laconico "per quanto possibile"...), allora ha messo in disparte propria la sua specificità rispetto ad altri rami del sapere: un sapere cioè non finalizzato alla sola utilità, né alla ricerca della migliore definizione sul mercato, ma alla comprensione della totalità, ovvero della verità.
Ambizioso come progetto, non c'è che dire. Ma l'ambizione si traduce nell'impegno filosofico a creare non un sistema tutto compiuto e pettinato, ma un metodo che con costante dedizione (altra terminologia cara a Jaspers) tenda di offrire una risposta alle domande, e domande alle risposte. Dire che non siamo direttamente nell'essere significa che noi siamo nell'essere, che noi siamo l'essere, ma che lo siamo nel nostro cantuccio, nella nostra porzione spazio-temporale (l'essere nato dove sono nato, da questa famiglia anziché da un'altra, nel XX secolo o a inizio del XXI…) e che di conseguenza la nostra comprensione della totalità, della verità sarà sempre legata alla nostra particolarità. Che non ci sia verità? Assolutamente no, ci dice Jaspers. Solo, essa è il nostro cammino, la strada sulla quale incamminarsi.