La filosofia e le sue voci | 27 luglio 2024, 09:30

Penso, dunque...

Nuovo appuntamento con le riflessioni di Simone Vaccaro, per la rubrica "La filosofia e le sue voci"

Immagine elaborata da Arena Philosophika

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Sospetto, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Pensare significa dimenticare differenze, significa generalizzare, astrarre

Jorge Luis Borges, Finzioni (da Funes, El memorioso)

Sono del tutto in disaccordo con una affermazione simile. O meglio, sono tanto in disaccordo quanto concorde. Cercherò di spiegarmi meglio, altrimenti si fa confusione. Sulla prima parte di questo piccolo estratto sono sostanzialmente in sintonia. Per prima cosa, diamo un occhio al contesto: viene qui narrata la strana vicenda di Funes, di colui la cui memoria infallibile immagazzina tutto - ma proprio tutto - lo conserva e lo ripresenta alla coscienza. Una perenne overdose di nozioni, di informazioni, di dati si imprimono nella mente dell’ipermnestico malcapitato. Tanto da rendergli impossibile vivere: un groviglio di esperienze, circostanze, particolari insignificanti subissano la sua coscienza che deve retrocedere dietro la mole del ricordato(che poi in fondo in fondo non può nemmeno essere comparato con un genuino ricordo, perché privato del tempo necessario alla rielaborazione: il ricordo è di un evento passato, mentre Funes sopprime il tempo, nel presente esteso della sua “memoria” prodigiosa). Per questo concordo con la diagnosi borgesiana di incapacità di formulazione di un pensiero che, anche nel linguaggio quotidiano - “Aspetta! Dammi un attimo di tempo, ci devo pensare!” - è legato a doppio filo con il tempo, dunque a una dinamica ritmica (situazione - ci penso - risposta, con annessa variazione di velocità nelle tre fasi). Chi non ha tempo, chi non può permettersi questo lusso, non pensa. Funes brucia il tempo in un presente eternamente rutilante

Ma del tutto erronea è la convinzione che per pensare si debba tralasciare il brulichio delle cose del mondo per cogliervi solo ed esclusivamente una sceneggiatura di cui le cose altro non sarebbero che semplici epifenomeni. Ciò non toglie, ovviamente, che sia più che condivisibile l’idea di base, ovvero che pensare sia anche liberarsi dalle costrizioni delle singolarità reali (e questo in linea con buona parte di quel pensiero filosofico secondo il quale non ci potrebbe essere conoscenza se non dell'universale, sulla scorta delle riflessioni di Aristotele). Ma appunto: anche. E non solamente. Perché pensare non può ridursi all'individuazione di rapporti tra elementi singolari e relazionali: sarà più un conoscere, utilissimo dal lato pratico, ma decisamente limitante. Il pensiero per astrazione, matematico o formale che sia, non ha bisogno di un mondo cui controribattere. In quest' ottica, la soppressione delle differenze diviene l’unica arma a disposizione per non ricadere sotto il peso della riottosa e pullulante realtà. 

Ma allora che cosa è pensare? Non mi arrischio a fornire una definizione completa. Però, partendo sempre da un esempio quotidiano, ci si può fare un'idea più precisa. Siamo rientrati dalle vacanze estive, abbiamo ripreso - controvoglia - il lavoro e tutti belli abbronzati veniamo interrogati da un nostro collega che vuole sapere tutto, fin minimi dettagli, della nostra località di villeggiatura (poverino, deve ancora andare in vacanza e siccome è la prima estate con la sua nuova ragazza vuole che tutto sia perfetto!). Che cosa gli si racconterà? Tutto tutto come Funes, rivivendo praticamente la vacanza minuto per minuto, oppure si opterà per una selezione delle nostre esperienze? La risposta è scontata e ci permette di approcciarci ad una, parziale ovviamente, definizione di pensiero: pensare significa saper discernere le differenze, non dimenticarle! Credete che per il suo desiderio di vacanza perfetta sia indifferente sapere che nel locale X si mangi un fritto di pesce favoloso mentre in quello Y di pessima qualità? Che in quel lido i servizi siano perfetti mentre in quell’altro mediocri? Tutti i giorno noi facciamo differenze, ragioniamo sulle differenze a partire dalle differenze. Pensare significa proprio individuare le differenze a partire dalle differenze che si danno a noi; ricordare le differenze è proprio la cifra del pensiero che si sforza di tenere dietro alla realtà nel suo presentarsi così com'è (da X ho mangiato da dio, da Y non ho digerito nulla e sono stato male tutta la notte). E di questo non dovremmo dimenticarcene. 

Simone Vaccaro

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Simone Vaccaro

Mi sono laureato in filosofia della religione presso l’Università degli Studi di Torino, discutendo una tesi dal titolo: Filosofia come linguaggio di fede in Karl Jaspers.

Professore a chiamata presso scuole secondarie di primo e secondo grado e ricercatore per passione, animo seminari e caffè filosofici presso l’Istituto Istruzione Superiore “V. Alfieri” di Asti.

Sono interessato principalmente alle questioni metafisico-ontologiche (che sono meno noiose di quanto possano sembrare!) e alla natura (teor)etica del pensiero filosofico.

Dal 2019 sono cofondatore e coredattore del blog filosofico Arena Philosophika, nato come piattaforma di confronto, di incontro e laboratorio estetico-concettuale.

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