Ciò che separa: ciò che mette autenticamente in relazione, l'abisso stesso dei rapporti in cui si mantiene, semplicemente, l'intesa sempre custodita dell'espressione di amicizia
Maurice Blanchot, L'amicizia
Amicizia è una parola bellissima. È una parola che è anche una sostanza: non si è amici per dire, non basta la parola "amico" per essere amico. L'amico, se è, non può che essere totalmente. L'amicizia sancisce la predominanza della cosa sul nome, del realismo sul nominalismo: chi è amico si comporta da amico, vive da amico. Qui non intendo passare in rassegna le strutture formali fondamentali per la delineazione del concetto di amicizia; sono più interessato, da una parte, a voler fare emergere quanto viene messo in moto dalla relazione amicale, e, dall'altra, a sottolineare una portata più generale dell'amicizia. In questa direzione viene allora letto lo spunto di partenza di quest'oggi dello scrittore francese Maurice Blanchot (1907-2003).
La citazione si trova in un interessante libro di Claudia Baracchi, intitolato semplicemente Amicizia, dedicato alla delineazione della trama logica di questo termine così complesso nell'ambito specifico della filosofia antica. Il passo di Blanchot difatti è utilizzato come principio: non solo come condizione di possibilità dell'amicizia, ma come suo diretto effetto. Prendiamo le mosse da quest'ultima considerazione: l'amico è colui che, pur nella distanza che si va a instaurare tra i vari attori in campo, permette il superamento della voragine che esso stesso inaugura. L'amico figura così come quel motore del negativo che dinamizza la realtà, come quel fattore primario della relazione che fa sì che di relazione autentica si tratti: non vi può essere, difatti, senza il posizionarsi reciproco di entità distinte, separate dall'abisso della differenza (io non sono te), ma, al contempo non vi può essere se i poli divergono tanto da essere dispersi. Differenza, separazione ma non dispersione.
Questa conclusione ci riconduce direttamente al secondo aspetto preso in considerazione. Che cosa implica la relazione amicale? E ancora più in profondità: cosa rende possibile l'amicizia? Sebbene molto cursoriamente, la domanda ottiene una risposta nel libro della professoressa Baracchi: l'amicizia ha natura ontologica. Ovvero ha a che fare direttamente con l'essere, che noi siamo, certamente, ma che non esclude un livello di analisi ulteriore. Se, lo abbiamo visto, l'amico è il principio della differenza non dispersiva, allora il suo essere qui e ora è direttamente inserito in una trama che lo attraversa. Proprio perché l'amico raccoglie in sé il differente in quanto concetto-realtà relazionale, l'essere stesso che collega i due relata - cioè i termini che entrano in relazione - viene direttamente chiamato in causa. L'esperienza dell'amicizia si viene allora a configurare come quell'esperire le linee di confine che sono le diramazioni stesse dell'essere. Forse nulla vi è di più metafisico che l'amico: e per questo nulla vi è di più fisico. Domandarsi sull'amicizia e vivere da amico sono, dunque, genuini modi di vivere filosoficamente.