Storie di Orgoglio Astigiano | 09 settembre 2023, 12:28

Storie di Orgoglio Astigiano. Paloma, dall'orfanotrofio in Brasile ad Asti: "Questa terra la vivo, è una scelta stare qui, non ci sono solo capitata. Asti la sento mia. Mia per davvero"

Adottata da una famiglia astigiana a tre anni, è arrivata qui durante la visita di Papa Giovanni Paolo II. L'orfanotrofio in Brasile era gestito da suore di San Damiano. Non ha mai smesso di cercare la sua famiglia d'origine e...

Paloma

Paloma

Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Ora e qui, di Yuman, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify

 

Sono profondamente legata ai girasoli.

A casa dei nonni c'erano sempre, quelli finti, gialli e blu, in cucina. Nonna, in uno dei nostri ultimi incontri, mi aveva detto che li avrebbe voluti cambiare, erano diventati troppo vecchi. Erano i suoi fiori preferiti.

Quando Paloma, Paloma Carla Mendola, mi manda qualche sua foto dopo la nostra chiacchierata, capisco che i girasoli fanno parte anche della sua di vita. 

Paloma ha una storia da pelle d'oca, una di quelle che ti fanno capire che nella vita non importa se cadi, non importa nemmeno quante volte cadi. Importa solo se riesci a rialzarti.

Paloma, parlami di te. Da dove vieni? Quali sono le tue origini?

Sono nata in Brasile, nella periferia di Osasco. Ricordo che, da piccolissima, a nove mesi, sono stata messa in un orfanotrofio a Carapicuiba. Pensa che era gestito da alcune suore salesiane di San Damiano d'Asti, le sorelle Franco. 

Pazzesco, era come se il tuo legame con l'Astigiano fosse già stato deciso

Sì, esatto, è incredibile. Senza saperlo ero già legata all'Astigiano. E poi, lo sono stata ancora di più. All'età di tre anni sono stata adottata da una famiglia astigiana. Papà di origine siciliana, arrivato ad Asti all'età di 14 anni, mamma di Montafia. Sono arrivata in città il giorno in cui c'era Papa Giovanni Paolo II. E, insieme ai miei nuovi genitori, c'era anche la mia nuova sorella. Una ragazza indiana che i miei genitori avevano adottato, più grande di me di due anni.

Sei astigiana da tanto tempo, ma come definiresti il tuo legame con il Brasile?

Ho come un richiamo alla cultura brasiliana, qualcosa di ancestrale, qualcosa che sentiamo dentro sia io che mio fratello, un
richiamo alla spiritualità molto forte. Mi sento una ricercatrice, di fatto

Aspetta, tuo fratello?

Sì, io ho due fratelli di sangue, che sono stati adottati da una famiglia di Padova. Io e uno dei miei fratelli, nello specifico, abbiamo sempre sentito il desiderio e il bisogno di cercare la nostra famiglia di origine, di scoprire le nostre radici, la storia della nostra famiglia. Sentivo come un vuoto dentro. A 21 anni ci sono riuscita. Sono riuscita a capire chi fossi davvero. 

Che cosa hai scoperto? Qual è la tua storia?

Mio fratello ha scoperto che in Brasile esiste un sito internet tipo "Chi l'ha visto?" in Italia, in cui si pubblicano annunci di persone che si ricercano. Così, abbiamo pubblicato un annuncio per cercare la nostra famiglia, scoprendo che nostra mamma lo aveva pubblicato per cercare noi. Lo aveva fatto cinque anni prima, nel 2011.

Però?

Purtroppo nostra mamma è mancata quello stesso anno per un tumore all'utero, non siamo riusciti a conoscerla. Papà, invece, era stato assassinato poco dopo la mia nascita. Grazie alla nostra ricerca, però, siamo riusciti a ritrovare i parenti da parte di mamma, i suoi fratelli e le sue sorelle. E abbiamo anche scoperto di avere una sorella più piccola di due anni, che vive in Brasile e oggi ha tre figli.

Hai mai saputo cosa fosse successo a tuo padre?

Non abbiamo mai capito cosa sia successo realmente, forse una lite al bar. Venne accoltellato. Mamma era vittima di violenza. Fu per proteggerci, forse, che ci mise in orfanotrofio. 

E poi?

E poi non l'ho più vista, non ci ha mai fatto visita in istituto. E, dopo due anni, si ripresentò all'orfanotrofio, ma non le hanno mai più permesso di vederci. 

Casa per te è Asti?

Ora che ho 33 anni e da 30 anni vivo ad Asti, per me questa città è casa, per quanto una parte di me si senta legata al Brasile. Adoro l'Astigiano, trasferirmi per amore a Tirana, per seguire mio marito Fabrizio (anche lui Orgoglio Astigiano, QUI l'intervista, ndr), mi è costato molto. Sento di avere le radici qui, c’è una parte emotiva che ti porta a interrogarti. Forse davo troppo per scontato. Ho degli angoli di me, corso Alfieri, piazza Cattedrale dove mi godo un panorama più ampio, Viatosto, mi ci sono sposata lì. In estate cerco i campi di girasole in provincia. Sono affezionata, la vivo questa terra, è una scelta stare qui, non ci sono solo capitata. Asti la sento mia. Mia per davvero.

Girasoli, cicatrici emotive

E sì, anche per Paloma i girasoli significano qualcosa.

Quando parla ha come una luce negli occhi. Un qualcosa che mi commuove. Quanta forza si può nascondere dietro a un sorriso? Quanto dolore si può celare dietro a un'apparente felicità? La storia di Paloma sa di rinascita, di consapevolezza, di riscoperta. Mi dice che le storie belle possono anche iniziare male. Basta che poi ognuno di noi cerchi di farle finire bene. Mi dice che non è una colpa cadere. Mi dice che basta rialzarsi e farlo con nuove consapevolezze.

Nel salone di casa ho un vaso pieno di girasoli. Finti, come quelli dei nonni.

Mi dico che sono parte di me. Come il gladiolo che ho tatuato sul braccio sinistro. Cicatrici emotive che voglio continuare a vedere, a sentire, a toccare. Come i girasoli.

Lavorare in comunità. Una scelta di cuore

Che lavoro fai, Paloma?

Io e l’altra sorella brasiliana siamo entrambe educatrici, lo sentiamo nel sangue. Lavoro in comunità, è una scelta di cuore, forse mi coinvolge troppo, ma l'ho sempre sentita come una missione. Ho lavorato prima in una comunità di minori. Avevo 26 anni. Poi sono stata tre anni nella comunità mamma-bambino a Castello di Annone. Ci ho lasciato il cuore. È stata un’esperienza difficile, con donne vittime di violenza che venivano inserite in comunità su provvedimento del giudice, con i loro figli. Dall’Arabia alla Nigeria, molte vittime di tratta, anche italiane.

La storia che più ti ha colpita?

Ce ne sono molte, ma direi quella di un mamma giovane, zingara. Aveva tre figli ed er stata mandata da noi dai servizi sociali. Il marito violento l’aveva picchiata, aveva perso conoscenza ed era stata trascinata fino al fiume. Voleva ammazzarla. Era incinta. Era tornata con il compagno, una volta uscito dal carcere. Lui l’aveva massacrata di botte davanti ai bambini. Era in una comunità dell'Astigiano in cui lavoravo. Un giorno sparì nel nulla, non l'ho mai più vista. È difficile saper giudicare, anche per me che ho alle spalle una storia complessa. Con alcune di loro entri in confidenza, sono donne fragili, oltre alla maschera di rabbia che usano per difendersi.

Adesso dove lavori?

Lavoro in una comunità femminile per ragazze abusate, ad Asti.

Un figlio non dimentica mai i genitori

Un consiglio a chi sta vivendo una situazione difficile?

Sono fortemente convinta che se non scatta qualcosa dentro di te, quel desiderio di volerti riscattare, puoi ascoltare tutti i consigli che vuoi ma non li porterai mai a termine. Come se scattasse un istinto di sopravvivenza che non ti permette più di andare alla deriva. La mancanza di amore genera dentro di te un senso di rifiuto e di abbandono, qualcosa che mi porto dentro ancora oggi. Bisogna ricordarsi che abbiamo una dignità. Nessuno di noi è nato per soffrire e dipende anche da noi reagire e riscattarsi. Bisogna cercare amore per noi stessi. Mia madre è riuscita a rinunciare ai propri figli. Un figlio, però, non si dimenticherà mai dei propri genitori.

Sei più tornata in Brasile?

Sì, ogni tanto torno, ma mi diconono che il mio portoghese non è buono e ogni tanto mi parte quel "neh piemontese" (ride, ndr). È bello tornare in Brasile, è come avere una doppia casa, sapere di avere due madri e due padri. È stato fondamentale ritornarci sapendo che sono qui, che non devo vivere lì. Asti è il mio futuro, da qui posso andare dove voglio, il Brasile mi ricorda da dove vengo, ma sapendo che non si è fermato tutto lì, che la mia vita è andata avanti.

Un luogo del cuore?

Nella comunità di Refrancore c’è un pino sopravvissuto a tutte le stagioni. È quello il mio luogo del cuore, ma so che non posso andarci quando voglio. E poi Viatosto, dove ci siamo sposati, c’è un cipresso bellissimo fuori dalla chiesa.

Il video saluto ai lettori

Elisabetta Testa


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Orgoglio Astigiano è un progetto che vuole portare alla luce storie di vita e di talenti del territorio, che trova il suo spazio nella rubrica settimanale “Storie di Orgoglio Astigiano”, a cura della giornalista Elisabetta Testa.

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Elisabetta Testa

Da giovane giornalista creativa, scrivo di persone dalle storie incredibili, che hanno Asti nel cuore, che ne conservano un dolce ricordo, che qui ci hanno messo radici e che, orgogliosamente, fanno conoscere la nostra città in altre terre.
Orgoglio Astigiano è la storia di un salto, personale e professionale; è un invito a riscoprire se stessi attraverso le testimonianze di chi ce l'ha fatta.
Orgoglio Astigiano per me è sinonimo di scelta: la mia e quella degli altri.
Per questo ho voluto scrivere in prima persona ogni articolo della rubrica, convinta di riuscire a portare anche te nel mio mondo.
Requisiti richiesti? Bisogna lasciarsi andare. Più che farti intervistare, ti devi guardare dentro. Senza aver paura di raccontarmi ciò che ci troverai...

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