A chi ti dà il cappone, dagli la coscia e l’alone.
Per introdurre il tema di gita odierno, l’antico modo di dire è perfetto. Nel suo invito a ricambiare i gesti gentili non è un caso che tratti di cappone. Tradizione gastronomica plurisecolare, legata in particolare al Natale ed alle festività di fine anno, molto diffusa nelle campagne piemontesi, dove praticamente in ogni cascina se ne allevava qualcuno, da vendere al mercato per arricchire la tavola con una specialità considerata, a buona ragione, vero lusso per il palato.
Della castrazione del pollo, da cui si ottiene appunto la carne di cappone, si ha notizia dai tempi dell’Antica Roma quando il divieto di allevare le galline in casa ne aveva fatto diffondere la pratica, e lo stesso nella Grecia antica, non fosse altro che per le difficoltà di tenere troppi galli in un solo pollaio. Oggi i problemi sono altri, con modelli di produzione e di consumo fondati sul principio in base al quale l’agricoltura locale deve essere al servizio del mercato globale. Fortuna che qualcuno continui a ribellarsi, altrimenti nel prossimo fine settimana, 9 e 10 dicembre, non avremmo da correre a San Damiano d’Asti e a Vesime per godere di due dei quattro capponi regionali compresi nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali italiani dal Ministero delle politiche agricole, forestali e alimentari: di Morozzo, di Monasterolo di Savigliano, di San Damiano d’Asti e di Vesime.
Preziose eredità locali che intrecciano tradizioni e culture, diversità, saperi e gesti portandoli in fiera. Fiera del Cappone di San Damiano d’Asti che inaugura domenica 10 alle 11, con pranzo a base di cappone, preparato dalla locale Pro loco, al Foro Boario del paese, circondati dell’esposizione e dal mercato di un migliaio di esemplari da oltre 30 allevatori. Insalata di cappone, raviolini in brodo di cappone e bollito misto a predominanza cappone. Tutto imperdibile. Tutto gustoso, genuino e di origine garantita da una razza autoctona che prende il nome di Bionda. E poi la bella opportunità di visitare una delle undici Villenove Astesane, fondata nel 1276, a conclusione del progetto di creazione, a occidente, di un territorio compatto e pressoché ininterrotto di villenove, incominciato nel 1248 con la fondazione di Villanova d’Asti. Oggi la pianta del paese è ancora quella dell'Oppidum romano con una strada maestra tagliata da 10 contrade. Assai piacevole il suo centro storico, attraversato dalla porticata via Roma. Qui ivi aspettano il settecentesco palazzo comunale e una serie di chiese spettacolari: la parrocchiale dei SS. Cosma e Damiano che ha per campanile una delle torri circolari dei bastioni medioevali; la confraternita dell'Annunziata che conserva il bellissimo gruppo statuario ligneo dell' Addolorata di Stefano Maria Clemente; la parrocchiale di San Vincenzo, di origini gotiche e la chiesa di San Giuseppe, una delle più belle del barocco piemontese.
Il giorno prima, sabato 9, non perdetevi l’affascinante borgo di Vesime e la sua Fiera del Cappone che si tiene da più di 50 anni. Fiera nel centro storico del paese con esposizione di capponi e pollame presso il cortile delle scuole, pranzo e cena organizzati dalla sua Pro Loco al Museo della Pietra. E poi un paesaggio da urlo, colorato sontuosamente dall’autunno, carico di boschi, noccioleti e vigneti e il borgo, dalle origini antichissime, abitato prima dai Liguri Stazielli e poi dai Romani. Il nome sembra derivi dal fatto che l’insediamento romano era stazione di posta situata ad vigesimun lapidem, cioè alla ventesima pietra sull’antica strada che collegava Acqui Terme a Castino, nel Cunnese.
Non perdetevi il palazzo che ospita gli uffici comunali, dove sono custoditi reperti archeologici di epoca romana e paleocristiana e una delle numerose statue-stele in arenaria che un tempo ornavano i filari delle vigne. Moai a due passi da casa, anche loro come nell’Isola di Pasqua, a ringraziamento e protezione per i frutti della terra. Non perdetevi l'interno tardoromanico della pieve di Santa Maria e i resti dell'antico castello. Per digerire, farei anche due passi a scoprire l’aeroporto partigiano allestito e reso operativo nel 1944 per il decollo e l’atterraggio di velivoli che portavano aiuti e personale militare. La denominazione in codice del piccolo aeroporto segreto, che non fu mai scoperto, era Excelsior. Insomma tradizioni, qualità e biodiversità alimentare, piaceri della tavola, storia e monumenti vari. Sì, l’Astigiano è proprio un posto bellissimo.