Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone These Days, di Rudimental, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify
Quasi 20 anni, un talento incredibile e una curiosità che non la fa stare ferma nemmeno un secondo.
È la pallavolista Emma Barbero, astigiana doc, ora negli Stati Uniti d'America per una nuova avventura, personale e professionale.
Ci diamo appuntamento telefonico non prima di aver fatto un accurato studio sul fuso orario (ben 9 ore). Una chiacchierata stupenda, un incontro virtuale tra due persone che, nonostante non si fossero mai viste, avevano tanto da dirsi.
Emma, partiamo dall'inizio, dalla tua passione per la pallavolo. Come e quando è nata?
Devo fare una premessa. Ho una sorella più grande di due anni, con cui ho sempre condiviso molte passioni. Io e lei da piccole abbiamo iniziato con l'equitazione, poi, alle elementari, ci siamo avvicinate entrambe alla pallavolo, tramite il mini volley, attraverso il Mombervolley di Mombercelli. Ci piacevano entrambe le discipline, ma i ritmi erano eccessivi, quindi optammo per la pallavolo. Dai 10 anni ci siamo spostati al Playasti, con cui ho fatto due stagioni, U11 e U12. Poi, a 12 anni, ho fatto un camp estivo a Loano, con l'Orago, che all'epoca era la più titolata in Italia nel settore giovanile, con l'allenatore Bosetti. Mi hanno vista e mi volevano per giocare nella loro società, ma dovevo ancora iniziare le medie. Così sono rimasta ad Asti, ma l'anno dopo mi sono trasferita a Varese per giocare con loro.
Praticamente è da quando avevi 12 anni che vivi fuori casa, da sola, per inseguire la tua passione?
Esatto, dovevo ancora iniziare la terza media. Ho trascorso due anni con l'Orago, ho vinto anche un Campionato nazionale, poi mi sono trasferita a Sassuolo, frequentando la scuola a Modena. Facevo seconda liceo. In quel periodo ho fatto il Trofeo delle Regioni, ero con l'Emilia Romagna, in cui sono stata premiata come miglior libero d'Italia. Poi sono andata a Piacenza in U16, U18 e Serie C.
Cosa succede a questo punto della storia?
C'è un piccolo stop, purtroppo. Durante l'ultima partita prima del lockdown mi rompo la mano. Una brutta frattura scomposta. Vengo operata e il periodo post operatorio è lungo. Anche grazie allo stop delle partite a causa del Covid, però, faccio in tempo a riprendermi, senza perdermi nessuna partita. Successivamente faccio uno stage con la Nazionale e partecipo agli Europei in Montenegro, in cui vengo premiata come miglior libero in Europa della manifestazione.
Quando arriva la chiamata dalla Serie A?
Dopo Piacenza mi trasferisco a Milano per giocare con il Club Italia, con cui sono stata per due stagioni, in Serie A2. Parallelamente studiavo a Milano. Dopo aver partecipato anche ai mondiali in Messico ed esserci qualificate secondo (dopo la Russia), vengo premiata anche come miglior libero al mondo. Finiti gli studi, ricevo la chiamata da Vallefoglia (nelle Marche, ndr), in A1. Accetto, con la voglia di andare in America, prima o poi. Da quando avevo 16 anni è sempre stato il mio sogno più grande.
"I have a dream"
Come sei riuscita a coronare il tuo sogno americano?
Ho iniziato a informarmi per cercare di capire come andare in un college americano. Ho avuto contatti con un'agenzia che aiuta a ottenere borse di studio. Avevo una ventina di college tra cui decidere e ho scelto di trasferirmi a Pullman, nello Stato di Washington, in cui vivo dal 31 luglio 2023. Riesco a tenere insieme entrambe le cose: lo studio e la pallavolo, perché qui sport e scuola sono collegate, non come in Italia.
Cosa studi negli USA?
Sto studiando Tecnologie mediche e nel frattempo mi diverto a giocare a pallavolo.
Che cosa rappresenta per te la pallavolo?
Non è un lavoro, non lo è mai stato per me. Dico sempre che finché riuscirò a divertirmi continuerò a giocare. Le ho dato tutta la mia adolescenza, non andavo a ballare, come gli altri della mia età, non ho avuto un'adolescenza normale e questo mi ha fatto crescere prima degli altri. A 12 anni di solito non si fanno lavatrici, non si vive lontano dalla propria famiglia. Io della pallavolo me ne sono innamorata, è una valvola di sfogo ed è uno sport che mi fa stare bene. Non ho ancora avuto un'esperienza lavorativa perché è divertimento.
Cosa vuoi fare da grande, Emma?
Ad oggi non so cosa vorrò fare dopo il college, ci penserò in questi tre anni. In futuro non so, potrei tornare in Italia, spostarmi in altri posti in Europa, restare in America, chissà. Sicuramente adoro viaggiare e vedere posti nuovi, ma in questa fase della mia vita devo dire che sto pensando più alla mia carriera lavorativa, anche se non è da escludere un ritorno sul campo.
Di sognatori con i piedi per terra e di scelte
La lucidità con cui Emma si racconta è ammirevole. Testa sulle spalle, sognatrice con i piedi per terra, una ragazza che ha scelto di crescere più in fretta (rispetto al protocollo sociale) in nome della propria felicità. È incredibile pensare a quanto siano fondamentali le scelte che facciamo lungo il nostro cammino. E anche lei ci ricorda che non è un reato non avere chiaro il proprio disegno di vita man mano che la si sta percorrendo. Che non è sbagliato unire i puntini 'ex post', che non è errato reinventarsi ogni giorno.
Immagino tu abbia un rapporto particolare con Asti...
Sì, esatto. Mi ci sento legata perché c'è la mia famiglia. Ho lasciato Asti tanto presto, andavo ancora alle medie, ma quando tornavo ho sempre dato priorità a vedere la mia famiglia. Non avendola vissuta da adolescente come città, anche solo per uscire il sabato sera, ho un rapporto particolare con il territorio. Andavo alle Sagre, che adoravo e sono legatissima al Palio. Quando ero piccola papà sfilava per il Borgo Santa Maria Nuova e ci ha trasmesso questa bella passione. Partecipavo anche alla Sfilata dei bambini con mia sorella. Vuoi sapere il mio sogno, quello che ho messo nella mia personale wishlist? Sfilare da adulta per Santa Maria Nuova, lo voglio fare da tanto tempo. Dopo il college, sicuramente, se avrò occasione di tornare ad Asti in settembre lo devo fare.
Parli alle tue compagne della tua città natale?
Sì, capita tante volte, anche perché loro hanno un po' il sogno dell'Italia, come noi italiani dell'America. Dico che vengo da una cittadina, "town", che si chiama Asti, un piccolo paese in cui c'è il vino buonissimo e il tartufo eccellente. Con una ragazza tedesca si parlava del Palio, lei conosceva quello di Siena. Le ho detto "Immaginati una cosa ancora più bella, ma nella mia bellissima terra, a casa mia!".
Un consiglio a tutti i ragazzi e le ragazze giovani come noi?
Bella domanda. Devo dire che anche io, appena arrivata in America, avevo paura, non ero abituata a niente di tutto ciò. Il mio consiglio però è quello di buttarsi, fate più esperienze possibili, in Italia, all'estero, state lontano da casa, viaggiate, arricchite quel bagaglio di conoscenze. Perché non adesso, che siamo giovani? C'è la paura di non farcela, della lontananza, anche solo andare a giocare nelle Marche mi aveva fatto pensare, però noi giovani ci riusciamo ad adattare, dobbiamo costruirci il nostro futuro, ce lo dobbiamo scrivere e lo possiamo fare solo noi.
E la paura di sbagliare?
Magari falliamo, non ci troviamo bene, ma possiamo sempre tornare sui nostri passi, la porta di casa è sempre aperta. Mal che vada si torna al proprio nido. Vivete la vita, siamo solo noi con le nostre esperienze ch racconteremo ai nostri nipoti, non abbiamo troppe pressioni, in questo momento della vita, se non quella di costruirci un futuro. Trovate la propria strada. Io personalmente non so se quello che sto studiando sarà la mia strada però siamo giovani, possiamo sbagliare e, anzi, sbagliando troveremo ciò che ci piace davvero. Non abbiate l'ansia di avere per forza la strada chiara fin da subito. Io ero quella ragazza che a scuola non sapeva cosa studiare né dove. Sono arrivata qui sapendo l'inglese studiato sui libri, che è completamente diverso. Ma nessuno ci giudica, anzi, un po' come tutte le cose, le impari solo vivendole.