Copertina | 01 giugno 2024, 00:00

Storie di Orgoglio Astigiano. Carlo Valli: "Vi racconto la mia vita come voce italiana del grande Robin Williams"

80 anni, ha prestato la voce a innumerevoli attori, tra cui Anthony Hopkins, Samuel L. Jackson, Liam Neeson e Gerard Depardieu, doppiando anche in "Toy Story", "Harry Potter", "Scream" e "Lo Hobbit"

Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone The man who can't be moved, di The Script, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify

Incontro per caso un'amica al bar. Iniziamo a parlare del più e del meno. Finiamo sul progetto di "Orgoglio Astigiano" e, sempre per caso (posto che esista questo fantomatico caso) mi dice che ha scoperto che il doppiatore italiano di Robin Williams sembra sia nato ad Asti. 

Rimango allibita. Si chiama Carlo Valli e io ho tutta l'intenzione di conoscerlo. Primo scoglio: capire come fare a contattarlo. Qualche giorno di telefonate e mail e ci arrivo per vie traverse. Spero accetti l'intervista. Lo fa con un sincero entusiasmo. Ci sentiamo telefonicamente. 

"Pronto?"

"Buongiorno, sono Elisabetta Testa, la giornalista di Asti"

"Buongiorno cara Elisabetta".

Assurdo! Sembra proprio che io stia parlando con Robin Williams. Emozionata e grata, capisco quanto io sia fortunata. Inizio con l'intervista e, parola dopo parola, mi lascio ipnotizzare dalla sua gentilezza, dalla sua profonda umanità, dal suo calore avvolgente. Ne sentivo il bisogno. 

Carlo, il suo rapporto con l'Astigiano?

Sono nato ad Asti, ma non ci ho mai vissuto. Quando sono nato c'era la guerra: la mia famiglia viveva a Torino, che era bombardata. Asti invece no. Per cui mia mamma aveva deciso di spostarsi ad Asti per la mia nascita. Non ci ho mai abitato in città, ma ci ho recitato molte volte. Una delle mie prime, da attore, ad Asti è stata con "L'uomo la bestia e la virtù", di Pirandello, all'Alfieri, con Mario Maranzana. Era una bella compagnia. Nel 2009 ho rifatto lo spettacolo, interpretando la bestia. Ho fatto anche Alfieri, la commedia "Il Divorzio", in versi. Interpretavo Prosperino, il giovane. Ho fatto anche uno spettacolo estivo ad Asti. 

Il ricordo più bello di quando è stato ad Asti?

Ricordo, proprio durante questo spettacolo estivo, che i miei colleghi non sapevano fossi nato lì. E alla fine, durante gli applausi, quando eravamo sul palco, sono andati tutti indietro e mi hanno lasciato avanti. Per loro, essendo astigiano, meritavo ancora più applausi. 

Parla di Asti quotidianamente? E quale feedback riceve?

Assolutamente. Ci tengo molto a sottolineare che sono astigiano, che sono nato in una città bellissima come Asti. E purtroppo sono in molti a non sapere dove sia questa terra. E, anche se vivo a Roma da ormai 60 anni, non mi stancherò mai di far conoscere Asti. 

Come nasce la passione per la recitazione, diventata poi la sua vita?

È nata con mia mamma, una donna molto in gamba, morta a 92 anni. In casa eravamo io, mia mamma e mia sorella; papà lo avevano ucciso i tedeschi quando avevo un anno e quattro mesi. Beh, ecco, in casa parlavamo piemontese. E noi due bimbi facevamo molto spesso errori gravi a scuola nei temi, italianizzavamo parole piemontesi, in sostanza. E questo innervosiva mamma, che a un certo punto ci mandò a scuola di recitazione e dizione. Una scuola per bambini, in cui però non ci insegnavano solo dizione. Facevamo anche prove di spettacoli che si facevano poi a fine corso, ma importanti, da adulti, come Goldini, Molière. Ci facevano anche lavorare in radio, c'erano tantissimi programmi per ragazzi fatti da ragazzi. Da allora, avevo circa 10 anni, ho lavorato in radio, facendo tante commedie. Appena ho finito il Liceo Classico sono entrato a Roma, all'Accademia di arte drammatica, fino al 1965. Uscito dall'Accademia, ho fatto teatro, prima con lo Stabile dell'Aquila che era appena nato allora, nel 1966. Non ho mai smesso di fare teatro e, insieme, dal 1967, ho iniziato l'attività di doppiaggio. 

Quando è arrivata quell'occasione? Quella diversa da tutte le altre?

 Per una ventina d'anni ho doppiato piccole cose, come succede in tutti i mestieri, si inizia così. Poi è arrivato a Roma il film “Good Morning, Vietnam”. Era il 1987. E lì mi chiamarono, chiedendomi di doppiare la voce di Robin Williams. Mi dissero che avrei lavorato bene. Feci i provini, dando le dimissioni dalla scoietà per cui lavoravo all'epoca (che aveva l'esclusiva, non si poteva lavorare per più realtà nello stesso momento). E da allora ho doppiato quasi sempre Robin Williams. 

Il sorriso e i complimenti di Robin Williams, a Roma per "Mrs. Doubtfire"

Ha mai conosciuto personalmente Robin Williams?

No, non l'ho mai conosciuto di persona. Era venuto a Roma in occasione della prima del film "Mrs. Doubtfire". Io non ero presente, ma so che gli fecero vedere un pezzo del film doppiato in italiano da me. Lo guardò dalla tv, ridendo: si era divertito molto a sentirsi doppiato dalla mia voce. Volle sapere il mio nome e mi mandò i suoi complimenti.

È incredibile, magico, che potesse entrare così in sintonia con una persona che non conosceva 

Sì, lui era un attore straordinario. Sapevo quando prendeva fiato, sapevo tutto di lui, l'ho doppiato in più di 40 film. Sapevo quello che faceva, come respirava, senza averlo conosciuto. Per noi doppiatori sono importanti i momenti in cui l'attore respira, è importante conoscerlo bene: guardare molto il personaggio da doppiare, prima di metterci la voce sopra. A volte basta un'alzata d'occhio, uno spostamento di mano per dare un senso a quello che si dice. Ne sono quindi diventato come l'alter ego, come se una parte di me fosse in lui e viceversa. Ed è anche curioso. Quando vado a fare la spesa e magari chiedo qualcosa, restano tutti un attimo allibiti, chiedendomi se sono Robin Williams (ride, ndr)

Osservazione e piccoli gesti: aspettarsi là dove la parola non arriva 

Mi soffermo sull'importanza dell'osservazione. Quei piccoli gesti che sono in grado di dirci così tante cose di una persona e portarci dove la parola non arriverebbe, lì ad aspettarci. Il modo con cui riusciamo a conoscere noi stessi passa attraverso le tracce di noi che lasciamo indietro e che qualcuno, ancor prima di noi, riesce a vedere. Vedere attivamente, sentire, percepire, ascoltare. Quanti elementi, quanti dettagli avremmo sotto il nostro naso, se solo fossimo in grado di vederli. Carlo mi insegna che la differenza la fanno proprio i dettagli: quel sospiro profondo, quello sguardo vago, quelle rughe sotto gli occhi figlie di un riso sincero. Quanto amo i dettagli. 

Come ha accolto la notizia della tragica scomparsa di Robin Williams?

Ho sentito di aver perso qualcosa di me. Mi ricordo che quel giorno, (l'11 agosto 2014, ndr) ero con la mia famiglia in gita in montagna. Mi telefonarono più di duemila persone, il mio cellulare suonava all'infinito. Ricevetti una pioggia di condoglianze, come se fossimo legati da un qualcosa di profondo io e Robin Williams. Era molto amato dalla gente, dalle persone comuni, non da Hollywood. Vinse solo un Oscar, come attore non protagonista, in "Will Hunting - Genio Ribelle".

Il film in cui ha preferito doppiarlo?

Sicuramente in "Good Morning, Vietnam", perché è stata la prima volta in cui ho prestato la mia voce con lui. E la prima volta non si scorda mai. All'epoca mi avevano fatto vedere il film in lingua originale, prima di doppiarlo. E mi ricordo benissimo di essermela fatta sotto (ride, ndr). Pensavo fosse una cosa troppo grande e complessa per me. Ero stupito che si fidassero così tanto delle mie capacità. Avevamo impiegato più di un mese per il doppiaggio di quel film. E poi direi "L'attimo fuggente", un film straordinario. Ricordo che, uscito nelle sale italiane, andai al cinema a vederlo. Vedere sale intere commosse mi segnò profondamente. E poi "Mrs. Doubtfire", per cui nel 1995 ho vinto il Nastro d'Argento come miglior doppiatore. 

Forse farei prima a chiederle cosa non ha doppiato di Robin Williams...

Ad esempio "L'uomo bicentenario" non l'ho fatto io, ma il collega Marco Mete, che ha curato circa una decina di film con Robin Williams. Ho lavorato su Good morning Vietnam, L'attimo fuggente (Dead poets society), Tempi migliori (The best of the times), Cadillac man, L'altro delitto (Dead again), Toys, Mrs. Doubtfire, Being human, Imprevisti d'amore (Nine months), To Wong Foo, Piume di struzzo (Birdcage), Jack, Amleto, L'agente segreto, Flubber, Harry a pezzi (Decostructing Harry), Genio ribelle (Will Hunting), Al di là dei sogni (What dreams may come), Patch Adams, Intelligenza artificiale, One hour photo, Insomnia, Un amore sotto l’albero (Noel), Robots, Final cut, The big white, Vita da camper (RV), L’uomo dell’anno (Man of the year), Licenza di matrimonio (License to wed), La musica nel cuore (August Rush), Low and Order, Old Dogs (Daddy-sitter), The Big Wedding, The Butler, Face of love, The angriest man in Brooklin (90 minuti a New York), Absolutely Anything (Un'occasione da Dio), A Merry Christmas Miracle, House of D. 

Incredibile. So che ha doppiato tantissime altre voci. Il suo curriculum è infinito, ma dovesse citarmi qualche altra esperienza?

È stato molto bello per me doppiare James Broadbent, attore britannico molto conosciuto, che interpretava, ad esempio, il professor Lumacorno in Harry Potter. Broadbent l'ho doppiato una ventina di volte, mi ci sono sentito subito in sintonia. E, un'altra bellissima esperienza, è stata interpretare l'irlandese tutto fuoco e sangue, Colm Meaney. Ricordo che la prima volta che l'ho doppiato in un film, in cui si parlava di famiglia, sembrava un documentario da quanto erano bravi gli attori. Eccezionale. 

Un curriculum di 45 pagine 

Carlo ha doppiato tantissimi altri attori. Il curriculum che mi manda consta di 45 pagine. Impossibile raccontarvi tutto, ma sappiate che ha prestato la voce, in alcuni film, anche a Kurt Russel, Anthony Hopkins, Danny De Vito, Steve Martin, Samuel L. Jackson, Jim Belushi, Joe Pesci, Liam Neeson, Gary Oldman, Gerard Depardieu e tanti, tantissimi altri. È stato Ghostface nella serie di "Scream" e il nano Balin nella trilogia "Lo Hobbit". 

Un'altra parte importante della sua carriera è composta dai film di animazione, giusto?

Sì, ho diretto, fino al 2016, il doppiaggio di tutti i "Toy Story", per esempio, così come in diversi altri film non di animazione. In "Toy Story" ho anche prestato la voce a Rex, il dinosauro. In "Kung Fu Panda 4" sono stato la voce del Maestro Shifu, in "Minions 2 - Come Gru diventa cattivissimo" quella di Willy Krudo, in "La famiglia Addams" del 2019 la voce di Nonno Frump, in "Wish" Sabino e molti altri. 

57 anni di doppiaggio, senza mai smettere di fare anche teatro. Come è cambiato il mestiere, dagli anni Sessanta ad oggi?

Una volta si lavorava molto più che adesso. Prima c'era il film, c'era la pellicola, anche quando si faceva l'adattamento avanti e indietro. Ora ci sono i pc, è tutto digitale. Il fonico in regia ora digita un timecode, una codifica di tempo, e si vede quel pezzo di film. Con il digitale è cambiato tutto, permette infinite piste, allora ne avevamo una e si incideva su una sola. Ho vissuto un cambio incredibile. Da una parte è più semplice, ci sono più possibilità, si fanno cose impensabili prima a livello tecnologico.

L'intelligenza artificiale impatterà sul suo mestiere?

Il doppiaggio credo che finirà, con l'intelligenza artificiale campionano già le voci. Per ora non riescono ancora a far fare intonazioni, ma prima o poi, secondo me, ci riusciranno. E poi, in generale, le nuove generazioni adesso spesso preferiscono guardare un film in lingua originale, non doppiato, padroneggiano bene l'inglese.

Un consiglio ai giovani che sognano percorsi di vita non preconfenzionati, un po' come il suo?

Giovani ne ho visti tanti, ho insegnato anche in una scuola. A loro posso dire solo che devono essere umili, non pretenziosi. E, per chi sogna questo percorso, guardare bene lo schermo e saper recitare, essere attori prima ancora che doppiatori. Un ragazzo non può fare questo solo perché ha una bella voce. La voce non conta, non è tutto: è il modo di recitare che va curato. Dobbiamo fare altrettanto con la voce, la faccia ce la mettono gli attori. Non possiamo non essere attori noi in prima persona. 

Pensa di tornare ad Asti?

Non so se tornerò ad Asti, forse sì, mi piacerebbe. Ricordo una città favolosa. 

Uno speciale videosaluto agli amici di Orgoglio Astigiano

Elisabetta Testa

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Elisabetta Testa

Da giovane giornalista creativa, scrivo di persone dalle storie incredibili, che hanno Asti nel cuore, che ne conservano un dolce ricordo, che qui ci hanno messo radici e che, orgogliosamente, fanno conoscere la nostra città in altre terre.
Orgoglio Astigiano è la storia di un salto, personale e professionale; è un invito a riscoprire se stessi attraverso le testimonianze di chi ce l'ha fatta.
Orgoglio Astigiano per me è sinonimo di scelta: la mia e quella degli altri.
Per questo ho voluto scrivere in prima persona ogni articolo della rubrica, convinta di riuscire a portare anche te nel mio mondo.
Requisiti richiesti? Bisogna lasciarsi andare. Più che farti intervistare, ti devi guardare dentro. Senza aver paura di raccontarmi ciò che ci troverai...

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