[L']amato non ci è opposto, è uno con la nostra essenza: in lui vediamo solo noi stessi, e tuttavia non è noi: miracolo che non siamo in grado di capire
Hegel, Scritti giovanili
Potrà sembrare strano, ma anche Hegel, da giovane e non solo, l'austero e un po’ barbogio filosofo idealista, si è occupato di amore nei suoi scritti. Dichiaro subito, a scanso di equivoci: non si tratta dell'amore romantico, di quello narrato nei romanzi, cantato dai poeti e rappresentato nei teatri. Qui l'amore è un dispositivo filosofico, un concetto che diviene, in qualche modo, la filosofia stessa. Da un certo punto di vista, il filosofo tedesco ha fatto sua l'eredità platonico-agostiniana: la filo-sofia è amore, desiderio di ricongiungimento con il principio primo che non può che essere identificato con Dio. Amore verso Dio, amore verso l'alterità: la filosofia si configura come quell'avventura intellettuale che si distribuisce sulle coordinate, intersecando l'asse orizzontale delle ascisse (l'alterità) con quello verticale delle ordinate (la trascendenza di Dio) - processo che nell'Hegel maturo sarà tutto interno all'Idea, ovvero a Dio stesso.
Come ha correttamente appuntato Alessandro De Cesaris nel suo Ai limiti del concetto (Orthotes, 2024), l'amore si fa carico dell'annosa questione della pluralità, nei suoi rapporti con l’unità. Pensiamo semplicemente alla nostra esperienza quotidiana e proviamo a porre mente a un sentimento tanto forte quanto distruttivo quale l'odio. La persona odiata ci è estranea, separata. Infinitamente distante, la si percepisce solamente come quel nembo oscuro e fluttuante che ci perseguita, che contamina irrimediabilmente quanto di più nobile ci collega e ci tiene uniti; erode il tessuto connettivo, la cartilagine che funge da cuscinetto alla frizione tra ossa. Non ci sembra, allora, l'odio uno smembramento dei tessuti, la cancrena della carne che ci tiene uniti, la disseminazione per le strade del mondo?
Di contro, “[l]a dimensione dell'amore è non mediana, ma mediale: essa non consiste nella ricerca di un punto intermedio tra soggetto e oggetto, ma nell'individuazione del modo in cui l'oggetto si mostra come al tempo stesso unito e distinto dal soggetto” (De Cesaris, p. 55). L'amore diviene così quel campo entro il quale reciprocità - riconoscimento vicendevole - distinzione - sa accogliere la negazione dell' X-non-è-Y - sono rese possibili. Ecco, se vogliamo definire l'amore: esso è condizione di possibilità imprescindibile, se è nostra intenzione fornire una descrizione e una spiegazione coerente delle trame del mondo in cui ci è toccata la sorte di vivere. In questa chiave, non è più possibile negarne le implicazioni filosofiche, né espungerne le ricadute in ottica ontologica.