Attualità | 06 luglio 2025, 07:00

I Santi Sociali: pionieri della fede e architetti della società

I Santi Sociali: pionieri della fede e architetti della società

Nella Torino di fine Ottocento, dove le ciminiere delle fabbriche riempivano l’aria di fumo e nuove povertà si affacciavano sulle periferie, la Rivoluzione Industriale stava stravolgendo il tessuto sociale, lasciando ai margini i più deboli — orfani, disabili, anziani, senza fissa dimora, migranti — esclusi dalla formazione, dal lavoro, dalla dignità. Fu in questo contesto che emerse l’opera straordinaria dei Santi sociali: uomini e donne, religiosi e laici, che, mossi da una profonda fede, si fecero pionieri e riformatori, ben oltre la mera elemosina. La loro azione, che attingeva a una dimensione contemplativa che alimentava ogni loro gesto, ha anticipato i contenuti che Leone XIII espresse nella Rerum Novarum (1891) sulle ingiustizie del mondo del lavoro, costruendo dal basso una delle prime reti di protezione sociale e ispirando l’attuale welfare. I Santi sociali scelsero di stare dalla parte degli ultimi, restituendo loro voce, cura e una prospettiva per il futuro.

Educazione, solidarietà e impegno sociale

Per i Santi sociali, l’educazione era la leva per l’emancipazione, per combattere le ingiustizie, restituire dignità alle persone e aiutarle a costruirsi un futuro migliore. Fu per questo che aprirono oratori, scuole popolari, centri di formazione professionale, dove ogni giovane potesse imparare un mestiere, uscire dalla povertà e contribuire allo sviluppo della società. San Giovanni Bosco, ad esempio si adoperò per costruire un luogo dove i ragazzi di strada trovavano una casa, un’istruzione, un’amicizia sincera e una prospettiva per il domani, secondo un “metodo preventivo” che si basava sulla presenza, sulla fiducia e sulla dolcezza — un modello che ha influenzato generazioni di educatori.

Allo stesso modo, le sfide poste dal mondo del lavoro — dallo sfruttamento minorile a quello femminile, dai salari iniqui alle condizioni disumane — non lasciavano indifferente nessuno di questi Santi: si adoperavano per promuovere una cultura del rispetto, aumentare le tutele e combattere ogni forma di ingiustizia. Emblematico è l’impegno del Beato Francesco Faà di Bruno, che si dedicò alle operaie, nella speranza di costruire una società più giusta; nascevano così le società di mutuo soccorso, le cooperative e i sindacati cristiani per restituire voce a coloro che non l’avevano.

I Santi sociali non si limitavano a sfamare o vestire, ma si prendevano cura delle persone sotto ogni punto di vista, a livello sia fisico che spirituale, come fece San Giuseppe Benedetto Cottolengo, che accoglieva malati, disabili, orfani e senza tetto, coloro che nessun altro voleva, per restituire loro una dimensione umana, un luogo dove potessero sentirsi amati. Un modello che ha ispirato tantissime opere di carità che continuano a portare sollievo a coloro che si trovano in difficoltà.

Ma le sfide sociali continuavano a mutare, a ogni cambio d’epoca, e i Santi sociali seppero leggerle, affrontarle e trovare delle risposte, come Santa Francesca Cabrini, che si dedicò all’accoglienza degli emigranti per aiutarli a mantenere viva la loro identità religiosa, sociale e culturale in terra straniera, o il Beato Giovanni Battista Scalabrini, che si batté per i loro diritti e per un’integrazione che non perdesse le radici.

Dove hanno lasciato il segno: le impronte sul territorio italiano

Il Piemonte: la culla e il laboratorio (Torino come epicentro)

È a Torino che i Santi sociali trovano il loro laboratorio più fecondo, dove ogni sfida sociale si è transformata in un’opportunità per costruire una società più giusta.
Qui San Giovanni Bosco ha fondato l’oratorio di Valdocco, che divenne un modello per l’educazione dei giovani.
Proprio a Torino, San Giuseppe Benedetto Cottolengo aprì la Piccola Casa della Divina Provvidenza, una “città nella città”, dove ogni bisognoso — malato, disabile, orfano — trovava cura, calore, solidarietà.
E il Beato Francesco Faà di Bruno dedicò le sue forze ad assistere le operaie, aprendo per loro delle case, delle scuole serali, perché potessero uscire dalla povertà e divenire protagoniste del loro futuro. Accanto a queste figure di religiosi e fondatori, la Torino di inizio Novecento vide emergere anche Pier Giorgio Frassati, un giovane laico che, pur proveniente da famiglia agiata, scelse di dedicarsi instancabilmente ai più poveri e bisognosi. La sua fede profonda si traduceva in un’azione concreta: visitava le baraccopoli, assisteva i malati e portava conforto ai diseredati, riconoscendo in ognuno il volto di Cristo. Attivo nella Società di San Vincenzo de’ Paoli e impegnato anche in politica, si batté per un ordine sociale più equo. La sua vita, breve ma intensa, fu un esempio luminoso di come la carità possa essere una forza trasformativa, unendo fede e impegno nel mondo.
È a partire da questi esempi che si è diffusa un’idea innovativa di solidarietà, che ha saputo integrare l’amore per il prossimo con un’organizzazione sociale all’avanguardia.

Asti conserva le radici di quella che sarà l’avventura salesiana: a Colle Don Bosco, a Castelnuovo d’Asti, nacque San Giovanni Bosco ed è un luogo che porta con sé il messaggio che dalla semplicità delle campagne può partire un grande rinnovamento sociale.
È proprio dal Piemonte che questi Santi sociali — tramite le loro opere — si irradieranno in tutta Italia, mostrando come la carità può fiorire dalla situazione più difficile.

La Liguria: tra porto e nuove sfide

Genova, con il suo porto, ha dovuto affrontare sfide del tutto particolari: povertà, emigrazione, difficili integrazioni.
È in questo contesto che Santa Caterina Fieschi Adorno, esemplare di “santo sociale” ante litteram, si (XV-XVI secolo) distinse per l’assistenza agli incurabili all’Ospedale di Pammatone — un’opera che aprì la porta a quella che oggi chiameremmo “sanità per tutti”.
Negli ultimi secoli, a partire dal suo esempio, si sono moltiplicate le opere che si prendono cura delle persone in difficoltà: dalla Comunità di San Marcellino, che aiuta i senza fissa dimora, all’Associazione Padre Santo, che offre un pasto caldo a coloro che non ce l’hanno.

I salesiani, dal canto loro, aprirono oratori, centri per i giovani, case di accoglienza, portando un messaggio di solidarietà, di vicinanza, di futuro in un contesto dove l’emarginazione era all’ordine del giorno.

È proprio dalla Liguria che emerge come ogni sfida sociale può trovare una risposta che combini cura, umanità e organizzazione, senza perdere di vista la dignità delle persone.
È una presenza che si è diffusa in modo capillare in tutta la regione, a partire da Genova, dove l’Istituto Don Bosco — in particolare a Genova Quarto, con l’Opera Pretto — è divenuto un importante punto di riferimento per l’educazione, con le sue scuole primarie e le attività per i ragazzi. A La Spezia, l’Opera Salesiana “San Paolo” ha saputo formare generazioni di giovani dal punto di vista professionale e umano. Alassio (Savona) può contare sulle attività formative e di accoglienza portate avanti dall’Istituto “Madonna degli Angeli”, che comprende una scuola secondaria di primo grado, Vallecrosia (Imperia) ha l’Istituto “Maria Ausiliatrice” che riunisce parrocchia, oratorio e centri di formazione professionale (CNOS-FAP), aprendo nuove strade per l’inserimento lavorativo. A Varazze (Savona), infine, l’Oratorio Don Bosco rimane un luogo dove i ragazzi si riuniscono per costruire relazioni sincere, per formarsi come persone e per guardare con speranza al futuro.

La Valle d’Aosta: un segno profondo in un contesto alpino

Anche in Valle d’Aosta l’opera dei Santi sociali ha lasciato un segno importante.
Qui, l’Istituto Don Bosco di Châtillon ha accolto orfani e ragazzi in difficoltà, formandoli perché potessero affrontare con più forza le sfide del futuro.

Allo stesso modo, la Piccola Casa della Divina Provvidenza di Saint Vincent si è presa cura di anziani, disabili e persone sole, senza nessun altro a cui rivolgersi.
Le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret per generazioni si sono spese come infermiere, come insegnanti, come madri per coloro che non trovavano nessun aiuto.
È una presenza che ha saputo portare calore, compassione e un messaggio di speranza in un contesto geograficamente difficile, dove le sfide della povertà, delle distanze e delle difficili comunicazioni aumentavano l’emarginazione sociale.

Nizza e i Salesiani: la prima casa oltreconfine di Don Bosco

La Costa Azzurra, geograficamente e culturalmente vicina al Piemonte e all’Italia, è stata una delle prime regioni oltreconfine ad accogliere l’opera di Don Bosco e dei Salesiani. Nizza è stata la porta d’ingresso per i Salesiani in Francia. Fu proprio qui che, nel 1875, aprirono la loro prima casa al di fuori d’Italia per venire incontro alle esigenze degli emigranti italiani che affollavano la Costa Azzurra. A Nizza, a partire da quella presenza, si radicarono le opere salesiane: oratori per i ragazzi, parrocchie, scuole, centri di formazione professionale, che continuavano l’opera educativa di Don Bosco in un contesto sociale in rapido mutamento. Due anni dopo, nel 1877, anche le Figlie di Maria Ausiliatrice aprirono a Nizza la loro prima casa all’estero, affiancando i Salesiani per un’azione congiunta a favore delle nuove generazioni. Oggi quella presenza rimane viva, come un segno concreto del messaggio salesiano che ha saputo attraversare le frontiere per farsi vicino a ogni giovane, specialmente a coloro che si trovano in difficoltà.

Il messaggio senza tempo dei Santi sociali

I Santi sociali non appartengono al passato: il loro messaggio è più che mai attuale.
Ci dimostrano che la carità non è un mero gesto di compassione, ma una forza che organizza, costruisce e integra, generando futuro.

È per questo che, di fronte alle nuove povertà — come la solitudine, le disuguaglianze, le sfide ambientali, l’emigrazione — il loro esempio può ispirare l’impegno sociale di ogni persona, delle parrocchie, delle associazioni e delle istituzioni.
Il “santo sociale” unisce fede e giustizia, richiede intelligenza, organizzazione e passione per costruire una società più umana, dove nessuno sia lasciato indietro. È un invito per tutti — credenti, laici, giovani, adulti — a uscire dalla rassegnazione per farsi protagonisti di quella “rivoluzione silenziosa” che può cambiare dal basso il volto delle nostre comunità.

In questo spirito, il nostro gruppo editoriale è orgogliosamente radicato in tutte le città toccate da queste figure straordinarie: dalla Valle d’Aosta a Torino, dall’Astigiano a Genova, Savona e Imperia, fino a Nizza, continuando a custodire e diffondere la loro eredità di fede e impegno sociale.

Valeria Toscano

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Viviamo in un posto bellissimo

Davide Palazzetti

Chi sono in tre righe? Ci si prova.
Partiamo dal personale: marito innamorato e padre fortunato. Tergiversando poi su info tipiche da curriculum, amo il nostro territorio. Lo vivo come nostro anche se vi arrivo da Genova nel 2003. Mi occupo di marketing territoriale e promozione turistica con la piacevole consapevolezza di quanta bellezza ci circondi. Racconto un posto bellissimo, qui e su alcuni miei gruppi Facebook, nella certezza che una delle poche vie di riscatto dell’Astigiano sia riempirlo di turisti.

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